Nel dialetto eugubino è detta anche Festa dei Ceri Migni. Migno in vernacolo significa piccolo ma anche bambino. “Viene qua, migno”, significa infatti “Vieni qua, bambino”, perciò la Festa dei Ceri Piccoli è non solo la Festa dei Ceri Migni ma anche la festa dei “migni”.

E fa molta tenerezza vedere sotto le stanghe dei “ceretti”, alti appena un metro e mezzo, tanti bambini anche di cinque-sei anni fino al limite massimo di tredici anni, che ce la mettono tutta per fare bella figura davanti ai propri padri e madri e ai fratelli maggiori.

Poiché nella pubertà lo sviluppo non è omogeneo, a parità di età si vedono ragazzi di tredici anni, alti e nerboruti a differenza di coetanei ancora con le fattezze e la statura di bambini che per questo motivo fanno pendere il cero da una parte o dall’altra. Ma il bello della festa è anche questo.

I Ceri Piccoli, ultimo atto delle celebrazioni in omaggio a Sant’Ubaldo

È l’ultimo atto dei riti ceraioli con l’omaggio al patrono Sant’Ubaldo e una prova di forza in miniatura. Il rischio è l’invadenza dei babbi che li gestiscono, li spingono, li proteggono, magari arrivano a sostenere il peso della stanga anche quando non serve.

Si moltiplicano gli appelli affinché i bambini vengano lasciati liberi di fare la propria corsa e le prime esperienze in quella che viene considerata una iniziazione ceraiola nel proiettarli ai Ceri Mezzani che sono la vera palestra per poi accedere ai Ceri Grandi, quelli del 15 maggio. L’Associazione Maggio Eugubino, organizzatrice di questa festa, ha rivolto l’immancabile appello forte e chiaro ai genitori: “Non intromettetevi nella corsa e non fermate i Ceri, date tutti i consigli che volete ma lasciate liberi i vostri figli”.

Per questo motivo gli occhi saranno puntati non solo sui giovanissimi ma anche sugli adulti, sia nel percorso cittadino sia salendo sui ripidi tornanti del Monte Ingino che conducono, dopo un chilometro e ottocento metri, nel chiostro della basilica di Sant’Ubaldo. Perché ai ceraioli in erba non è risparmiato nulla che non sia previsto per i Ceri Grandi.

La volontà di evitare gli eccessi e le storture della festa è preponderante in questa fase affinché i piccoli non crescono condizionati dagli adulti che pensano ai Ceri più come una vera e propria competizione che come atto d’amore verso il Santo che veglia da quasi mille anni sulla città.

I piccoli ceraioli di Sant’Ubaldo lasceranno aperto il portone della Basilica agli altri due Ceri

Come avviene ogni anno, saranno i bimbi a riservare la lezione più bella agli adulti lasciando aperto il portone della basilica affinché possa entrare anche il Cero di San Giorgio e concludendo tutti assieme la festa. Non come succede il 15 maggio e anche per i Ceri Mezzani dove le tensioni e l’agonismo da competizione prende il sopravvento nell’ultima parte della corsa, in una prova muscolare che fa discutere e alimenta polemiche per i fanatismi fin troppo condizionanti, senza che le istituzioni riescano a mettere un freno. È quell’ultimo episodio, nel quale i santubaldari chiudono il portone della basilica in faccia a San Giorgio, il motivo per perdere le staffe e creare qualche baruffa tra ceraioli. Non è insolito infatti che in questa fase ci scappi anche qualche ferito o contuso.

Oggi per i Ceri Piccoli, il copione è lo stesso delle due precedenti feste: sveglia all’alba dei tamburini al Primo Capitano, Bryan Bazzucchi, al Secondo Capitano, Francesco Maria Bifarini, ai Capodieci di Sant’Ubaldo Giampiero Fiorucci (capocetta Nicolò Moscatelli), Andrea Orsini per San Giorgio (capocetta Emiliano Fiorucci) e Davide Bianchi di Sant’Antonio (capocetta Francesco Sollevanti). Completano il gruppo l’alfiere Beatrice Lanuti e il trombettiere Alessandro Ercoli.

L’Alzata in Piazza Grande è avvenuta alle 11, accompagnata da qualche spruzzo di pioggia, subito dopo la sfilata. Insieme con le emozioni si è rinnovato lo spettacolo ceriaolo tra i colori e la frenesia dei bambini, preludio alla corsa che partirà, come sempre alle 18, da via Dante, la Calata dei Neri, per affrontare le vie cittadine e risalire al Monte Ingino.

Allora, “migni”, dateci sotto: questa è la vostra festa!