Un’importante indagine condotta nell’area di Foligno ha portato alla luce una presunta frode dell’Iva di circa 2,5 milioni di euro, coinvolgendo una società attiva nella vendita di automobili. L’operazione è stata realizzata grazie alla collaborazione tra il reparto antifrode dell’Ufficio delle Dogane di Perugia, la sezione polizia stradale, e la Guardia di Finanza di Foligno, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Spoleto.

Foligno e la frode dell’Iva presunta: i fatti

Nel corso del biennio 2019-2020, l’indagine ha scoperto che la società avrebbe venduto più di 500 autovetture, inclusi modelli di lusso come Maserati Ghibli, Porsche Cayenne e Audi Q8, attraverso un meccanismo noto come “frode carosello”. Questa pratica consiste nell’utilizzo di fatture false per eludere il pagamento dell’Iva. Gli acquirenti delle vetture, ignari delle irregolarità, hanno acquisito i veicoli senza conoscere la natura fraudolenta delle operazioni.

Le auto in questione erano originariamente acquistate in Germania e poi rivendute in un autosalone plurimarca del Folignate, già noto alle autorità per precedenti indagini. Al termine delle operazioni investigative, 11 persone sono state segnalate alla Procura di Spoleto per dichiarazioni fraudolente e l’utilizzo di fatture fittizie. In particolare, il proprietario della ditta, situata nella Valle Umbra Sud, è stato accusato insieme a 10 titolari di cosiddette società “cartiere”, responsabili di omessa dichiarazione Iva e di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

I titolari delle società “cartiere”, aventi sedi fittizie nelle province di Roma, Foggia e Vibo Valentia, sono stati trovati nullatenenti, complicando così le procedure di recupero delle somme evase. Queste società, non avendo reali operazioni commerciali, servivano principalmente come facciata per l’emissione di fatture irregolari.

Il valore complessivo delle auto coinvolte nell’indagine ammonta a oltre 8 milioni di euro. Le autorità hanno calcolato che l’evasione fiscale ammontava a circa 1,35 milioni di euro per l’anno 2019 e a 1,21 milioni di euro per il 2020. La collaborazione con l’Autorità doganale tedesca è stata fondamentale per accertare i dettagli delle transazioni e confermare le irregolarità nei trasferimenti delle vetture.

Macchine illegalmente immatricolate in Italia

Le indagini hanno anche scoperto che le vetture venivano immatricolate illegalmente in Italia. Usando documentazione commerciale falsa e dichiarazioni di atto notorio contraffatte, i veicoli venivano nazionalizzati presso Uffici della Motorizzazione civile situati fuori dall’Umbria, simulando le condizioni per beneficiare dell’esenzione IVA, che è prevista dalla normativa fiscale per l’acquisto di auto in Germania con IVA già assolta.

Circa 70 proprietari di auto sono stati interrogati dagli inquirenti, i quali hanno confermato che le firme sulla documentazione rinvenuta non corrispondevano alle loro. Mentre i funzionari doganali hanno preso le dichiarazioni dai proprietari umbri, la Polizia Stradale e i militari della Guardia di Finanza di Foligno hanno esteso le loro indagini a livello nazionale, includendo città come Bolzano, Crotone, e Napoli, per accertare ulteriori dettagli delle imposte dirette evase.

Questa vasta operazione non solo ha portato alla luce una significativa frode fiscale, ma ha anche imposto sanzioni che potrebbero arrivare fino a 9 milioni di euro. Le persone coinvolte nelle indagini sono ovviamente considerate innocenti fino a una eventuale condanna definitiva. L’azione investigativa è stata realizzata grazie alla collaborazione con l’Autorità doganale tedesca, che ha fornito l’intera documentazione commerciale necessaria.

Indagini partite nel novembre 2020

L’ultimo scandalo di frode fiscale emerso a Foligno dura da tre anni e mezzo. Quella che è stata chiamata come operazione “Easy Car”, ha visto la Guardia di Finanza di Foligno identificare una frode milionaria nel settore della vendita di auto, coinvolgendo due società e denunciando 31 individui. 

Le accuse principali comprendevano truffa aggravata, falsità ideologica e utilizzo di fatture false per un totale di 9 milioni di euro, con un’evasione IVA stimata intorno ai 2 milioni di euro. In quel caso, le indagini rivelarono che le auto, importate dalla Germania, erano oggetto di cessioni fittizie tra cosiddette “cartiere” — società inesistenti create appositamente per emettere fatture false e facilitare frodi fiscali. 

Questi passaggi artificiosi rendevano arduo tracciare le transazioni contabili fino alla vendita finale al consumatore, durante la quale non veniva effettuato il dovuto versamento dell’IVA. Il sistema era ulteriormente occultato da false attestazioni presentate agli uffici della Motorizzazione civile, le quali servivano a nascondere l’esistenza delle “società fantasma” e a simulare il pagamento delle imposte di cessione.