21 Mar, 2025 - 12:45

Fantozzi, 50 anni e non sentirli: il ragioniere più amato d’Italia torna al Politeama di Terni in versione restaurata

Fantozzi, 50 anni e non sentirli: il ragioniere più amato d’Italia torna al Politeama di Terni in versione restaurata

Cinquant’anni fa il cinema italiano accoglieva una figura destinata a diventare leggenda: il ragionier Ugo Fantozzi. Creato dalla mente geniale e corrosiva di Paolo Villaggio, Fantozzi debuttava sul grande schermo nel 1975 sotto la regia di Luciano Salce, dando inizio a una saga comica senza precedenti. Oggi, mezzo secolo dopo, il mito torna a vivere in una veste nuova: la Cineteca di Bologna ha restaurato il primo film della serie e lo riporta in sala per una celebrazione che è anche un omaggio alla commedia all’italiana e alla sua ultima grande maschera.

Il 27 e 28 marzo, al Cinema Politeama Lucioli di Terni si accenderanno i riflettori su un evento che è molto più di una semplice proiezione. È un compleanno nazionale, una ricorrenza simbolica per chi, da generazioni, ha riso e pianto con le disavventure dell'impiegato più sfortunato del Paese. La serata del 27 – data esatta dell'anniversario – sarà introdotta alle 20.45 da Sentieri del Cinema, con una riflessione sul valore culturale e antropologico del personaggio, seguita alle 21 dalla proiezione del film restaurato.

Al Politeama di Terni Fantozzi festeggia 50 anni

A rivederlo oggi, il primo Fantozzi è una rivelazione: se da un lato affonda le sue radici nel contesto dell’Italia anni Settanta, tra uffici grigi, gerarchie aziendali crudeli e consumismo spinto, dall’altro si impone come un’opera di satira senza tempo. Fantozzi è il servo fedele di un sistema che lo stritola, l’uomo comune prigioniero dei propri tic e delle proprie illusioni. È un reazionario che non sa di esserlo, scrisse lo stesso Villaggio, un umile con i forti e un feroce con i deboli. Goffo, pavido, ma profondamente umano, Fantozzi rappresenta l’italiano medio nella sua forma più autentica e grottesca.

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Non è solo un personaggio comico: è una lente attraverso cui osservare i difetti strutturali della società. Le sue disavventure – dall’assurda Megaditta alla leggendaria proiezione de La corazzata Potëmkin – sono parabole moderne travestite da farsa. Il genio sta tutto lì: nel trasformare la mediocrità quotidiana in epopea comica, nell’usare il grottesco per raccontare la realtà.

Tour, citazioni e frittatone: l’Italia che non dimentica

La forza di Fantozzi sta anche nella sua eredità culturale, che continua a proliferare ben oltre lo schermo. Lo dimostra l’entusiasmo crescente attorno a iniziative collaterali che celebrano il personaggio. Ad esempio a Roma, il 29 marzo, prenderà il via “I Love Fantozzi”, un tour-evento ideato dall’Associazione Culturale Conte Mascetti, che porterà i fan alla scoperta dei luoghi più iconici della saga.

Il percorso, a bordo di un bus a due piani in perfetto stile londinese, toccherà tappe memorabili: dal celebre balcone affacciato sulla sopraelevata, da cui Fantozzi tenta disperatamente di prendere l’autobus, alla facciata della Megaditta, passando per la scalinata della Galleria Nazionale d’Arte Moderna dove fu girata la parodia della Potëmkin. Sarà un viaggio all’insegna della nostalgia e della comicità, condito da frittatone di cipolle, birroni gelati e “rutto libero”, in pieno stile fantozziano.

Questo crescente culto popolare conferma quanto Fantozzi non sia solo un personaggio, ma un fenomeno sociale, una figura mitica che riesce ancora a parlare alle nuove generazioni. La sua comicità non ha perso mordente, anzi: in un’epoca di disillusioni e precarietà, il suo sguardo amaro sulla condizione umana risuona più attuale che mai.

Un’eredità che resiste al tempo

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A cinquant’anni dal suo esordio, Fantozzi continua a essere un punto di riferimento imprescindibile per il cinema e la cultura italiana. Totò, Alberto Sordi, Peppino De Filippo hanno scolpito nella pietra i volti della commedia del Novecento, ma Fantozzi – ultima grande maschera – ha saputo evolversi, adattarsi, restare vivo. È un personaggio letterario prima ancora che cinematografico, nato dalla penna tagliente di Villaggio e poi esploso grazie a un’intuizione registica che ne ha esaltato l’assurdo.

Il suo ritorno sul grande schermo al Politeama di Terni, restaurato e più brillante che mai, non è solo un tuffo nel passato, ma un’occasione per riflettere sul presente. Rivederlo oggi, tra una risata e un sospiro, significa anche riconoscere in lui – e in quella sua inimitabile corsa disperata sotto la pioggia – un pezzo di noi stessi.

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Giorgia Sdei
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