C'è un'Umbria che si scopre lentamente, assaporandola. Un’Umbria fatta di borghi silenziosi, pietra viva e colline verdeggianti. Ma soprattutto, c’è un’Umbria che vive intorno al focolare: quel luogo simbolico e reale in cui la cucina si fa rito quotidiano, patrimonio di famiglia e specchio dell’anima più sincera del territorio. I secondi piatti umbri nascono proprio lì, tra le mura delle case contadine e le braci accese dei camini, dove il tempo sembra scorrere più lentamente e ogni gesto custodisce una sapienza antica. Arrosti, spezzatini, cacciagione e piatti a base di legumi o interiora: ogni portata è una storia di stagioni, di paesaggi e di gesti tramandati, di semplicità che si fa eccellenza.
In questo viaggio tra i sapori, vi porteremo alla scoperta di quei secondi piatti che non sono soltanto ricette, ma vere e proprie narrazioni a fuoco lento, capaci di raccontare l’Umbria più autentica, radicata e verace. Perché qui, in questa terra unica e affascinante, mangiare non è mai un atto banale: è un modo per ritrovare sé stessi e il legame con la propria terra.
Tra i piatti più emblematici della cucina umbra spicca il Friccò all’eugubina, autentica espressione della tradizione contadina e orgoglio culinario della città di Gubbio, uno dei borghi medievali più affascinanti dell’Italia centrale. Nato come pietanza povera, pensata per valorizzare al massimo le risorse a disposizione nelle cucine rurali, il Friccò è in realtà un piatto sorprendentemente ricco di gusto, capace di conquistare anche i palati più esigenti.
La ricetta, tramandata di generazione in generazione, prevede una lenta cottura in umido, generalmente di pollo, insaporito in casseruola con aglio, aceto, vino bianco e aromi mediterranei, arricchiti con l’aggiunta di filetti d’acciuga e salsa di pomodoro. Il risultato è un secondo piatto corposo e profumato, dove ogni ingrediente si fonde armoniosamente, restituendo alla carne una morbidezza e una profondità di sapore inconfondibili.
Uno degli aspetti più affascinanti di questa preparazione è la sua versatilità: oltre al pollo, non è raro trovare varianti a base di coniglio, agnello o oca, oppure un affascinante mix di carni che donano al piatto una complessità aromatica ancora più unica.
Tra i tesori gastronomici più autentici dell’Umbria, il Tegamaccio del Lago Trasimeno occupa un posto d’onore: una zuppa ricca e profumata, profondamente legata all’identità culinaria del territorio lacustre. Il suo nome curiosa deriva dal “tegamaccio”, un ampio recipiente in terracotta utilizzato per la lenta cottura del piatto, tradizionalmente effettuata su brace viva.
Gli ingredienti protagonisti provengono direttamente dalle acque del lago: tinca, anguilla, persico reale e luccio, pesci dalle carni compatte e saporite che si armonizzano perfettamente con un condimento rustico a base di pomodoro, aglio e peperoncino. A rendere ancora più speciale il Tegamaccio è la sua preparazione attenta e meticolosa, che impone di non mescolare né capovolgere il pesce durante la cottura, per conservarne intatta la consistenza.
Non meno importante è l’elemento che accompagna il piatto: pane tostato e aromatizzato all’aglio, disposto sul fondo del piatto prima del servizio, così da raccogliere i sughi densi e saporiti e offrire al palato un’esperienza completa, tra fragranze del lago e calore della tradizione.
Tra le pietanze che meglio raccontano l’anima rurale dell’Umbria, l’Impastoiata occupa un posto speciale. Piatto povero solo all’apparenza, racchiude in sé memoria, tradizione e sostanza, elementi cardine della cucina contadina umbra. Il suo nome, che deriva dal verbo “impastare”, fa riferimento all’incontro tra i due protagonisti assoluti della ricetta: la polenta di mais e i fagioli.
In un’epoca in cui la carne era un lusso, i contadini umbri sceglievano alimenti più accessibili ma altrettanto nutrienti, dando vita a piatti come questo, capaci di unire gusto e sostanza. La dolcezza ruvida della farina di mais si fonde con l’intensità terrosa dei legumi, creando un connubio unico e delizioso.
La preparazione dell’impastoiata è semplice, genuina e alla portata di tutti. Dopo aver lasciato i fagioli in ammollo per una notte intera, si procede con una lenta e paziente cottura, fino a renderli morbidi e saporiti. Nel frattempo, in una capiente pentola, si porta a ebollizione l’acqua salata e si versa la farina di mais “a pioggia”, mescolando con energia per ottenere una polenta liscia e cremosa, priva di grumi. A parte, un soffritto ricco e fragrante a base di lardo e verdure di stagione accoglie i fagioli lessati, che possono essere insaporiti ulteriormente con un velo di salsa di pomodoro, utile ad amplificarne il gusto e la rotondità. Una volta pronto, il tutto viene unito alla polenta calda, con una parte dei fagioli lasciata da parte per guarnire il piatto finale.