Risolvere l’ultimo nodo dell’Accordo di programma per AST, quello dell’energia, con l’impegno delle istituzioni. Ma con impegni concreti e chiarezza sulle opportunità che ci sono sul tappeto. A chiederlo sono CGIL e FIOM di Terni, dopo il tavolo al Comune di Terni con l’assessore Cardinali e i tanti botta e risposta politici di questi giorni. E anche dopo la decisione dell’azienda di viale Brin di rivendicare la possibilità di collegarsi direttamente a Galleto per l’autoproduzione a prezzi competitivi. Con l’iniziativa di comunicazione partita ieri in azienda con l’affissione di un maxi-manifesto sul caro-energia.
Un’iniziativa che non è piaciuta a Italia Nostra di Terni, che con una nota di Andrea Liberati parla di “propaganda Arvedi sulle centrali idroelettriche. Una iniziativa mistificatoria, per chiedere indennizzi per espropri statali di 60 anni fa. Paghino allora bonifiche miliardarie per i danni loro e dei loro predecessori di 60 anni fa“.
Insomma, sparito per qualche mese dal dibattito pubblico, il tema dell’Accordo di programma con relative poleniche si è oggi riacceso alla vigilia delle elezioni regionali. E se quello della risoluzione del problema energetico è l’ultimo miglio da percorrere, il cammino diventa accidentato e impervio. Perché si tratta di un caso con forti implicazioni industriali, normative e comunitarie che richiederà soluzioni che in questo momento sono difficili da traguardare all’orizzonte.
Accordo di programma AST: la CGIL chiede che azienda, Governo e istituzioni locali facciano chiarezza e assumano impegni concreti
“È venuto il momento di lasciare perdere gli slogan, anche recenti dell’azienda. E le iniziative da campagna elettorale. E fare chiarezza sulle azioni concrete che si devono intraprendere per capire se le linee guida del piano industriale di Ast, presentate il 5 febbraio 2022, sono confermate e realizzabili nei tempi utili. Oppure valutare le ricadute in caso contrario”.
È quanto affermano in una nota congiunta Claudio Cipolla, segretario generale della CGIL di Terni e Alessandro Rampiconi, segretario generale della FIOM.
“Da oltre due anni come sindacato siamo in campo con una proposta di sviluppo sostenibile per il nostro territorio – continuano i due sindacalisti –. Una proposta che affronta il tema delle aziende energivore e la scarsa competitività dell’Italia sui fattori localizzativi. A partire dai costi dell’energia fuori scala nel rapporto con gli altri paesi europei, mentre i livelli salariali rimangono i più bassi all’interno del vecchio continente”.
“Le istituzioni locali hanno avuto la nostra elaborazione su energia e AST– aggiungono Cipolla e Rampiconi –. Un’idea che mette in relazione anche il fabbisogno energetico del territorio, i costi per le imprese e le famiglie, con l’impatto ambientale. Puntando sull’utilizzo delle fonti rinnovabile e delle comunità energetiche previste nel PNRR. Tutto questo, però, non è mai stato in discussione all’interno dell’Accordo di Programma, perché non è stata prevista la presenza delle organizzazioni sindacali. E nessuna istituzione ha mai aperto un confronto nel merito. Limitandosi solo ad aggiornamenti sullo stato di avanzamento dell’accordo e a indicare date possibili per la chiusura. Ad oggi, sempre disattese”.
FIOM e CGIL, di Terni ricordano che nell’unica riunione al MIMIT alla presenza di tutti gli stakeholder, a maggio 2023, le organizzazioni sindacali hanno appreso che i titoli dell’accordo di programma erano definiti. E che mancavano “solo” due questioni importanti, ma collaterali. Come l’energia e le infrastrutture. “Sarebbe oggi utile chiarire dove si è arenata quella discussione – concludono Cipolla e Rampiconi -. Di certo va tenuto conto che questo Governo non ha invertito la tendenza, rispetto all’assenza negli ultimi 30 anni di politiche industriali. E oggi, più che mai pesa l’assenza di un piano nazionale della siderurgia e di un piano nazionale energetico”.
Italia Nostra: “Sull’energia, niente regali o svendite ad Arvedi ma si chiedano risarcimenti”
E se le iniziative comunicative di AST non sono piaciute alla CGIL e alla FIOM, anche Italia Nostra interviene sul versante ambientalista per chiedere alle istituzioni di tutelare il territorio.
“Nessuno provi a svendere le centrali idroelettriche o a rifondere alcunché ad Arvedi – attacca Andrea LIberati -. La legge vigente prevede che il 70% delle nostre centrali idroelettriche possa essere sostanzialmente gestito da Regione e Comuni, sotto l’egida dell’interesse pubblico. Il resto deve andare a regolare gara, come da normativa. Ecco perché è davvero mistificatoria e provinciale l’iniziativa propagandistica e lobbistica con cui Arvedi rivendica indennizzi per espropri di impianti energetici avvenuti oltre 60 anni fa da parte dello Stato“.
Liberati, per l’associazione ambientalista Italia Nostra, ricorda che la nazionalizzazione dell’energia e delle centrali avvenne verso un’azienda dello Stato (le Acciaierie ex IRI). E che le acciaierie ternane hanno poi goduto, fino ai primi anni 2000, di tariffe di assoluto favore, decise proprio nei primi anni ’60.
“In seguito il prezzo dell’energia lo ha deciso il mercato – prosegue la nota ambientalista – in un contesto di liberalizzazione europea. Perché Arvedi, su Cremona, parla poco o nulla dei costi energetici, né si mette col cappello in mano? Qui a Terni, l’Acciaieria è vista come totem intoccabile, cui sacrificare tutto, fino alla pelle dei cittadini“.
Italia Nostra, chiuede dunque alle istituzioni di scongiurare indennizzi per l’energia ad AST, quanto piuttosto di pretendere di richiedere indennizzi per i danni ambientali e sanitari subìti dal territorio per scorie e rifiuti siderurgici
“I ternani e gli umbri non hanno ancora capito l’enorme valore dell’asset idroelettrico – conclude Liberati -. Quando comprenderanno che garantisce 2-300 milioni all’anno di mera rendita, grazie solo all’acqua che scorre, non se lo lasceranno scippare dall’Arvedi di turno. L’acciaieria partecipi legittimamente al bando pubblico di cessione del 30% dell’asset, sperando di vincerlo. E paghi alla Regione Umbria cifre che, ipoteticamente, non sarebbero lontane dal miliardo di euro, se non superiori“.
Italia Nostra sottolinea che, per quanto manchino alcuni aspetti regolatori, esiste una legge al riguardo. E a quella dovrà riferirsi anche Arvedi.