22 Nov, 2025 - 16:00

Epicuro torna tra i Giardini: la conferenza di Michele Pinto incanta il pubblico del convegno “Effetto Topofilia”

Epicuro torna tra i Giardini: la conferenza di Michele Pinto incanta il pubblico del convegno “Effetto Topofilia”

Un pomeriggio leggero, tra filosofia, giardini e qualche risata

 

Il convegno Effetto Topofilia, ospitato nella splendida cornice di Villa Fassia, ha regalato un momento inatteso e deliziosamente spiazzante: la conferenza di Michele Pinto, giornalista e instancabile anima del Festival Epicureo di Senigallia

dedicata proprio a Epicuro, il filosofo che più di tutti ha saputo unire il pensiero alto alla piacevolezza del vivere quotidiano.

E Pinto, con la sua cifra ironica e la leggerezza di chi conosce bene la materia, ha mantenuto perfettamente la promessa: "parlare di filosofia… come si farebbe meglio in un giardino."

“Il primo Giardino che mi viene in mente ha la ‘G’ maiuscola”

Pinto apre l’incontro con un sorriso e un’ammissione che conquista subito la sala: «Noi oggi abbiamo parlato tanto di giardini, ma se al giardino mettiamo la G maiuscola… il primo che mi viene in mente è il Giardino di Epicuro».

E da qui parte il suo viaggio semiserio: un affascinante mosaico di storia, filologia, aneddoti e battute, costruito attorno a un paradosso irresistibile.

Il Giardino di Epicuro, infatti… non lo conosce nessuno.

O almeno: nessuno sa davvero come fosse. Perché non ne abbiamo descrizioni complete, né disegni, né testimonianze architettoniche. Eppure — osserva Pinto — quel giardino immaginato ha ispirato secoli di pensiero… e una quantità sorprendente di ristoranti, B&B e locali italiani che portano il suo nome.

«Ci ho pensato: potrei farne il giro e recensirli tutti», scherza Pinto. «Poi ho resistito. Per ora».

Seneca, la porta del Giardino e un cartello molto moderno

La platea, già divertita, si ritrova coinvolta in una piccola indagine filologica. Perché una delle più belle descrizioni dell’insegnamento epicureo non viene da un discepolo… ma da Seneca.

Pinto legge, con gusto: «Straniero, qui starai bene: qui il nostro bene supremo è il piacere. Di questo piacere non ti devi spaventare: è un piacere calmo, sobrio, misurato».

E subito aggiunge, con un lampo ironico:

«Con la macchina del tempo abbiamo fatto una foto del cartello. Non so se fosse proprio così… ma più o meno».

Il pubblico ride. La filosofia, intanto, scivola morbida come l’ombra degli alberi su un prato.

Un giardino… che era un orto

Tra le rivelazioni più gustose del pomeriggio c’è quella sull’aspetto reale del Giardino. Perché — ammette Pinto — sebbene tutti ne parlino come di un luogo poetico, rigoglioso e verdeggiante… probabilmente era un semplice orto periferico, comprato a prezzo di saldo dopo l’assedio di Atene.

«Un giardino sì… ma non immaginatelo come Versailles», precisa con una risata.
E aggiunge un dettaglio irresistibile: nel testamento di Epicuro, riportato da Diogene Laerzio, si nomina la casa al centro del giardino dove erano custoditi i libri.

Una minuscola scuola di pensiero che viveva — letteralmente — accanto alle fave.

Fave, Pitagora e l’anatema

E proprio le fave diventano l’occasione per uno dei momenti più divertenti della conferenza. Pinto racconta che nelle sue celebri “colazioni epicuree” serve immancabilmente le fave, proprio per omaggiare un aneddoto tramandato da Plutarco.

Ma quel racconto — confessa lui stesso — è quasi certamente un falso storico.

Non importa. Le fave restano un simbolo di frugalità, amicizia e convivialità. Ed è qui che Pinto, come un bravo anfitrione del pensiero, apre la porta a uno dei temi più belli di Epicuro: la gioia semplice dello stare insieme.

«Non è dell’aiuto degli amici che abbiamo bisogno — dice Epicuro — ma della fiducia di averli vicino».

Un insegnamento che sembra scritto proprio per chi, come il pubblico di Villa Fassia, crede nella cura dello spazio e delle relazioni.

Una filosofia per “vivere nascosti”… ma bene

Altro punto gustoso: la scelta epicurea di vivere appartati (lathe biosas), lontani dal centro politico di Atene.

Non per paura — sottolinea Pinto — ma per saggezza.

Epicuro preferisce la compagnia dei pochi, degli amici sinceri. Non cerca il consenso della folla, non ama le glorie civiche. E da questo ritiro nasce la sua idea di serenità: un equilibrio costruito su poco, ma scelto con cura.

«Chi non ha fame, non ha sete e non ha freddo… gareggia in felicità perfino con Zeus», ricorda Pinto, leggendo una delle massime più luminose del filosofo.

Donne, schiavi e la filosofia che libera

Una delle pagine più moderne del pensiero epicureo è l’ammissione nel Giardino di donne e schiavi.

Un gesto rivoluzionario — fa notare Pinto — perché negli ambienti filosofici dell’epoca non accadeva.

Perché Epicuro lo fa? Pinto offre una risposta semplice e convincente: «Perché la filosofia non serve a governare la città… ma a guarire l’anima

E un’anima può appartenere a chiunque.

Studiare la natura per vincere la paura

La parte finale dell'intervento si concentra su un nodo centrale: lo studio della natura.
Epicuro è convinto che solo conoscendo il mondo si possa sconfiggere la paura, soprattutto quella degli dei e della morte.

Pinto lo spiega con chiarezza: «In filosofia il piacere cresce insieme alla conoscenza. Non viene dopo… ma insieme

Per Epicuro, dunque, contemplare la natura è già un atto di gioia. E forse, suggerisce Pinto, è anche per questo che la sua scuola nasce proprio lì: in un giardino.

Un filosofo che fa fiorire l’anima

La conferenza si chiude con un applauso lungo e sincero.
Pinto, con il suo stile ironico e affettuoso, ha restituito Epicuro al suo luogo naturale: un giardino vivo, fatto di persone, parole, domande e risate.

Un piccolo miracolo topofilico perfettamente in tema con il convegno.

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Mario Farneti
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