Ultimi giorni utili per visitare la mostra “Gli arredi del cielo”, composta da circa trenta opere pervenute dalle antiche chiese del territorio di Gualdo Tadino, concentrate in una esposizione di arte sacra che è stata inaugurata lo scorso 20 aprile, nella Chiesa Monumentale di San Francesco e che raccoglie una straordinaria collezione di oggetti di devozione, preziosi paramenti liturgici e arredi sacri.
A rubare la scena, prima del taglio del nastro, la notizia resa ufficiale da una lettera della Soprintendenza alle Belle Arti che confermava, seppur per un tempo limitato, l’esposizione del calice di Duccio di Donato, manufatto preziosissimo, che proprio in occasione dell’inaugurazione, è stato mostrato per la prima volta dal vivo presso l’Istituto Bambin Gesù, collocato sull’altare della chiesa delle suore oblate. Lo scorso anno l’opera tornò all’attenzione grazie a una pubblicazione e a un’attenta ricerca della storica dell’arte Caterina Calabresi, “Ogni tempo è buono per cercar reliquie”.
Documentato a Siena tra la fine del secolo XIII e il secondo decennio del successivo, non si conoscono i suoi estremi biografici.
L’opera di Duccio di Donato esposta alla esposizione di arte sacra
La prima testimonianza relativa all’artista è il pagamento di una tassa nel 1291; questo documento, in cui lo definiscono “orafo”, consente di situare la data di nascita non oltre il settimo decennio del Duecento, come recentemente ribadito.
Duccio appare nuovamente documentato nel 1307 a Siena “per uno chalicie per l’altare de Singniori Nove” e per il restauro delle lampade d’argento dello stesso altare, mentre nel 1309 ricompra un calice – ma è poco verosimile che sia lo stesso da lui eseguito due anni prima – appartenuto allo stesso altare, forse per fonderlo e ricavarne uno nuovo.
Nel 1310 è documentato per la vendita di un terreno preceduta di qualche giorno dall’acquisto di un altro appezzamento nel territorio parrocchiale di S. Angelo al Montone a Siena, mentre nel 1311 o 1312 risulta tra gli abitanti della parrocchia senese di S. Salvatore di Sopra.
L’unica opera firmata pervenutaci è proprio il calice in argento dorato esposto in questi giorni a Gualdo Tadino, decorato sul piede e sul nodo da placchette a smalto traslucido con parti risparmiate. L’opera reca l’iscrizione “Duci/us. D/onati./e soti [sic]/fecie/rot me”.
Quest’anno il colpo di scena, grazie al lavoro del Comitato del Settimo Centenario del Beato Angelo presieduto da Carlo Catanossi e con uno straordinario gruppo di volontari che, con perseveranza, dedizione e devozione, ha lavorato in maniera indefessa, permettendo così a tutti di vedere dal vivo un manufatto preziosissimo e di rara bellezza, nell’ambito delle celebrazioni dedicate al patrono di Gualdo Tadino Beato Angelo.
Le suppellettili sacre provengono dagli inventari delle antiche chiese
L’importante esposizione, a cura del Comitato per il Settimo Centenario Beato Angelo, con il patrocinio della Regione Umbria, del Comune di Gualdo Tadino, del Polo Museale di Gualdo Tadino, e con il sostegno della Farmacia Capeci di Gualdo Tadino, nasce da antichi inventari delle chiese del territorio e contiene le suppellettili ecclesiastiche sopravvissute a furti, incendi e alle due soppressioni di epoca napoleonica e sabauda.
Gli oggetti superstiti sono di qualità molto alta. Alcuni sono addirittura capolavori unici, come le due magnifiche croci in argento sbalzato e smalti, una delle quali ha il nome dell’abate Giovanni da Sassoferrato, che la commissionò nel 1381 per l’abbazia di San Benedetto, a riprova di una committenza che trova pochi confronti nella regione.
O, ancora, gli arredi della chiesa di San Benedetto acquistati per la ricostruzione dell’edificio dopo il terremoto del 1751, quando i canonici della cattedrale si affidarono a orafi romani che eseguirono i manufatti con tecnica raffinata in un periodo in cui la Città dei Papi era la capitale mondiale di questa produzione.
Ogni pezzo, spesso sconosciuto, racconta una storia, testimoniando la ricchezza culturale e la diversità artistica presente nel territorio gualdese.
È possibile visitare la mostra con ingresso libero da giovedì a domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00