La procura di Perugia continua ad indagare sul caso dossier e, scavando, emergono dettagli sempre nuovi. La politica è piuttosto coinvolta dal sistema di “spionaggio” di cui è accusato Pasquale Striano. E, proprio in queste ore, sono emersi dei file specifici che riguardano la Lega di Matteo Salvini. Di questo, e in generale di quanto sta avvenendo, abbiamo parlano in esclusiva con Riccardo Augusto Marchetti. Deputato e segretario della Lega Umbria.

Caso dossier, le parole di Marchetti (Lega): “Nostro partito il più colpito”

Partiamo dalle ultime notizie: il procuratore Cantone, audito dal Copasir, ha parlato di oltre 33 mila file scaricati da Striano. Un commento a caldo su questo grossolano numero…

“Quello che posso dire in riferimento alle dichiarazioni del Dottor Cantone rese nel corso dell’audizione in commissione antimafia, che si può reperire nel sito della Camera dei Deputati, è inquietante: emerge il forte sospetto che ci sia un sistema alle spalle che deve essere accertato e sui cui si deve fare luce. Non è chiaro per chi lavorasse Striano, per chi lo facesse e le ragioni di questo pesante dossieraggio. Certo, non si può non notare il ‘particolare’ interesse per la Lega e per tutti i papabili rappresentanti del futuro governo. Poi una domanda sorge spontanea…“.

Quale?

“Queste documentazioni sensibilissime dove sono finite? Sono state passate solo ai giornalisti, o anche alle agenzie estere? Non dimentichiamo che i dispositivi utilizzati sono di solito impiegati per gravi reati come terrorismo e mafia. La vicenda va chiarita fino in fondo e senza lasciare alcuna ombra”.

In effetti, facendo un passo indietro, Salvini dice: “La Lega è il partito più spiato perché siamo scomodi”. Mi sembra di capire che lei è d’accordo…

“Penso che i fatti parlino da soli. Chiunque abbia del buonsenso nota che, fra tutti i partiti, anche quelli con una rilevanza elettorale superiore per eletti in Parlamento, c’è un particolare accanimento nei confronti della Lega. Lo si era già capito quando è stato mandato a processo un ministro per aver fatto il proprio lavoro, cercando di impedire l’immigrazione clandestina. Ora abbiamo la conferma che esiste un vero e proprio sistema, di cui una certa magistratura è parte, contro il Carroccio. Basta leggere i nomi dello spionaggio”.

Tuttavia, sembra esserci una certa convergenza tra tutte le parti politiche: tutti vogliono la verità. È così?

“Certamente ci auguriamo che tutti vogliano la verità. Fa sorridere che fino a ieri tutti i giornali di sinistra abbiano trattato la notizia come se fosse marginale, serviva una lente di ingrandimento per trovarla. Alla fine però si sono dovuti arrendere allo scandalo e ammettere che il caso è grave e che echeggia, preoccupantemente, una riedizione moderna della P2. Non dico che siamo di fronte un nuovo sistema Gelli e mi auguro che nessuno sia invischiato in cose simili, soprattutto se oggi questi ricoprono incarichi parlamentari, ma non possiamo lasciare niente al caso. Bisogna indagare fino in fondo”. 

“Un sistema da stato dittatoriale”

Onorevole, a parte quello che dicono gli altri: lei cosa pensa di questa vicenda?

“Penso che siamo in uno Stato liberale, facendo fortunatamente parte del mondo libero: servirebbe molto meno accanimento. Un dossieraggio di questo tipo è figlio di regimi dittatoriali che credevamo di aver lasciato alle spalle e consegnato alla storia del passato, almeno in Occidente. Serve che ognuno rispetti i propri ruoli e che si rispetti, tutti, i dettami costituzionali senza sovrapposizioni di potere. Gli strumenti dati a disposizione alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine per la nostra sicurezza devono essere utilizzati per questo, e non per fini che, ancora, sono oscuri. Quando ci sono pericoli come la Mafia e il terrorismo è inimmaginabile che vangano utilizzati come grimaldelli per abbattere una parte politica evidentemente ingombrante per i sistemi torbidi”.

Questa vicenda ha scoperchiato anche labili confini tra deontologia e libertà di stampa. Lei come si pone su questo tema?

La libertà di stampa non può e non deve essere messa in discussione. Però un dossieraggio fatto anche sugli spostamenti bancari personali, in una sorta di ossessione voyeuristica, non ha niente a che fare con la libertà di stampa. È un’invasione della sfera privata. I personaggi pubblici, soprattutto se eletti e scelti dai cittadini, devono avere assoluta trasparenza, ma qui c’è un intento palese di gettare fango ad hoc su determinate persone. Questo credo sia al di fuori della stessa deontologia professionale“.

La procura di Perugia continua a indagare, cosa si aspetta?

“Mi aspetto che venga fatta chiarezza, che tutti i responsabili emergano e, soprattutto, che si chiarisca chi sono i mandanti, dove sono finiti questi fascicoli e a cosa servivano”.