A Piazza Grande si svolge il secondo atto della discesa dei Ceri dal Monte a Gubbio. Tra una grande folla che si accalca verso mezzogiorno a Piazza Grande i tre Ceri sempre “stratati” cioè distesi si fermano sull’imbocco, sempre con i bambini in divisa a cavalcioni. Trascorre qualche minuto affinché si crei lo spazio sufficiente a eseguire le “birate”, cioè i tre giri rituali in senso antiorario dei Ceri intorno al pennone con lo stemma di Gubbio.

Subito dopo con i bambini a cavalcioni si svolgono le tre “birate” facendo attenzione a che i bambini non si facciano male o peggio cadano dalla groppa del Cero.

Poi la follia ha infine la meglio su quella che in quel momento può sembrare una festa tranquilla e compassata. Fatti i tre giri intorno al pennone sarebbe logico entrare nel Palazzo del Consoli e lì deporre i Ceri e porre fine alla discesa dei Ceri. In una città normale sì, a Gubbio neanche per sogno. Già gli occhi dei ceraioli sono attraversati da una luce di follia che progressivamente sta impadronendosi di loro.

“Giù i freghi!” è il segnale di inizio della follia ceraiola, dopo la discesa dei Ceri

Poi qualcuno tra la folla grida: “Giù i freghi!” che in italiano significa “Fate scendere i bambini!”. E in un attimo i bambini scompaiono da sopra i Ceri, riconsegnati ai genitori che si allontanano in fretta sapendo quello che sta per accadere.

In quel preciso istante la “follia” della Festa prende il sopravento. Nel cuore di tutti ci sono solo i Ceri e l’onore del ceraiolo. Partono le “birate”, quelle vere: non quelle tranquille coi bimbi di poco prima ma quelle furiose e guerresche che nessuno può fermare, preludio al 15 maggio. Infatti una delle prime regole che devono essere assimilate da un turista che capitasse a Gubbio in occasione della Festa è che “’L Cero n’se ferma!”, il Cero non si ferma. Non esiste ostacolo che possa fermarlo. Negli anni Sessanta una troupe della Rai rischiò di vedere scaraventata l’autovettura in una scarpata del Monte, perché si era messa di traverso su uno “stradone” con un operatore a bordo e impediva il passaggio dei Ceri. L’operatore fu portato in ospedale sotto shock.

Fatte le “birate”, tra le grida di incitazione, i Ceri hanno preso la via della scalea del Palazzo dei Consoli sorretti dalle mani dei ceraioli esultanti. All’interno dell’Arengo ancora altre “birate” come se i ceraioli volessero indugiare nell’abbandonare il Cero diventato all’improvviso l’oggetto del desiderio.

I Ceri vengono infine deposti sui cavalletti allestiti per accoglierli

Ma di più non era ammesso: dovevano infine deporre le tre massicce “macchine” sui cavalletti di ferro battuto forgiati allo scopo. Tuttavia sapevano che quello non era un addio ma un arrivederci tra dieci giorni per la Festa vera e propria della quale questa di stamattina era solo il preludio. Solo un piccolo assaggio.

Li hanno dovuti abbandonare col groppo in gola, qualcuno anche con le lacrime agli occhi, perché è una festa che ti tocca il cuore e ti coinvolge. A chi è di Gubbio fa un effetto che non vi sono parole per esprimere, soprattutto per chi ha una certa età. Ti passano davanti agli occhi le immagini dei familiari che non ci sono più, e li rivedi tutti lì al tuo fianco a gridare e a piangere con te. Non sono sensazioni che si possono trasmettere ma solo sentire nel fondo all’anima.

L’ineffabile entusiasmo ceraiolo

Per questo chi entra nell’entusiasmo, nel senso etimologico, che è “essere posseduti da un dio”, non lo dimentica più per il resto della vita e ogni volta che ritorna a Gubbio in occasione della Festa dei Ceri, rinnova questo entusiasmo che lo cattura e lo trasporta in un’altra dimensione.

Non è retorica ma una sensazione inenarrabile che solo Gubbio è capace di donare. È una lotta a superarsi senza alcun fine che non sia spirituale.