13 Apr, 2025 - 18:00

Efflorescenze di salnitro anche a Città di Castello: Piazza del Marchese Paolo si “imbianca” a meno di due mesi dall’inaugurazione

Efflorescenze di salnitro anche a Città di Castello: Piazza del Marchese Paolo si “imbianca” a meno di due mesi dall’inaugurazione

A meno di due mesi dalla cerimonia ufficiale del 18 febbraio, la “nuova” Piazza del Marchese Paolo mostra già segni evidenti di deterioramento estetico. Un fenomeno inatteso – o forse troppo sottovalutato – che ha lasciato una patina biancastra sulla pavimentazione in cotto, suscitando sconcerto tra i residenti, i visitatori e gli osservatori urbani. La piazza, recentemente rinnovata grazie a 280 mila euro di fondi PNRR, di cui 60 mila cofinanziati dal Comune, non ha retto nemmeno due mesi prima che il suo volto cominciasse a mutare.

Le immagini, pubblicate dal giornale online Tuttoggi, parlano da sole: una pavimentazione che doveva essere fiore all’occhiello della riqualificazione urbana si presenta oggi “scolorita”, imbiancata, priva della vitalità cromatica attesa.

Un déjà vu che arriva da Gubbio

A Gubbio, il fenomeno delle efflorescenze saline era esploso sei mesi dopo l’inaugurazione della nuova pavimentazione, causando polemiche e interrogazioni politiche. Oggi, a Città di Castello, le stesse chiazze bianche appaiono a distanza di appena due mesi, in una tempistica che ha sorpreso persino gli addetti ai lavori.

In entrambe le città umbre, il cotto è stato scelto per la pavimentazione delle piazze storiche, per motivi estetici, tradizionali e identitari. Ma ora quel cotto – per alcuni troppo poroso e inadatto al contesto climatico – sembra essere finito sul banco degli imputati.

Secondo diversi esperti di edilizia, la causa delle macchie bianche sarebbe da attribuire al salnitro, un sale minerale che affiora quando l’umidità penetra nei materiali porosi, portando in superficie i sali solubili che si cristallizzano formando una patina bianca ben visibile.

“È un fenomeno noto e studiato – spiega un tecnico locale – che colpisce soprattutto i materiali naturali, come il cotto, se non adeguatamente trattati.”

L’umidità di risalita, la pioggia, il gelo, l’acqua stagnante: tutti fattori che possono accelerare il processo, soprattutto in ambienti storici dove il sottosuolo può avere una struttura irregolare o un sistema di drenaggio non sempre perfetto.

La questione dei materiali: tradizione o innovazione?

Il cotto è stato scelto per motivi culturali e identitari, per rispettare l’estetica del centro storico, per richiamare l’architettura tradizionale umbra. Ma oggi in molti si chiedono se non fosse il caso di optare per materiali più resistenti, come il gres porcellanato o il cotto toscano di Impruneta, noti per la maggiore compattezza e durata, seppur più costosi.

A Gubbio, il dibattito è ancora acceso, soprattutto dopo che nuove efflorescenze sono ricomparse solo pochi giorni fa. E a Città di Castello, la sensazione è quella di un’amara replica, che rischia di trasformare un progetto di riqualificazione in un boomerang politico e tecnico.

“Abbiamo aspettato decenni per vedere rifatta questa piazza – ha commentato una residente – e ora, dopo poche settimane, sembra già vecchia.

Il progetto di riqualificazione della Piazza del Marchese Paolo è stato sostenuto con fondi PNRR, una delle tante opere simbolo della ripresa post-pandemica che dovevano dare nuova vita ai centri urbani e rafforzare il legame con la tradizione. Ma oggi, con i mattoni imbiancati e l’aspetto compromesso, le aspettative sembrano disattese.

Il Comune di Città di Castello aveva annunciato il completamento della piazza come un segno di attenzione verso i cittadini, con una particolare enfasi sull’aspetto “armonico e rispettoso della storia”. Tuttavia, la fragilità dei materiali e l’apparente assenza di trattamenti idrorepellenti efficaci rischiano ora di mettere in discussione l’intera operazione.

Un problema reversibile? Le prime analisi e le possibili soluzioni

Gli esperti invitano alla calma, sostenendo che le efflorescenze saline, in molti casi, sono un fenomeno temporaneo. Spesso, con il passare dei mesi, tendono a regredire naturalmente, soprattutto se il materiale riesce a “stabilizzarsi” e l’umidità viene gestita correttamente.

Tuttavia, serviranno interventi mirati, forse trattamenti protettivi in superficie, analisi delle cause strutturali (drenaggi, sigillature) e verifiche sui materiali forniti dall’impresa.

Il Comune ha avviato un primo confronto con la direzione dei lavori e l’impresa esecutrice, ma al momento non ci sono comunicazioni ufficiali su come si intende procedere per riportare la piazza al suo aspetto originario.

Il caso di Gubbio avrebbe potuto essere un monito sufficiente. La vicenda di Piazza Grande – seppur ancora irrisolta – aveva già mostrato i limiti di un certo approccio al restauro urbano, che predilige la forma alla sostanza, la tradizione all’innovazione, senza considerare le condizioni ambientali e l’effettiva durabilità dei materiali scelti.

Ora, anche a Città di Castello, il rischio è quello di un “copia e incolla” progettuale, che si scontra con la realtà dei fatti: le piazze non sono vetrine statiche, ma spazi vivi, soggetti al tempo, al clima, all’usura.

Serve più attenzione, più manutenzione, più lungimiranza

La comparsa delle efflorescenze saline in due delle più importanti città umbre nel giro di pochi mesi pone interrogativi seri su come vengono pensati e realizzati i progetti di restauro urbano. Non si tratta solo di scegliere il materiale “giusto” o “bello”, ma di valutare l’insieme delle condizioni – tecniche, climatiche, strutturali – che garantiscono un risultato durevole.

I fondi pubblici, in particolare quelli del PNRR, non possono essere spesi senza una visione di lungo periodo. E oggi, davanti a una piazza che doveva essere nuova ma sembra già vecchia, la domanda resta: quanto costa davvero la bellezza, se non è anche durevole?

Città di Castello, come Gubbio, merita risposte chiare, soluzioni concrete e, soprattutto, progetti pensati con più cura. Perché una piazza non è solo un luogo da attraversare, ma un simbolo identitario.



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Mario Farneti
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