Antonio Laudati, sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, ha optato per la facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio programmato dai magistrati della Procura di Perugia. Questa decisione arriva nel contesto di un’indagine che lo vede coinvolto nel caso dossieraggio per presunti accessi illeciti a banche dati, attività svolte insieme a Pasquale Striano, tenente della Guardia di Finanza.

Il magistrato si trova al centro di un vortice di accuse relative alla creazione di dossier per spiare o ricattare politici e personaggi noti. Tuttavia, Laudati respinge fermamente queste accuse, affermando di non aver mai partecipato alla creazione di tali dossier. Il pm, però, si avvale della facoltà di non rispondere e non si presenta alla Procura di Perugia: sceglie invece di far recapitare al procuratore Raffaele Cantone dal suo legale difensore una nota autografa contenente la sua difesa.

Quest’ultima si basa sull’argomentazione che le attività contestate erano svolte sotto la supervisione di Federico Cafiero de Raho. De Raho all’epoca era Procuratore Nazionale Antimafia e ora deputato del Movimento 5 stelle nonché vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia.

La difesa di Antonio Laudati sul caso dossieraggio

Come detto, sul dossieraggio Laudati ha scelto di non rispondere in udienza. Le motivazioni di questa sua decisione sono state ampiamente spiegate nella nota diffusa dal suo difensore, l’avvocato Andrea Castaldo. “Dopo la massiccia ed incontrollata diffusione di notizie coperte dal segreto istruttorio“, si legge nella nota, “ritengo che non sussistano, al momento, le condizioni per lo svolgimento dell’interrogatorio fissato per il 18 marzo 2024“. Interrogatorio “peraltro ampiamente preannunciato dalla stampa” e necessario “per esercitare concretamente il diritto di difesa e per fornire un contributo alla ricostruzione dei fatti“.

È in atto un ampio dibattito, su tutti i media nazionali, in cui mi vengono attribuiti fatti gravissimi (e sicuramente diffamatori) che risultano completamente differenti dalle contestazioni indicate nell’invito a comparire, notificatomi in data 26 febbraio 2023, soprattutto diversi dalla realtà che conosco“. Queste le parole di Antonio Laudati contenute nella lettera consegnata ai pm di Perugia. Il sostituto procuratore afferma in modo deciso anche: “Non ho mai effettuato accessi a sistemi informatici. Non ho mai avuto alcun rapporto, neppure di conoscenza, con i giornalisti che risultano indagati. Non ho mai costruito dossier per spiare o ricattare politici o personaggi famosi“.

dossieraggio antonio laudati
Foto: ANSA/CESARE ABBATE

Laudati prosegue dichiarando che nei casi che gli sono contestati si è limitato “a delegare al gruppo sos della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo“. A essere tirato in ballo è quindi Cafiero de Raho. Il suo ruolo torna al centro delle polemiche dopo che anche altri membri della commissione antimafia hanno espresso riserve nei suoi confronti.

Tutti gli accertamenti erano determinati da esigenze investigative“, continua Laudati nella nota a sua firma. “Nell’esclusivo interesse dell’Ufficio e riguardano persone da me non conosciute e rispetto alle quali non avevo alcun interesse personale né alcun intento di danneggiare“. Ancora: “Non rientrava tra i miei compiti di sostituto procuratore quello di controllare il personale di polizia aggregato alla Dna, né quello di verificare gli accessi alla banca dati“.

Il sostituto procuratore infine conclude: “Appena avrò la possibilità di conoscere formalmente gli atti, non mi sottrarrò all’esigenza di fornire tutti i chiarimenti necessari per l’accertamento della verità, la piena correttezza del mio operato e l’affermazione della Giustizia, nella quale credo fermamente“. 

Dossieraggio: Antonio Laudati e il ruolo di Cafiero de Raho

La posizione di Federico Cafiero de Raho, attualmente vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, è diventata nuovamente oggetto di dibattito. In particolare il vicepresidente Mauro D’Attis sollecita la sua astensione dalle attività della commissione per garantirne il corretto funzionamento. “Emerge con estrema chiarezza e urgenza l’opportunità che de Raho si astenga dalle attività della commissione per consentirne il sereno svolgimento delle attività. Questa è un’esigenza in cui la politica non c’entra affatto“.

Queste richieste emergono in un contesto di crescente tensione e necessità di trasparenza all’interno dell’organo. Recentemente anche Raffaella Paita, di Italia Viva, ha proposto di sottoporre Cafiero de Raho a un’audizione all’interno della stessa commissione di cui fa parte.

L’istanza, tuttavia, ha incontrato un ostacolo, un sondaggio informale condotto tra i presidenti di Camera e Senato ha rivelato l’impossibilità di procedere in tal senso. Tale conclusione si appoggia su un precedente stabilito anni addietro in una situazione analoga verificatasi in un’altra commissione parlamentare.

In definitiva, mentre la difesa di Laudati pone l’accento sulla legittimità delle sue azioni sotto la guida di De Raho, la situazione evidenzia la complessità delle dinamiche interne alla Direzione nazionale antimafia e alla commissione parlamentare antimafia. La richiesta di un dibattito sereno e privo di interferenze politiche diventa quindi cruciale per mantenere l’integrità e l’efficacia di queste istituzioni.