Nel 2024, presso l’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, sono stati diagnosticati 30 casi di endocardite infettiva, un numero che segna un incremento esponenziale: si tratta infatti di un dato circa tre volte superiore rispetto alla media internazionale. L’informazione, resa nota in occasione del convegno scientifico “Endocardite Infettiva nell’Era Post-Pandemica - Realtà e falsi miti alla luce delle nuove linee guida”, ha acceso un dibattito serrato tra clinici e ricercatori giunti da diverse regioni italiane.
Il dato non è soltanto un campanello d’allarme epidemiologico, ma si inserisce in una tendenza in crescita esponenziale, confermata dalle analisi condotte dai professionisti del nosocomio ternano. L’endocardite infettiva, malattia del cuore causata da infezioni batteriche che intaccano le valvole cardiache, è una patologia grave e complessa che necessita di trattamenti tempestivi e mirati.
La segnalazione di un numero così alto di casi in una singola realtà ospedaliera ha subito sollevato interrogativi sulla diffusione della malattia e sulle modalità di contrasto. Fondamentale è stata l’iniziativa del convegno scientifico che si è svolto presso la Sala Arpa di Terni, durante il quale è stato presentato anche un modello di gestione integrata, già sperimentato al Santa Maria.
“Nemmeno le più recenti linee guida della Società Europea di Cardiologia pongono sufficiente attenzione sull’importanza di un approccio interdisciplinare strutturato, come quello del ‘Team per l’endocardite’”, ha affermato Valentino Borghetti, direttore della Struttura Complessa di Cardiochirurgia e promotore dell’evento.
L’ospedale ternano ha anticipato i tempi proponendo un approccio clinico multidisciplinare che punta su una collaborazione continua tra diverse figure professionali. Microbiologi, infettivologi, cardiochirurghi, cardiologi, anestesisti e internisti operano a stretto contatto per definire la miglior strategia terapeutica, sia dal punto di vista medico che chirurgico. Il risultato, sottolineano gli esperti, è un aumento della sopravvivenza e una riduzione del rischio di recidive — due elementi considerati decisivi nel trattamento di una malattia ad altissima complessità.
L’esperienza di Terni è stata proposta come buona pratica clinica da estendere non solo su scala regionale, ma anche nazionale, in linea con l’urgenza di aggiornare gli standard europei. Durante il convegno, è stato inoltre evidenziato come la pandemia da COVID-19 abbia inciso negativamente su diagnosi e gestione delle patologie infettive.
“La pandemia ha alterato profondamente l’accesso alle cure – ha osservato Borghetti – ritardando diagnosi e trattamenti e modificando la percezione del rischio da parte dei pazienti. Questo ha reso ancora più urgente dotarsi di strumenti di intervento integrato, rapido e coordinato”.
Tra i temi principali affrontati a Terni emerge la necessità di smontare falsi miti riguardanti la profilassi antibiotica. L’uso improprio e non giustificato dei farmaci, infatti, non protegge adeguatamente gli individui a rischio e contribuisce al rafforzamento di batteri resistenti, un fenomeno che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce tra i principali pericoli globali. La prospettiva più inquietante, ribadita dagli specialisti durante il confronto scientifico, è che entro il 2050 l’antibiotico-resistenza possa rappresentare la prima causa di morte nel mondo.
Diventa quindi urgente un intervento istituzionale e regolatorio che sia in grado non solo di aggiornare le linee guida internazionali, ma anche di supportare i centri clinici impegnati in prima linea. Una presa di coscienza che parte dai dati di Terni ma che impone un dibattito ad ampio raggio su scala nazionale ed europea.
Il quadro epidemiologico non riguarda solo una singola realtà ospedaliera, ma si riflette sull’intera comunità. I numeri di Terni accendono i riflettori su una malattia che, se sottovalutata, rischia di compromettere gravemente la cura dei pazienti cardiopatici. La strada indicata dall’endocarditis team rappresenta attualmente la soluzione più efficace, ma resta da capire se istituzioni, comunità scientifica e organi regolatori sapranno cogliere il messaggio e agire con tempestività.
Il modello multidisciplinare, esempio concreto e immediatamente applicabile, è già operativo in Umbria e dimostra come una organizzazione di rete possa incidere direttamente sugli esiti clinici. La sfida sarà tradurlo in un sistema diffuso, capace di anticipare nuove emergenze e garantirne standard di cura equi in tutto il territorio nazionale.
Mentre i dati locali si intrecciano con un’emergenza sanitaria mondiale, Terni si candida oggi a laboratorio clinico e organizzativo, proponendo un approccio innovativo che potrebbe divenire riferimento anche al di fuori dei confini regionali. E i 30 casi registrati nel 2024 restano un segnale inequivocabile: l’endocardite infettiva non è più una malattia rara, ma una patologia che richiede risposte immediate e condivise.