Un rinnovo contrattuale che vale 4.674 euro in più in busta paga per ogni lavoratore e una crisi industriale che in Umbria colpisce con severità, soprattutto il comparto automotive. Due facce della stessa medaglia, quella del metalmeccanico, che ieri hanno animato il Consiglio generale della FIM CISL Umbria a Montecastrilli. Un incontro a cui hanno preso parte il segretario nazionale Massimiliano Nobis e il segretario generale regionale Simone Liti, insieme al segretario generale della CISL Umbria Angelo Manzotti.
Al centro della giornata, l’illustrazione dettagliata dell’ipotesi di accordo raggiunta il 22 novembre con Federmeccanica e Assital, dopo una trattativa di 17 mesi e un conflitto sociale tra i più intensi degli ultimi vent’anni. Un testo che ora dovrà passare al vaglio delle assemblee in tutte le fabbriche d’Italia, Umbria compresa, dove coinvolgerà oltre 19 mila dipendenti di più di 600 aziende.

I numeri sul tavolo sono quelli che Massimiliano Nobis definisce senza mezzi termini “un risultato storico”. Il nuovo contratto nazionale di lavoro, che interessa oltre 1,7 milioni di addetti, prevede aumenti salariali complessivi medi del 9,64% nel quadriennio 2024-2027, una cifra che supera nettamente la previsione di inflazione IPCA-NEI fissata al 7,20% per lo stesso periodo.
“L’intesa ha definito un aumento sui minimi oltre l’IPCA-NEI, con una salvaguardia nei casi di impennata inflattiva”, hanno spiegato congiuntamente Nobis e Liti. Il meccanismo garantisce un incremento reale delle retribuzioni minime, che a regime, per un operaio di livello C3, si tradurrà in 205,32 euro mensili medi in più. “Tradotto significa un montante salariale complessivo di 4.674,50 euro”, hanno precisato i due sindacalisti. Un altro tassello economico significativo è l’incremento della quota dei flexible benefits, che salirà di 250 euro già a partire dal febbraio 2026.

Ma l’accordo, sottolineano dalla Fim, non è solo una questione di cifre. Nobis ha posto l’accento sul lungo braccio di ferro che è stato necessario per ottenerlo, fatto di scioperi e manifestazioni che hanno riportato nelle piazze una mobilitazione metalmeccanica di intensità inedita da decenni. Una lotta che in Umbria ha visto una partecipazione significativa, e che secondo Simone Liti è stata determinante: “La grande partecipazione alla lotta delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici umbri, con l’unione del fronte sindacale, ha contribuito a raggiungere il grande risultato del rinnovo contrattuale”.
Se i dati nazionali disegnano un quadro di sostanziale vittoria contrattuale, lo scenario regionale umbro presenta ombre ben definite. Simone Liti non ha usato giri di parole nel descriverlo al Consiglio: “In Umbria stiamo vivendo difficoltà nel mantenimento produttivo industriale. La crisi colpisce soprattutto le aziende di piccole dimensioni e in particolare il settore della componentistica dell’automotive”. Una fragilità che rende il rinnovo contrattuale non solo un traguardo, ma soprattutto uno strumento di tenuta e prospettiva. In un contesto produttivo in affanno, il nuovo CCNL assicura risposte salariali e un rafforzamento delle tutele a tutti i lavoratori, compresi quelli privi di una contrattazione integrativa aziendale.
“Questo rinnovo contrattuale darà risposte salariali e migliorerà tutele”, ha ribadito Liti, elencando alcuni degli avanzamenti normativi più rilevanti. L’ambito della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, la formazione professionale e l’utilizzo dei congedi parentali, estesi anche per la malattia dei figli, rappresentano capitoli di grande impatto sulla vita quotidiana dei dipendenti. L’accordo interviene anche su temi sensibili come la precarietà, il mercato del lavoro, la parità di genere e la partecipazione dei lavoratori, cercando di costruire un argine contro le incertezze del ciclo economico.

Il prossimo passo sarà ora quello della ratifica. Fino al 20 febbraio, l’ipotesi di accordo sarà illustrata, discussa e votata nelle assemblee di tutte le aziende metalmeccaniche italiane. Per l’Umbria, è l’inizio di un percorso che mette insieme la necessità di difendere il potere d’acquisto con quella di sostenere un tessuto produttivo, quello della componentistica auto, che attraversa una fase critica. Il nuovo contratto si propone come una base solida, una “bussola” - per usare le parole della segreteria regionale - in un mare industriale sempre più agitato.