La suggestiva ipotesi di portare il Festival di Sanremo 2026 a Terni nasce quasi per gioco dalle dichiarazioni informali del sindaco Stefano Bandecchi. Complice una recente sentenza del TAR della Liguria, che potrebbe aprire le porte a nuove candidature fuori dalla storica sede ligure, Bandecchi ha ipotizzato di sfruttare il rinnovato Teatro Verdi – previsto per marzo 2026 – e il fascino naturale del Lago di Piediluco come cornice ideale per l'evento.
L'idea si completa con un tocco romantico, collegando il Festival alla figura di San Valentino, patrono ternano, con una proposta simpatica quanto ambiziosa: offrire gratuitamente l'ospitalità per dieci anni. Un'iniziativa che, tra il serio e il faceto, ha stimolato curiosità e interesse, immaginando possibili scenari di visibilità e ritorno turistico per la città umbra.
E noi questi scenari li abbiamo immaginati. Abbiamo voluto quindi stimare in modo realistico gli effetti che una “Sanremo ternana” potrebbe avere durante lo svolgimento della manifestazione, considerando aspetti economici, turistici e logistico-infrastrutturali.
Non servono skyline internazionali o aeroporti affollati per finire al centro della mappa. Basta un evento ben congegnato, una macchina organizzativa che gira e una città disposta a cambiare ritmo per qualche giorno. Lo dimostrano esperienze tutte italiane.
Lucca, ad esempio. Novantamila abitanti, una città d’arte che una volta l’anno si trasforma nella capitale del fumetto. Il Lucca Comics & Games nel 2019 ha registrato oltre 270.000 biglietti venduti. Tre volte la popolazione locale. Un assalto gestito con metodo: zone a traffico limitato, parcheggi scambiatori, navette e un sistema collaudato per accogliere un’umanità variopinta e famelica di cultura pop. Ogni anno un indotto a doppia cifra milionaria, e un ritorno d’immagine che pochi festival possono vantare. A Lucca si arriva da ogni angolo d’Italia e dall’estero, si consuma, si resta. E soprattutto, si torna.
Più raccolta, ma altrettanto incisiva, è Spoleto. Trentottomila abitanti e un appuntamento che dura da oltre sessant’anni: il Festival dei Due Mondi. Teatro, danza, musica, opera. Una miscela raffinata che ogni estate riempie teatri e alberghi, trasforma le piazze in salotti culturali, porta in città un pubblico selezionato ma numeroso. Spoleto ha saputo reggere l’onda lunga di una manifestazione prestigiosa, pur senza una rete infrastrutturale da metropoli. Ha puntato tutto sull’efficienza: navette dai parcheggi esterni, promozione territoriale intelligente, una gestione del flusso turistico che mira a far restare il visitatore più di una notte. E spesso ci riesce.
Entrambe, Lucca e Spoleto, hanno dimostrato che l’Italia dei centri medi non solo può reggere il peso di eventi culturali su scala nazionale e oltre, ma può anche sfruttarli per costruire una nuova identità urbana. Non temporanea, ma duratura.
Terni ha poco da spartire con i riflettori della Riviera, ma se il Festival della Canzone Italiana decidesse di cambiare latitudine, la città umbra sarebbe pronta a giocarsi le sue carte. Con 106.000 abitanti (dato 2024), è la seconda città dell’Umbria per popolazione, ma anche una delle più trascurate sul fronte turistico, nonostante il patrimonio naturale e storico che custodisce.
La Cascata delle Marmore, con i suoi 165 metri di salto complessivo, ogni anno attira centinaia di migliaia di visitatori. Il lago di Piediluco, la Valnerina, l’archeologia industriale delle ex acciaierie, i resti romani dell’anfiteatro Fausto, il Duomo, le chiese medievali e le rocche nei borghi limitrofi raccontano una storia che ancora oggi combatte per un posto nelle guide turistiche. Terni è anche la città di San Valentino, patrono dell’amore, celebrato ogni febbraio con eventi religiosi e popolari che riportano le lancette del calendario in epoche di pellegrinaggi e fiere di piazza.
Insomma, anche Terni meriterebbe proprio uno spot dove la Canalis celebra la “sua” terra.
Ma l’appeal non basta. Il nodo resta la ricettività: nel territorio comunale si contano circa 10 alberghi principali, con una capacità stimata fra 800 e 1.000 posti letto. A questi si aggiungono le strutture extralberghiere (B&B, affittacamere, case vacanza, agriturismi) distribuite tra centro e frazioni, oltre a qualche centinaio di posti in zone vicine come Narni, Spoleto, Rieti. Sanremo, con la metà degli abitanti, vanta una capacità ben più ampia: decine di hotel (inclusi diversi 5 stelle), residence e B&B per migliaia di posti letto. Per Terni significherebbe chiamare a raccolta l’intera regione e parte del Lazio per soddisfare l’onda lunga del Festival: basti pensare che, tra staff, artisti, stampa e pubblico pagante, si superano abitualmente le 3.000 presenze stabili per settimana.
Sul fronte trasporti, Terni si difende. È servita dalla linea ferroviaria Roma–Ancona, con collegamenti frequenti per la capitale (circa 1 ora e 15 minuti di treno regionale). L’uscita autostradale più vicina è Orte, a 30 chilometri, collegata alla città dalla SS675. Gli aeroporti di riferimento sono Fiumicino e Ciampino, entrambi a circa 120 km, e Perugia Sant’Egidio, a 85 km, utilizzabile solo in parte per via del traffico aereo limitato. Strade statali, raccordi e superstrade garantiscono collegamenti agevoli con l’Umbria centrale e il nord Lazio. Il problema vero è interno: la viabilità urbana è pensata per la routine, non per l’assedio mediatico e turistico di una kermesse come Sanremo.
Tra le novità c’è un tassello che potrebbe fare la differenza. Il Teatro Verdi, in fase di restauro e pronto a rinascere con i suoi 800 posti, sarebbe la sede naturale per le serate in diretta del Festival. Intimo, elegante, centrale. Il cuore della manifestazione batterebbe lì. Il PalaTerni, con i suoi 7.000 posti a sedere, si presterebbe invece a ospitare gli eventi collaterali, i concerti paralleli, le prove aperte, le fan zone indoor. Piazza Europa, Corso del Popolo e le altre aree strategiche del centro potrebbero accogliere i maxischermi, i punti di ritrovo del pubblico, gli appuntamenti diffusi pensati per chi non riesce ad avere un biglietto ma vuole comunque esserci.
L’infrastruttura c’è, anche se va ampliata. Bisognerà pensare in fretta a navette dedicate, centri stampa temporanei, allestimenti tecnologici, piani per la viabilità alternativa e parcheggi scambiatori.
Ospitare il Festival della Canzone Italiana a Terni comporterebbe una serie di sfide da affrontare con tempismo, lucidità e un pizzico di audacia. La prima riguarda l’accoglienza. Sanremo, in piena settimana festivaliera, richiede oltre 3.000 posti letto solo per artisti, tecnici, stampa e staff. Terni, contando le sue strutture ufficiali, può offrirne meno di un terzo. Questo significa che molte delegazioni, giornalisti e spettatori dovrebbero cercare ospitalità fuori città: Narni, Spoleto, Rieti, magari Roma Nord.
La soluzione potrebbe passare da convenzioni con l’intero sistema ricettivo dell’Umbria meridionale, dall’attivazione di un’ospitalità diffusa, dall’utilizzo provvisorio di spazi alternativi come campus universitari o ex strutture militari. Ma la priorità resta una: sistemare in città chi lavora all’evento, per garantire operatività e ritorno economico immediato.
Accanto alla questione logistica, si pone quella della sicurezza. Sanremo istituisce ogni anno una zona rossa attorno all’Ariston, con varchi, perimetrazioni e controlli h24. Anche Terni dovrebbe essere pronta a trasformarsi. Sia il PalaTerni che l’area del Teatro Verdi richiederanno un piano sicurezza coordinato, con percorsi delimitati, misure antiterrorismo, gestione dei flussi. Va considerato che febbraio è anche il mese di San Valentino, con le celebrazioni religiose e popolari che già richiamano migliaia di visitatori al santuario.
Anche la mobilità cittadina sarà messa a dura prova. I parcheggi del centro, già oggi insufficienti, rischiano di esplodere sotto la pressione dei mezzi tecnici e del pubblico. Sarà necessario pensare a parcheggi scambiatori nelle aree industriali o allo stadio, con navette verso il cuore del Festival. I tir delle troupe televisive dovranno avere zone di sosta dedicate, senza intralciare la circolazione. Alcune strade centrali dovranno probabilmente chiudere durante le serate, obbligando il Comune a ripensare la viabilità urbana, anche solo per una settimana.
Nel calcolo complessivo entra anche l’impatto ambientale. Migliaia di persone concentrate in pochi giorni significano più traffico, più emissioni, più rifiuti. Palchi, luci, amplificazioni, catering, scenografie temporanee. Tutto ha un costo ambientale. Terni, che porta sulle spalle decenni di storia industriale, conosce bene il valore dell’aria pulita e della vivibilità urbana. Per questo, un grande evento dovrà essere anche un banco di prova per nuove pratiche sostenibili: raccolta differenziata potenziata, materiali scenici riciclabili, servizi igienici ecologici, navette elettriche per gli spostamenti. E magari una campagna cittadina per promuovere comportamenti responsabili anche tra i visitatori.
Infine, il nodo della sostenibilità economica. Sanremo riceve oltre 6 milioni di euro a edizione per ospitare il Festival. Terni, invece, potrebbe giocare la carta della gratuità. Il sindaco Stefano Bandecchi ha già annunciato pubblicamente l’intenzione di offrire ospitalità senza chiedere compensi, pur di portare l’evento in città. Una mossa audace, che ribalta le logiche tradizionali.
Se davvero il Festival dovesse approdare a Terni nel 2026, gli effetti sul territorio sarebbero evidenti fin da subito. L’impatto economico sarebbe il primo a farsi sentire: durante la settimana della manifestazione, il giro d’affari potrebbe oscillare tra i 5 e i 7 milioni di euro, considerando pernottamenti, pasti, trasporti, acquisti e servizi accessori. Una stima che si ispira a quanto accade ogni anno a Sanremo, con le dovute proporzioni legate al fatto che molti visitatori, a Terni, potrebbero scegliere di dormire altrove.
Nonostante questo, alberghi e B&B locali andrebbero facilmente verso il tutto esaurito, mentre ristoranti e bar del centro vedrebbero un incremento degli incassi soprattutto nelle ore serali. Anche i tassisti, i noleggi con conducente, gli allestitori e i fornitori di servizi tecnici ne trarrebbero vantaggio. La ricaduta si estenderebbe a tutta la filiera, a patto di coinvolgere fin da subito le imprese del territorio, evitando fughe di risorse verso l’esterno. Coinvolgere artigiani, aziende locali, cooperative di accoglienza e realtà del commercio significherebbe far rimanere sul posto gran parte della ricchezza generata. E questo, per una città che da anni cerca riscatto economico, non sarebbe un dettaglio.
Anche sul piano turistico, l’evento si presenterebbe come un moltiplicatore istantaneo. Si stima che tra addetti ai lavori, accreditati, ospiti e pubblico, si possano toccare le 10.000 presenze concentrate in una manciata di giorni. Numeri importanti per un mese – quello di febbraio – che storicamente non fa faville sul fronte del turismo. L’effetto mediatico sarebbe altrettanto potente.
Terni diventerebbe per cinque serate il nome che risuona su scala nazionale, associato a uno dei marchi più iconici dello spettacolo italiano. Cinquanta milioni di telespettatori solo in Italia, senza contare streaming e rimbalzi social. Una visibilità che nessuna campagna pubblicitaria potrebbe garantire, e che potrebbe suscitare curiosità reale nei mesi successivi. Chi vedrà la Cascata delle Marmore in prima serata, chi ascolterà una canzone ambientata sul lago di Piediluco, chi vedrà scorci di Narni o dettagli dell’anfiteatro romano potrebbe scegliere di venire a vedere tutto dal vivo.
Dal punto di vista logistico, l’impatto non sarebbe trascurabile. Il traffico cittadino, già congestionato in alcune fasce orarie, subirebbe un’impennata del 30–40% nei giorni clou. L’ingresso dalla SS675 diventerebbe un collo di bottiglia, mentre le aree attorno ai luoghi del Festival – dal Teatro Verdi al PalaTerni – dovrebbero essere presidiate e regolamentate.
Servirebbero sensi unici temporanei, parcheggi scambiatori e navette continue per garantire fluidità. Anche i servizi pubblici dovrebbero cambiare passo: raccolta rifiuti potenziata, pulizia strade intensificata, trasporti urbani rinforzati e orari straordinari per i treni diretti verso Roma e Perugia.
L’ospedale Santa Maria dovrebbe rafforzare i turni del pronto soccorso, mentre la protezione civile e i volontari sarebbero chiamati a una mobilitazione generale. Sarebbe una settimana speciale, vissuta in un’altra dimensione, ma se gestita con metodo potrebbe diventare una palestra di competenze per eventi futuri. Alcuni interventi potrebbero lasciare un’eredità concreta: miglioramento della connettività in centro, installazione di Wi-Fi pubblici e potenziamento della rete mobile. Anche il decoro urbano, con un restyling di segnaletica e spazi pubblici, potrebbe beneficiare della corsa contro il tempo che precede la diretta televisiva.
Sanremo lo insegna: convivere con il Festival significa ripensare la città per una settimana, ma anche raccogliere molto più di quanto si è seminato, se lo si fa con intelligenza e spirito collettivo. Terni potrebbe forse riuscirci. Con il giusto passo. E con la volontà di dimostrare che anche lontano dal mare, la musica può trovare casa.