Il Cantamaggio è un’antica manifestazione folcloristica eugubina, sebbene diffusa in quasi tutta l’Italia Centrale. È una festa popolare che si tiene ogni anno nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio.

Le radici di questa tradizione si perdono nell’antichità più remota, perché si intrecciano con le feste pagane in onore della primavera e, prima ancora, con i riti tribali che celebravano il ritorno della buona stagione e il risveglio della natura sopita durante il lungo periodo invernale.

Il  Cantamaggio eugubino si distingue dagli altri maggi per il suo carattere spontaneo e particolarmente allegro.
È  consuetudine che gruppi di “maggiaioli” partano a piedi nella notte del 30 aprile e passino di casa in casa, fino al mattino, per “cantar il maggio”, per cantare cioè un insieme di canti allegri, primaverili, di saluto, e canzoni d’amore, ricevendone buona ricompensa, soprattutto in denaro.

Festa popolare di antica tradizione eugubina

Un tempo spesso i “maggiaioli” portavano con sé anche un ramo del “Maggio” cioè la ginestra.
Dopo aver cantato e ricevuto in cambio uova o formaggio, prosciutto e qualsiasi altra cosa il “Capo di casa” fosse stato disposto ad offrire, per ricambiare l’ospitalità e il ristoro piantavano nel terreno del loro benefattore un ramoscello di quel “Maggio” come segno propiziatorio la fecondazione e la prosperità, tant’è che ancor oggi “piantare maggio” nel simbolismo allegorico dialettale eugubino sta a indicare un atto sessuale tendente alla fecondazione.
Sicuramente il Cantar Maggio testimoniava il desiderio di festeggiare l’arrivo della primavera, che rappresentava il rinnovarsi della natura dopo il freddo dell’inverno e la ripresa dell’attività riproduttiva di tutto il mondo vivente, uomo compreso.
Nel tempo, la tradizione si è trasformata poi in un’occasione per cantare un inno al nuovo mese che sta entrando e per sfoggiare le proprie doti canore e anche di improvvisazione.

Esistono e sono esistiti molti gruppi di “maggiaioli”, alcuni ben costituiti come i “I Faraoni de Monteleto”, i “Brestolli”, “i Senza Meta”, ” i Maggiaioli di Semonte”, “Quelli de Biagio e Leverino”, “Quelli de Monteluiano”, “Quelli di Mocaiana” ma per lo più i gruppi si formano ogni anno in maniera spontanea e quasi improvvisata.
I maggiaioli si avvalgono  anche la notevole varietà di strumenti musicali utilizzati, sicuramente lo strumento principe è la fisarmonica.

Il canto dei maggiaioli accompagnato dalla fisarmonica e dai tamburelli

Il gruppo di maggiaioli “Quelli di Mocaiana” ha girato per i borghi di Gubbio da Petazzano a Mocaiana, si tratta di un gruppo di giovani che tengono viva una tradizione tramandata da padre in figlio fino ai giorni nostri.

Vestiti con abiti da campagna e il fazzoletto rosso al collo, i maggiaioli sono giunti dopo la mezzanotte al bar di Mocaiana. Portavano con loro il paniere che anticamente serviva a raccogliere i doni delle famiglie ai cantanti del Maggio.

Hanno intonato i canti dialettali eugubini accompagnati dal suono delle fisarmoniche quale benvenuto alla buona stagione. Una tradizione cha a Mocaiana ha profonde radici.

I “Maggiaioli di Semonte” un gruppo folkloristico di trenta persone, ragazzi e ragazze,  si è esibito invece accompagnato oltre che dalle fisarmoniche anche dal suono ritmico del tamburello. Sono stati ospiti di Silvana e Fernando che, affacciati sul balcone di casa, aspettavano il loro arrivo.

Dopo essersi trattenuti l’intera notte da Silvana e Fernando dove i padroni di casa hanno offerto loro un rinfresco, i maggiaioli hanno fatto ritorno a casa all’alba dopo una notte trascorsa a intonare i canti della tradizione eugubina.

Le strofe delle canzoni tipiche della nostra tradizione

Ecco alcune strofe di una delle canzoni tipiche dei maggiaioli:

“E l’è venuta una stagione reale
eccolo Maggio sullo spampanare
e l’é fiorita la foglia sul faggio
e l’uccellino principia a cantare”

Non mancano inoltre le notazioni sulla bellezza della donna corteggiata:

“Cara bellina méttete lo busto
e vien sulla finestra a dacce gusto
sulla finestra scioiete i capelli
così potren veder quanto son belli”

Festa popolare antica che mette in luce la gentilezza e l’ospitalità genuina di un popolo che conserva ancora le tradizioni di un’antica cultura.