22 Jun, 2025 - 18:00

Eccidio dei 40 Martiri a Gubbio: cronaca e memoria di un massacro nazista

Eccidio dei 40 Martiri a Gubbio: cronaca e memoria di un massacro nazista

All’alba del 22 giugno 1944, in una Gubbio deserta e terrorizzata per il coprifuoco e i rastrellamenti, quaranta cittadini innocenti, tra cui due donne, furono uccisi dall’esercito tedesco in una brutale rappresaglia . Era giovedì, e la cittadina era terrorizzata dalle violenze dei giorni precedenti.

L’aggressione scatenante era avvenuta due giorni prima, il 20 giugno, nel bar “Nafissi” – noto come “de la Caterina” – dove una pattuglia GAP aveva ucciso un tenente medico tedesco, Kurt Staudacher, e ferito un sottotenente, Hermann Pfeil, compiendo un’azione repentina e fuori dagli ordini. Quel vile attentato suscitò una reazione immediata e senza pietà.

Contesto storico: ritirata tedesca e fermento partigiano

Dopo la liberazione di Roma il 4 giugno 1944, le truppe tedesche erano in rotta verso la Linea Gotica. Nella zona di Gubbio erano già in corso inarrestabili ritirate. I partigiani, però, volevano anticipare l’arrivo degli Alleati: Terni era libera dal 13 giugno, Foligno dal 16 e Perugia dal 20.

Il 20 giugno, un gruppo partigiano capeggiato da Bruno Enei e Stelio Pierangeli, insieme alla GAP, aveva tentato la liberazione della città dalla quota dell’Monte Ingino. Nel caos e nell’euforia, i GAP avevano inseguito gli ufficiali tedeschi in città, provocando l’assassinio dell’ufficiale medico.

La rappresaglia: rastrellamenti, prese di ostaggi e vescovo inascoltato

La risposta tedesca fu immediata e brutale. Cannoni e mitragliatrici furono piazzati in piazza del Mercato e aprirono fuoco indiscriminato contro la città e il monte. Durante i rastrellamenti, uomini, donne, giovani e anziani furono prelevati dalle case e interrogati sommarî.

Il vescovo monsignor Beniamino Ubaldi si recò due volte presso il comando tedesco – prima all’Albergo San Marco, poi al nuovo quartier generale – chiedendo di risparmiare la popolazione. Ottenne assicurazioni vane, e la notte tra il 21 e il 22 giugno furono nuovamente arrestate decine di persone .

L’esecuzione: 40 vite stroncate per rappresaglia

All’alba del 22 giugno, quaranta prigionieri furono portati dall’edificio delle scuole in via Perugina fino a un luogo vicino alla chiesa della Madonna del Prato, dove oggi sorge il Mausoleo dedicato alla strage. Lì furono costretti a scavare la fossa, legati, e uccisi con raffiche di mitra prima, colpi di pistola poi. Vennero ricoperti solo da poche manciate di terra e pietà alcuna.

Tra le vittime, due donne – madre e figlia – e un vicebrigadiere dei Carabinieri proveniente da Mirto, in Sicilia. I caduti includevano operai, studenti, contadini, famiglie intere, padri con figli piccoli, due sordomuti. Il sacerdote don Origene Rogari li descrisse così: “Un genio infernale parve avesse scelto di proposito alla strage quaranta innocenti […] due sordomuti, che non profferirono la loro difesa”.

Responsabilità e retroscena politici

La strage scaturì dagli ordini diretti del generale Johann Karl Boelsen, comandante della 114ª Jäger Division, in risposta all’uccisione degli ufficiali tedeschi. La GAP e i partigiani locali furono accusati di avere provocato la rappresaglia, scatenando tensioni interne dure tra movimenti antifascisti e famiglie dei caduti.

Una inchiesta di polizia post-bellica archiviò ogni responsabilità civile dei GAP. Un secondo tentativo di indagine internazionale tedesca terminate negli anni ’60 anch’esso fallì: le accuse si arenarono tra prescritte e ritardi burocratici .

Il Mausoleo: monumento alla memoria e alla speranza

Nel 1949 fu eretto il Mausoleo dei 40 Martiri, progettato da Pietro Porcinai. Si tratta di una cappella sobria circondata da cippi sempreverdi, che racchiude 40 sarcofagi in marmo con foto e nomi delle vittime. Una parte del muro che li uccise ancora presenta i fori dei proiettili, scena del delitto e memoria vivente.

Ogni 22 giugno Gubbio ricorda i 40 Martiri con una cerimonia alle 6:30 del mattino, ora dell’esecuzione. Prima la messa presieduta dal Vescovo, poi la commemorazione civile con corteo da piazza e scuole fino al Mausoleo. Bambini e familiari depongono rose e ascoltano letture e nomi.

Le indagini penali sull’eccidio furono archiviate e rimaste impunite. Nel 1960 la procura militare italiana ripose negli archivi i fascicoli; anche a Stoccarda le procedure si conclusero senza condanne. L’“armadio della vergogna” nascose quei documenti fino agli anni ’90.

Lettere e riconciliazione: un ponte tra figli

Una toccante vicenda di pace nacque tra Guglielmina, figlia di una vittima, e Peter, il figlio dell’ufficiale tedesco ucciso. Incontri, scambi epistolari e riconciliazione dimostrano che la memoria può trasformarsi in riconciliazione umana oltre il dolore.

L’eccidio dei 40 Martiri rappresenta una ferita indelebile nella storia di Gubbio, emblema della crudeltà nazista e dell’orrore della rappresaglia. Ma la trasformazione di quel luogo in mausoleo, le commemorazioni annuali e gli esempi di riconciliazione umana ne fanno un monumento alla memoria, alla giustizia mancata e alla dignità del vivere civile.

La tutela della memoria serve oggi più che mai, perché “i semi della pace e della democrazia restino in primo piano". Gubbio insegna che ricordare non basta, serve educare le nuove generazioni a rispettare la vita, la libertà, la cittadinanza. Oggi, quel luogo di dolore è anche un luogo di speranza, perché mai più si ripetano orrori simili.

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Mario Farneti
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