La vicenda di Elanain Sharif non può passare inosservata: le numerose zone d’ombra e il silenzio delle autorità egiziane evocano tragici parallelismi con il caso di Giulio Regeni e Patrick Zaki. Cittadino italiano di 44 anni, nato in Egitto e residente a Terni, Sharif è stato fermato al Cairo e successivamente trasferito nella prigione di Alessandria d’Egitto. Da quel momento, di lui si sono perse le tracce. Non ci sono accuse chiare, non ci sono spiegazioni. Solo il silenzio delle autorità e la disperazione di una madre che cerca il figlio.

Un cittadino italiano, detenuto senza accuse chiare, abbandonato in condizioni che fanno rabbrividire. Una famiglia lasciata a lottare contro un muro di gomma fatto di silenzi e rinvii. Il caso di Elanain Sharif non è solo una vicenda personale: è una ferita aperta, che interroga su quanto valga, davvero, il peso della cittadinanza italiana quando si è lontani da casa.

Elanain Sharif, un arresto senza spiegazioni

Sharif si era recato in Egitto con la madre e la moglie, un viaggio già fatto molte altre volte. Ma questa volta, qualcosa è andato storto. “La mamma di Elanain mi ha riferito che lei, il figlio e sua moglie sono arrivati al Cairo provenienti dall’Italia come avevano fatto tante altre volte, ma in questa occasione Elanain è stato fermato dalle autorità, trattenuto a lungo negli uffici da cui è uscito con le manette ai polsi,” ha dichiarato l’avvocato della famiglia.

Nessuno ha spiegato il motivo del fermo. Nessuna accusa formale è stata comunicata. Un’azione che sa di abuso, consumata nel totale disprezzo per i diritti fondamentali.

“Il motivo dell’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo il capo di imputazione,” ha dichiarato l’avvocato Alessandro Russo, legale della madre di Sharif, in una video intervista al Corriere dell’Umbria. Le autorità egiziane avrebbero sequestrato il passaporto italiano dell’uomo, gestendo l’intera procedura con la documentazione egiziana, un dettaglio che solleva ulteriori interrogativi sull’applicazione del diritto.

Una madre contro il silenzio

Dal 9 novembre, la madre di Sharif, residente a Foligno, non ha più avuto contatti diretti con il figlio. Ogni tentativo di ottenere informazioni si è scontrato con un muro. “Il motivo dell’arresto non è chiaro, nel senso che siamo in possesso di notizie frammentarie, non abbiamo contezza di cosa viene contestato al 44enne; l’unico fatto sicuro è che è in carcere,” ha spiegato l’avvocato. Intanto, la madre lotta per mantenere viva l’attenzione sul caso, ma si scontra con la lentezza burocratica e un sistema che sembra disinteressato alla sorte del figlio.

Condizioni di detenzione disumane

Le poche informazioni trapelate sullo stato di Sharif sono un pugno nello stomaco. Costretto a stare in piedi per la maggior parte del tempo, ha il permesso di sdraiarsi su una branda solo per mezz’ora, prima di cedere il posto ad altri detenuti. “La signora mi ha raccontato di aver appreso, da fonti che non conosco direttamente, che le condizioni in cui viene tenuto suo figlio sono inumane, nel senso che non lo fanno dormire, lo tengono in piedi, si può stendere solo mezz’ora su una branda, ma poi deve lasciare il posto agli altri detenuti,” ha riferito il legale.

Non basta. Anche il semplice atto di sedersi sarebbe possibile solo pagando. “Mi ha detto che sta sempre in piedi perché per sedersi deve pagare,” ha riportato la madre. E i tentativi di portargli cibo, vestiti o altri beni essenziali? Falliti quasi tutti. “Ha anche tentato di portargli generi di conforto, vestiario e altro, ma non gli è stato mai consegnato nulla, forse una volta un panino,” ha aggiunto l’avvocato.

Farnesina e ambasciata: parole e poco altro

L’ambasciata italiana al Cairo e la Farnesina dichiarano di seguire la vicenda con “massima attenzione”. Un’espressione che, a chi aspetta risposte concrete, suona vuota. La richiesta per una visita consolare è stata inoltrata, ma sembra impantanata in un limbo burocratico. Nel frattempo, Sharif resta prigioniero di un sistema che non fornisce trasparenza né umanità.