Siete pronti a intraprendere un viaggio affascinante, fatto di passione, dedizione e spirito di squadra? Un viaggio che parte dalle tranquille vallate umbre, dove il calcio si gioca ancora per strada, nei campetti di periferia e nei pomeriggi assolati tra amici, e arriva fino ai grandi stadi, dove ogni scelta, ogni parola e ogni sguardo possono fare la differenza. In questa terra dal cuore antico e dalla passione unica, sono cresciuti allenatori che, passo dopo passo, hanno saputo trasformare un sogno in una professione.
In questo articolo vi racconteremo le storie di quegli uomini che, nati o cresciuti tra borghi silenziosi e comunità genuine, hanno fatto della panchina il loro regno. Tecnici che hanno imparato presto il valore del sacrificio, la bellezza del gioco corale, l’importanza di saper guidare con intelligenza, empatia e visione. Alcuni di loro oggi calcano i palcoscenici più prestigiosi del calcio italiano e internazionale; altri continuano a far crescere giovani promesse nei campionati minori, con lo stesso entusiasmo del primo giorno. Dalla Serie A ai campionati dilettantistici, ogni storia è un intreccio di sogni, fatica e intuizione. Ma tutte parlano la stessa lingua: quella dell’Umbria, terra di silenzi eloquenti, di valori solidi, di una cultura sportiva che sa guardare lontano senza mai dimenticare da dove si è partiti.
Preparatevi a scoprire i loro volti, i loro percorsi, le sfide vinte e quelle ancora aperte. Perché l’Umbria, anche a bordo campo, sa coltivare talento, visione e cuore. E spesso, dietro ogni grande squadra, c’è un allenatore che porta con sé un pezzo di questa terra: discreta, tenace e sorprendentemente capace di arrivare lontano.
Nato a Perugia nel 1953, Luciano Mancini incarna alla perfezione quella figura di allenatore capace di unire umiltà, competenza e spirito di servizio. La sua carriera è un viaggio che parte dai campi della provincia umbra per arrivare – quasi in punta di piedi – a palcoscenici internazionali che pochi avrebbero immaginato. Ha mosso i primi passi da tecnico tra le realtà più autentiche della nostra regione, sedendosi sulle panchine di Todi, Città di Castello, Umbertide e Villabiagio, club in cui ha saputo costruire percorsi solidi, senza mai perdere di vista l’essenza educativa del calcio. Ma è stata la sua capacità di leggere oltre lo schema e di credere nel potenziale umano, prima ancora che tecnico, a spingerlo verso nuove sfide.
E così, quasi a sorpresa, Mancini ha attraversato i confini geografici e mentali del calcio locale per arrivare fino al Gambia, dove ha assunto il ruolo di commissario tecnico della nazionale femminile, lasciando un segno profondo non solo in termini tattici, ma anche come promotore di un’idea di sport che forma, sostiene e valorizza.
Oggi, tornato nella sua amata Perugia, continua a offrire il suo contributo prezioso guidando la formazione femminile del Perugia Women e la squadra Under 19 del club biancorosso, dimostrando ancora una volta che la passione non ha età e che il legame con la propria terra può essere il motore di una carriera lunga e ricca di significato.
C'è una linea sottile, ma tenace, che unisce i campetti di provincia alle panchine dei grandi stadi italiani. Giorgio Roselli, originario di Montone, piccolo borgo in provincia di Perugia, ne è l’incarnazione perfetta: un allenatore forgiato tra dedizione, umiltà e conoscenza profonda del gioco, che ha saputo costruire una carriera lunga e rispettata nel calcio professionistico.
Formatosi in un contesto solido e genuino, Roselli ha mosso i primi passi da tecnico con quello stile tutto umbro fatto di pragmatismo, lavoro quotidiano e attenzione per i dettagli. Con oltre 600 panchine collezionate tra Serie C e Serie B, è diventato nel tempo una figura di riferimento per molte realtà del calcio italiano.
Non solo per i numeri, ma per la costanza e la serietà che hanno sempre accompagnato il suo lavoro. Nel 2005–2006 ha avuto l’opportunità di guidare la Cremonese in Serie B, ma il suo nome è legato anche a club storici come Cosenza, Sambenedettese e il “suo” Gubbio, squadra con cui ha condiviso un tratto significativo della sua carriera.
Oggi, guardando al suo percorso, Giorgio Roselli rappresenta quella generazione di tecnici umbri che, senza mai dimenticare le proprie origini, ha saputo farsi largo tra le insidie e le sfide del calcio italiano. Un esempio concreto di come la passione, se guidata da competenza e perseveranza, possa condurre lontano. Anche partendo da un campo di Montone.
Nato a Perugia il 5 maggio 1958, Serse Cosmi è molto più di un allenatore: è un simbolo autentico del calcio vissuto con passione, cuore e appartenenza. Cresciuto nel quartiere di Ponte San Giovanni, dove ha insegnato educazione fisica e mosso i primi passi da tecnico, incarna come pochi altri l’anima viscerale dell’Umbria, quella che suda sui campi di provincia e sogna i riflettori dei grandi stadi.
Dopo una carriera da centrocampista nelle serie minori con realtà come Foligno ed Ellera, è proprio dalla panchina che Cosmi ha trovato la sua vera dimensione. Partendo dal basso, con umiltà e competenza, ha costruito il miracolo sportivo della Pontevecchio, che ha condotto in soli cinque anni dalle categorie regionali alla Serie D. Un percorso fatto di studio, dedizione e una capacità fuori dal comune di tirare fuori il massimo dai suoi uomini.
Ma il grande salto arriva nel 2000, quando viene chiamato a guidare il Perugia in Serie A. Sotto la sua guida grintosa e passionale, il Grifo conquista la Coppa Intertoto e si qualifica per la Coppa UEFA, riportando entusiasmo e orgoglio in una piazza affamata di calcio. Il suo modulo preferito, il 3‑5‑2, si adatta come un guanto al calcio moderno, trasformandosi con naturalezza in un 5‑3‑2 compatto o in un offensivo 3‑4‑1‑2, dimostrando intuizione tattica e flessibilità.
Famoso per i suoi cappellini – diventati un marchio di fabbrica, spesso parodiati da Maurizio Crozza – e per il suo stile schietto e sanguigno, Cosmi ha saputo lasciare il segno anche fuori dall’Umbria. Dalla Reggina all’Udinese, dal Brescia al Genoa, passando per Palermo, Livorno, Ascoli e il miracolo sfiorato con il Trapani, portato a un passo dalla Serie A nel 2015–2016: ovunque sia andato, ha portato con sé il cuore e la grinta della sua terra.
Oggi, seppur lontano dai campi di allenamento, Serse non ha mai smesso di far sentire la sua voce: tra apparizioni televisive, teatro, incontri con i giovani e iniziative culturali, continua a essere un punto di riferimento per chi vive il calcio con passione autentica. È rimasto profondamente legato alla sua Perugia, partecipando a eventi come UniverCity e offrendo il suo sostegno alle realtà sportive e culturali locali.
Serse Cosmi è, e resta, un uomo fuori dagli schemi. Un allenatore capace di emozionare prima ancora di vincere, di creare un legame viscerale con i tifosi e di portare, ovunque sia andato, un frammento pulsante dell’Umbria più vera. Un uomo che non ha mai dimenticato da dove è partito – e che, ancora oggi, non esclude un ritorno in panchina “se ci sarà un progetto che metta l’uomo al centro”.