È stato un mercoledì nero a Spoleto. In un palazzo elegante del centro storico, dove la pietra racconta secoli di silenzio, una donna è stata trovata priva di vita. Il compagno, un rappresentante di vini con qualche ombra alle spalle, è stato fermato poche ore dopo mentre si trovava sul Ponte delle Torri, aggrappato al vuoto, con la voce rotta e le mani che tremavano.
Sul corpo di Laura Papadia, 37 anni, palermitana trapiantata in Umbria, si stanno concentrando le attenzioni della polizia scientifica e del medico incaricato delle verifiche. I primi rilievi raccontano di una morte violenta. Laura sarebbe stata strangolata nella camera da letto della casa che condivideva con il suo compagno. La scena, secondo chi l’ha vista, non lascia spazio a interpretazioni romantiche.
L’uomo ha raccontato agli inquirenti di un legame andato in frantumi. Ha detto che la loro era una relazione difficile. Durante le ore in commissariato ha ricostruito i giorni precedenti, le liti, gli attriti, e ha parlato di un malessere che andava avanti da tempo. Gli agenti confermano che "l'uomo si è dimostrato collaborativo e avrebbe parlato di una crisi in un rapporto di coppia deteriorato".
La Procura di Spoleto, subito allertata, ha preso in mano il fascicolo. L'accusa è pesantissima. Gli inquirenti stanno incrociando testimonianze, celle telefoniche, e movimenti recenti dell’uomo. Una vicenda torbida che ha scosso non solo il centro storico, ma l’intera regione. Laura, descritta da chi la conosceva come una ragazza solare e riservata, lavorava in un supermercato della città. Quel giorno non si era presentata al turno. Il telefono squillava a vuoto.
L’esame sul corpo verrà effettuato a Perugia. Gli investigatori puntano a ricostruire l’esatto orario della morte e i dettagli di un gesto che sembra pianificato. Altri accertamenti sono in corso nella casa: porte, finestre, cellulari. Nulla viene escluso. Gli agenti parlano di "dinamica compatibile con soffocamento". La casa, al quarto piano di un edificio storico in via Porta Fuga, è stata sequestrata.
Tutto è iniziato da una telefonata. Qualcuno ha visto un uomo in bilico sul parapetto del ponte. Lo scenario è da brividi: ottanta metri di altezza, il silenzio irreale del primo mattino. Quando la pattuglia è arrivata, lui ha detto poche parole, ma pesantissime: "Ho ucciso mia moglie". Gli agenti sono riusciti a farlo scendere, con pazienza e fermezza. Nel frattempo una seconda volante è corsa all’abitazione indicata dall’uomo.
Sono stati i vigili del fuoco ad aprire la porta. Laura era in camera da letto. Non rispondeva da ore. Gli operatori hanno capito subito che non c’era più nulla da fare. Il corpo era già freddo. Il dramma si era consumato nel silenzio delle prime luci dell'alba. Il quartiere si è riempito di sirene e volti attoniti affacciati alle finestre.
L’uomo è stato condotto in commissariato. Ha confessato. Il fermo è scattato poche ore dopo. Per la Procura non ci sono dubbi: Laura è stata uccisa in casa sua, da chi avrebbe dovuto proteggerla. L'uomo si trova ora in carcere, in isolamento. Aveva già chiamato la sua ex moglie, che vive in Sardegna, per raccontarle tutto e dire che voleva farla finita. Lei ha dato l’allarme. Prima che fosse troppo tardi.
Laura era arrivata a Spoleto da Palermo per lavorare. Era conosciuta e benvoluta. Aveva un impiego stabile al Tigre, lungo viale Martiri della Resistenza. Quella mattina i colleghi hanno capito che c'era qualcosa che non andava. I messaggi rimanevano senza risposta. Le chiamate pure. Poi la notizia, arrivata come un pugno.
L’appartamento dove Laura è stata trovata si trova in un edificio elegante nel cuore della città. Non lontano, il ponte da cui l’uomo minacciava di lanciarsi. Una distanza breve, quasi simbolica. La sua ex compagna, contattata subito dopo il delitto, ha segnalato la telefonata al 112. Un dettaglio che potrebbe aver salvato almeno una vita.
"Ho ucciso mia moglie". Lo ha detto guardando nel vuoto, sopra quel ponte che domina la valle. C’è voluto sangue freddo, esperienza e umanità per farlo tornare indietro. Gli agenti ci hanno parlato per lunghi minuti. Lui sembrava altrove. Poi qualcosa è scattato. Ha accettato di seguirli. In silenzio.
La presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti, ha rotto il silenzio con parole nette: "Una tragedia inaccettabile che impone una riflessione profonda e un impegno ancora più forte per contrastare la violenza sulle donne". Ha parlato della necessità di un lavoro continuo sulla cultura del rispetto, partendo da scuola, famiglie, relazioni. Ha ricordato quanto sia urgente rafforzare la rete di protezione per chi chiede aiuto. E ha chiesto interventi tempestivi, ma anche percorsi pensati per chi compie violenza, per evitare che tutto si ripeta, come in un copione maledetto.