La partita si gioca a carte scoperte, ma Enel non cambia strategia. Mentre le istituzioni fanno muro e la Protezione Civile suona l'allarme per il rischio idrogeologico, il colosso energetico tira dritto sulla chiusura del Posto di Teleconduzione di Terni. Un braccio di ferro che vede da una parte le logiche del profitto, dall'altra la sicurezza del territorio e l'occupazione umbra. I sindacati non arretrano e lanciano l'ultimo appello prima che il sipario cali definitivamente su un pezzo di storia industriale ternana.
"È importante fare una premessa rispetto a quanto sta accadendo e alle modalità di gestione delle relazioni sindacali", spiegano Fabio Mencarelli (Filctem-Cgil), Stefano Ribelli, Ciro Di Noia (Flaei-Cisl) e Doriana Gramaccioni (Uiltec-Uil) nel comunicato congiunto che fotografa una situazione ormai al limite. L'azienda, secondo i rappresentanti dei lavoratori, sta mettendo in atto "in tutte le società del gruppo" un approccio che antepone "solo logiche finanziarie e di risparmio ad ogni costo rispetto al servizio primario che dovrebbe fornire".
I numeri raccontano una storia diversa da quella che Enel vuole far credere. I costi di gestione del personale pesano appena l'8% sul bilancio globale di un'azienda che "risulta ad oggi una tra le più efficientate". Eppure, nonostante le entrate garantite dalle quote percepite come concessionaria dei servizi di distribuzione elettrica e gestione degli impianti idroelettrici, la società ha deciso di procedere con la chiusura.
La Regione Umbria aveva espresso una posizione netta attraverso una mozione unanime. Un segnale politico forte, considerando che la Regione è proprietaria degli impianti. Non sono bastati nemmeno gli interventi degli Assessori Regionali De Rebotti e De Luca, dei Responsabili Provinciali e del Sindaco di Terni Stefano Bandecchi. Ma soprattutto, è rimasta inascoltata la voce della Protezione Civile, che ha sottolineato i rischi legati al controllo del territorio e alla gestione del rischio idrogeologico.
"L'azienda, malgrado tutto, ha inviato alle organizzazioni sindacali una richiesta di incontro perché hanno la ferrea intenzione di proseguire con la chiusura del PT", denunciano i sindacati. Un tavolo convocato non per discutere alternative, ma per gestire "le valutazioni riguardo i riflessi sul personale interessato". In altre parole, per organizzare l'uscita di scena.
Il Posto di Teleconduzione rappresenta molto più di una struttura tecnica. È l'ultimo baluardo di un sistema che ha garantito per decenni il controllo e la sicurezza degli impianti idroelettrici del territorio. La sua chiusura segnerebbe "l'atto finale del depotenziamento degli assets sul territorio regionale già svuotato di tutte le funzioni strategiche".
Le organizzazioni sindacali non nascondono la preoccupazione per quello che definiscono un "continuo depauperamento della nostra Regione nei confronti dei servizi essenziali e fondamentali". L'Umbria rischia di perdere un altro pezzo della sua infrastruttura strategica, in nome di una razionalizzazione che privilegia i conti economici rispetto alla funzione sociale e territoriale.
L'appello finale è rivolto "a tutte le istituzioni locali e regionali, a tutte le forze politiche", con la richiesta di un "impegno fattivo atto a scongiurare l'ennesima perdita". I sindacati chiedono che prevalga "la sicurezza del territorio ternano, la salvaguardia dell'occupazione sul territorio umbro" rispetto alle "logiche non più sostenibili da parte di Enel prettamente economiche".
Enel ha già convocato l'incontro con le organizzazioni sindacali per discutere gli effetti della chiusura sul personale. Le istituzioni locali e regionali attendono una risposta concreta alle loro richieste di ripensamento.