Decrescita del PIL dell’Umbria: il segretario generale della CISL dell’Umbria, Angelo Manzotti, rilancia l’idea di un patto regionale. “È inutile piangersi addosso per i dati negativi dell’economia umbra. Piuttosto – attacca – dobbiamo agire e costruire un patto tra organizzazioni sindacali, parti datoriali e istituzioni”
La posizione della CISL dell’Umbria è chiara fin dal giugno di quest’anno. Quando Manzotti, riuniti gli stati generali del sindacato, aveva lanciato una proposta caduta però nel vuoto del dibattito regionale. Istituzioni, partiti politici, parti sociali, sembrano presi dal prossimo appuntamento elettorale delle Regionali. E dalle polemiche su quanto è stato realizzato e quanto resta ancora in agenda da completare o avviare.
Mancano, per il sindacato cattolico, azioni coerenti con la situazione regionale. Che richiede, a prescindere dalla conta nell’urna elettorale, uno scatto di fantasia. O, quantomeno, una ricetta innovativa per affrontare la crisi.
Manzotti (CISL): “Umbria in decrescita, fuga dei giovani, bassi salari da affrontare con gli strumenti europei”
“Decrescita del PIL, fuga dei giovani altamente formati dall’Umbria, bassi salari e pochi investimenti per favorire l’innovazione e il dovuto rispetto ambientale sancito nell’Agenda 2030. La situazione umbra trova come unico dato positivo quello dell’incremento dell’occupazione del 3 per cento rispetto al periodo pre Covid“.
Angelo Manzotti, segretario generale della CISL Umbria, nell’intervento in cui rilancia la proposta di un Patto di Territorio regionale, è deciso nel chiedere nuove politiche. Non si tratta di rinnovare o recuperare la stagione della concertazione. Ma per il sindacato servono politiche diverse, regole diverse di ingaggio tra gli attori territoriali e una maggiore partecipazione dei lavoratori, dei cittadini e delle organizzazioni.
“La strada indicata dalla CISL – continua il segretario umbro – è quella dell’utilizzo delle risorse messe in campo dall’Europa. I Fondi Comunitari e PNRR che vengono assegnati alla nostra regione. Un territorio definito dalla stessa Unione Europea come regione in transizione. Ma cosa vuol dire regione in transizione? Significa che alla decrescita del PIL, che è il risultato di una congiuntura negativa, si aggiungono una serie di fattori preoccupanti. Che rischiano di far scivolare l’Umbria in una condizione di maggiore povertà rispetto a quella che le famiglie stanno già affrontando“.
Le sfide dell’innalzamento dei salari, della lotta alla povertà del lavoro, della crescita dimensionale delle imprese
Le nuove sfide sono delineate dalle condizioni territoriali e dai dati analitici sull’economia umbra. A cominciare da un problema su tutti: quello dei bassi salari.
“Bassa retribuzione significa anche spendere meno e quindi recessione – spiega Manzotti -. Una recessione che si potrebbe arginare appunto con i Fondi Comunitari, ma anche evitando finanziamenti a pioggia e cercando di lavorare ad una produttività più elevata. Questo obiettivo è possibile solo attraverso investimenti che vadano ad incidere sul prodotto e sul processo produttivo. Questo in un contesto, quale l’Umbria, dove il lavoro è troppo povero: basti pensare che abbiamo le retribuzioni più basse d’Italia. A farne i conti sono soprattutto le donne e i giovani“.
Altro giro, altro problema e altra sfida da vincere. Quella della crescita dimensionale delle imprese. Rimaste nel novero delle micro e mini aziende perché per troppo bello si è inseguito il mito del “piccolo è bello“.
“Al nanismo delle imprese, dobbiamo rispondere con la politica delle aggregazioni e reti di filiera. Contestualmente ci vuole una politica della formazione. Supportata, come sta già avvenendo da qualche anno dall’università che sempre di più è attenta ai territori. E con una maggiore e migliore certificazione delle competenze. È finito il tempo del piangerci addosso – conclude il segretario umbro della CISL Angelo Manzotti -. È arrivato il momento dell’agire anche attraverso la partecipazione dei lavoratori alle decisioni delle imprese. In modo che tutti insieme si operi per il bene della nostra regione attraverso un Patto per la crescita e un lavoro stabile, dignitoso e ben contrattualizzato“.
I numeri dell’Umbria che allarmano la CISL regionale e che segnano l’arretramento economico
I dati più recenti sul PIL, diffusi da CGIA di Mestre e Svimez, evidenziano che l’Umbria è, insieme all’Abruzzo, l’unica regione ancora non ritornata ai livelli pre-Covid. L’Umbria fa segnare, infatti, un dato negativo nel confronto con gli ultimi 5 anni del -0,26 per cento. Addirittura, per lo Svimez, l’Umbria dovrebbe crescere di appena lo 0,3 per cento. Con percentuali inferiori alla media delle regioni del Centro e dell’Italia.
La Banca d’Italia, nel suo outlook annuale sull’economia regionale, ha evidenziato come dalla primavera dello scorso anno l’indicatore Regio-coin, che misura la dinamica di fondo dell’economia regionale, è entrato in territorio negativo. Sulle prospettive dell’economia regionale grava anche la negativa dinamica demografica in atto da circa un decennio, unita al progressivo invecchiamento della popolazione. Gli scenari di previsione dell’Istat prefigurano un’ulteriore intensificazione di questi fenomeni, che incidono sull’andamento dell’occupazione e del prodotto.