A solo un giorno dalla sua conclusione, il 18° Festival internazionale del giornalismo a Perugia ha già battuto i record di presenze del 2023, ottenendo un nuovo traguardo in termini di partecipanti stranieri tra relatori e spettatori. È quanto stanno mettendo in evidenza gli organizzatori.
L’anno scorso erano 500 camere d’albergo prenotate per ospitare gli speaker, mentre nel 2024 le stanze prenotate erano 620. L’organizzazione del Festival ha gestito direttamente un numero quasi raddoppiato di viaggi e trasferimenti per ospiti e partecipanti in un anno, passando da 800 a 1.400 totali.
Durante il primo giorno di apertura di quest’anno, abbiamo osservato lunghe code di spettatori , raggiungendo il picco il 19 e 20 aprile. Per questo motivo, la direzione del Festival ha comunicato che la prossima edizione avrà almeno due nuove sale per gli eventi del 2025. Una delle strutture rinnovate sarà il Teatro Pavone.
Nel frattempo, il Festival si sta preparando per il quinto e ultimo giorno di eventi in programma. Dopo quattro giorni di discussioni multilingue su informazione e attualità, domenica ci saranno interventi da parte esclusivamente di speaker italiani su temi come emergenza lavoro, crisi climatica, giornalismo investigativo con inviati di ‘Chi l’ha visto?’, guerre, elezioni, scienza e inclusività. Si tratta di un’opportunità unica per ascoltare le voci di circa 600 speaker, molti tra loro giornalisti di fama internazionale.

il 18° Festival Internazionale del Giornalismo era stato presentato a suo tempo nel corso di una conferenza stampa svoltasi presso l’hotel Brufani, alla presenza degli organizzatori Arianna Ciccone e Christopher Potter, della presidente della Regione Donatella Tesei e del sindaco Andrea Romizi.

Tanti gli ospiti di prestigio del giornalismo nazionale e internazionale

Tra gli ospiti nazionali di prestigio: Roberto Saviano, Francesca Mannocchi, Cecilia Sala, Paolo Giordano, Marianna Aprile, Zerocarlcare, Barbara Serra, Vera Gheno, Annalisa Camilli e Marco Damilano. 

Parteciperanno inoltre professionisti del giornalismo internazionale e reporter dalle zone di conflitto come Sevgil Musaieva la direttrice del quotidiano ucraino Ukrainska, Vivian Schiller direttrice di Aspen Digital, Motaz Azaiza fotoreporter palestinese e Noa Landau e Hanin Mzajadli del quotidiano progressista israeliano Haaretz. 

Temi principali la guerra, con focus sul conflitto israeliano palestinese e su quello russo ucraino, le elezioni, da quelle negli Stati Uniti a quelle di Taiwan, passando per l’Italia e l’Iran, il clima, l’intelligenza artificiale, le donne e la diversity.

Il festival non dà voce solo ai media occidentali, si propone invece come luogo di dialogo, di scambio e di formazione, aperto e gratuito per tutti gli esperti e gli appassionati. “Un grande evento che trasforma Perugia in capitale mondiale del giornalismo, della libertà e della democrazia” ha sottolineato il primo cittadino Romizi.

La protesta de Il Fatto Quotidiano per il mancato invito

A margine dell’evento registriamo tuttavia la protesta del Il Fatto Quotidiano che in una nota lamenta che per il secondo anno consecutivo “non è stato invitato al Festival del Giornalismo che si tiene a Perugia fino al 24 aprile. Una scelta singolare, visto che il nostro giornale figura tra i più fieri sostenitori dell’iniziativa fin dalla sua prima edizione nel 2006, è stato tra i promotori della raccolta fondi che salvò l’edizione del 2014 e i suoi giornalisti, il direttore Marco Travaglio e il condirettore Peter Gomez in testa, sono stati da sempre protagonisti di incontri e dibattiti”.

“La scelta – continua la nota – è ancor più bizzarra se si pensa che solo nell’ultimo anno il Fatto ha svelato in esclusiva due vicende che hanno messo e stanno mettendo in difficoltà il governo Meloni: quella del quadro conteso che ha costretto il sottosegretario Vittorio Sgarbi alle dimissioni e il caso Visibilia, poi ripreso da Report, che rischia di far saltare la poltrona della ministra Daniela Santanchè. Finora l’esclusione è rimasta ufficialmente immotivata. Ma vogliamo continuare a credere che le nostre posizioni contro la guerra non c’entrino e che si sia trattato di pura distrazione”.