“Non è solo una questione di soldi. È una questione di rispetto”. Scandisce le parole con calma, ma anche con il tono di chi rivendica maggiore giustizia sociale ed economica in un mercato fortemente regolamentato e chiuso come quello delle Farmacie, una giovane dottoressa impiegata in un esercizio privato umbro. Accanto a lei, c’è chi parla con voce bassa, quasi rassegnata, e chi invece tiene il cartello bene in alto, come a voler scuotere l’indifferenza con cui troppo spesso viene guardata la loro figura professionale. Nella giornata di ieri, venerdì 16 maggio, davanti alla sede di Federfarma Umbria a Perugia, una cinquantina di farmacisti si sono ritrovati in presidio: camice bianco, bandiere della Filcams Cgil di Perugia e Terni, cartelli scritti a mano. Una scena ordinata, composta, ma che racconta una frustrazione che monta da anni.
“Siamo qui non solo per chiedere un aumento salariale, ma perché pretendiamo di essere riconosciuti per quello che siamo: professionisti della salute”, racconta Michela, farmacista da più di dieci anni. “La nostra retribuzione è ferma a 9,60 euro netti l’ora, con turni notturni, festivi e un carico di responsabilità che è aumentato senza che nessuno si sia mai posto il problema di adeguare i nostri diritti”.
La protesta, organizzata dalle sezioni di Perugia e Terni della Filcams Cgil, arriva dopo lo stallo nelle trattative per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale del lavoro (Ccnl) per i dipendenti delle farmacie private. La proposta avanzata da Federfarma prevede un aumento di 120 euro lordi in tre anni. Una cifra che, per i sindacati, “non risponde minimamente all’urgenza di un adeguamento salariale reale, tanto meno al riconoscimento di una figura che negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più centrale all’interno del sistema sanitario”.
“Fino a pochi anni fa, quella del farmacista era una delle professioni più ambite, socialmente riconosciute”, ricordano Massimiliano Cofani e Rosita Petrucci, segretari generali Filcams Cgil Perugia e Terni. “Oggi, chi lavora nelle farmacie private guadagna mediamente 1.500-1.600 euro al mese, a fronte di un percorso formativo lungo, costoso e altamente specializzato”.
Il paradosso, evidenziano i sindacati, è che a fronte dell’ampliamento delle competenze e dell’orario di apertura delle farmacie – spesso 24 ore su 24, anche nei festivi – la figura del farmacista viene considerata sempre meno appetibile. Le facoltà di farmacia si stanno svuotando e molti professionisti preferiscono orientarsi verso l’insegnamento o abbandonare la professione. “Non è più sostenibile – aggiunge Petrucci – che chi garantisce un servizio sanitario di prossimità, come il farmacista, sia trattato con condizioni lavorative al ribasso”.
Un dato emerge con chiarezza: il problema non riguarda solo il salario, ma anche le tutele normative, i turni e la qualità della vita. L’introduzione di nuovi servizi – dalle vaccinazioni al supporto per patologie croniche – ha ampliato il perimetro delle mansioni, ma senza un riconoscimento economico o contrattuale. “Ci viene chiesto di fare di più, in meno tempo e con meno tutele. Questo non è progresso: è erosione della dignità professionale”, commenta un’altra lavoratrice presente al presidio.
L’iniziativa del 16 maggio, spiegano dal sindacato, è solo l’inizio. “Se Federfarma non presenterà una proposta concreta, che tenga conto del potere d’acquisto perso negli anni, la mobilitazione andrà avanti”, afferma Cofani. La vertenza tocca non solo l’Umbria ma ha carattere nazionale, e mette in discussione il modello stesso con cui si guarda oggi al lavoro sanitario nel settore privato.
In un tempo in cui il farmacista ha assunto un ruolo sempre più vicino a quello del medico di famiglia, la richiesta dei lavoratori umbri è chiara: “Dateci strumenti, rispetto e retribuzioni all’altezza della nostra funzione sociale. Perché continuare così, in silenzio, non è più possibile”.