12 Mar, 2025 - 19:53

Detenuto morto nel carcere di Perugia: incendio in cella e polemiche sulle condizioni della struttura

Detenuto morto nel carcere di Perugia: incendio in cella e polemiche sulle condizioni della struttura

Un detenuto tunisino di 56 anni, Sami Bettibi, è morto nel carcere di Perugia dopo aver dato fuoco alla sua cella. Un gesto che sa di protesta estrema, consumato nella terza sezione della struttura, da tempo bersaglio di denunce per il degrado in cui versa. Il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe) ha confermato che l’uomo era stato trasferito dal reparto penale a quello circondariale poco prima della tragedia. Gli agenti hanno tentato il tutto per tutto per salvarlo, ma il rogo si è rivelato più veloce dei soccorsi. Portato d'urgenza in ospedale, il detenuto non ce l'ha fatta.

Poche ore prima della tragedia, Bettibi si era recato in infermeria per una visita medica. Poi il ritorno in cella e l’inizio del dramma: fiamme, fumo, caos. Il segretario umbro del Sappe, Fabrizio Bonino, ha parlato di un’azione disperata e ha ribadito che il personale penitenziario è intervenuto subito, ma senza riuscire a evitare il peggio.

Ora il corpo dell'uomo è sotto la giurisdizione dell’autorità competente, mentre le polemiche sulle condizioni del carcere si fanno sempre più roventi. Bonino ha puntato il dito contro lo stato della terza sezione, descrivendola come un’area insicura e fatiscente, una polveriera pronta a esplodere.

Struttura carceraria in condizioni critiche

La terza sezione del carcere di Capanne è da tempo un disastro annunciato. Infiltrazioni d’acqua, sporcizia ovunque, condizioni igieniche al limite della decenza. Una bomba a orologeria che ha trovato il suo tragico epilogo. Il segretario umbro del Sappe, Fabrizio Bonino, ha più volte alzato la voce su questo degrado, segnalando ripetutamente al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria la necessità di un cambio di rotta. I richiami, però, sono rimasti lettera morta.

Il sindacato ha più volte chiesto interventi strutturali per garantire condizioni di vita dignitose ai detenuti e un ambiente di lavoro accettabile per gli agenti. Nulla di tutto questo è stato fatto. Dopo l’ennesima visita ispettiva, il Sappe ha insistito affinché si riconsiderasse la gestione dell’istituto, perché continuare così significa giocare con il fuoco.

E di fuoco, stavolta, si è trattato davvero. Il segretario generale del Sappe, Donato Capece, ha espresso la frustrazione degli agenti, costretti a lavorare in un contesto insostenibile. E come se non bastasse, il giorno prima della tragedia si era tenuto un incontro con Antonio Bianco, direttore generale beni e servizi dell’amministrazione penitenziaria, per discutere delle falle strutturali del carcere. Un copione già visto: si denunciano i problemi, si promettono soluzioni, poi tutto resta uguale. Fino al prossimo dramma.

Allarme sovraffollamento nelle carceri umbre

Le carceri umbre sono un vaso traboccante, e il caso di Capanne ha solo versato un’altra goccia di benzina sul fuoco. Il sovraffollamento ha raggiunto livelli che vanno ben oltre il limite, con istituti che ospitano il 30% in più dei detenuti previsti. A Terni, ad esempio, il numero delle persone recluse ha abbondantemente superato la soglia massima, con oltre 500 presenze su una capienza di 422 posti.

Dopo l’ennesima tragedia dietro le sbarre, il Garante dei detenuti dell’Umbria, Giuseppe Caforio, si è mosso per sollecitare le istituzioni, chiedendo un intervento immediato al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Parole già sentite troppe volte, mentre le celle scoppiano e la tensione cresce.

La presidente della Regione, Stefania Proietti, ha parlato di una situazione fuori controllo, aggravata da anni di incuria, mancanza di personale e una gestione che non riesce più a tenere il passo con l’emergenza. Insieme alla sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, sta cercando di mettere in piedi un tavolo di emergenza, una soluzione che sa più di disperato tentativo di arginare il disastro che di vera svolta.

Caforio ha ricordato che quanto accaduto non è un fulmine a ciel sereno, ma l’ennesimo campanello d’allarme ignorato. Se non si interviene, questa potrebbe essere solo la prima di una lunga serie di tragedie.

AUTORE
foto autore
Francesca Secci
condividi sui social
condividi su facebook condividi su x condividi su linkedin condividi su whatsapp
ARTICOLI RECENTI
LEGGI ANCHE