18 Apr, 2025 - 21:08

Crollo delle nascite in Umbria: i numeri che raccontano un cambiamento

Crollo delle nascite in Umbria: i numeri che raccontano un cambiamento

Negli ultimi quindici anni, il panorama delle nascite nel nostro Paese ha subito una trasformazione costante e profonda. Un'analisi pubblicata da Agenzia Umbria Ricerche, basata su dati Istat aggiornati al 2024, ricostruisce questa evoluzione con dovizia di numeri e prospettive. Non si tratta di un crollo improvviso, ma di un cambiamento graduale e persistente che si intreccia con fattori sociali, economici e culturali.

Natalità in discesa: i dati parlano chiaro

Nel 2008, il numero dei nuovi nati in Italia superava i 576 mila. Nel 2024 si è scesi a circa 369 mila. Una riduzione che, in termini percentuali, sfiora il 36%. In Umbria, la contrazione appare ancora più marcata: dai 8.271 del 2008 ai 4.725attuali, con un decremento superiore al 42%. Numeri che, più che gridare all'allarme, descrivono un mutamento ormai consolidato.

Guardando i dati raccolti da Agenzia Umbria Ricerche su base Istat, si nota come la curva sia progressiva e costante: nel 2000 i nati in Umbria erano 6.786, numero che cresce lentamente fino al picco del 2008, per poi scendere in modo continuo. La soglia dei 6.000 nati viene superata al ribasso per la prima volta nel 2016, e nel 2022 si scende sotto le 5.000 nascite annue. A livello nazionale, la traiettoria è analoga: da 543.039 nati nel 2000 si tocca il massimo nel 2008 con 576.659, per poi imboccare un declino fino ai 369.922 del 2024. In soli quindici anni, l'Italia ha perso oltre 206 mila nuovi nati l'anno.

Famiglie più piccole e figli unici: la nuova normalità

Oggi la maternità si colloca sempre più tardi nel ciclo di vita. L'età media al parto supera i 32 anni, con effetti diretti sulla struttura delle famiglie. I nuclei numerosi tendono a scomparire, sostituiti da modelli familiari più contenuti. In molte situazioni, il figlio unico diventa la scelta prevalente, quando non si opta per l'assenza totale di prole.

Genitori per scelta, non per dovere

La precarietà del lavoro, i redditi stagnanti e l’accesso limitato a servizi di supporto alla genitorialità rappresentano solo una parte del quadro. A queste si aggiunge una dimensione più profonda, legata alla percezione culturale del diventare genitori. Non più tappa obbligata, ma possibilità da valutare con attenzione. Un'opzione che comporta impegni irreversibili, in un’epoca in cui le scelte tendono a restare aperte e modificabili.

Cosa vogliono davvero le nuove generazioni

Secondo alcune ricerche recenti, si sta riducendo la quota di under 30 che immagina di avere figli in futuro. E anche tra chi mantiene questo proposito, diminuisce il numero ideale di figli desiderati. Cresce invece il numero di coloro che non vedono nella genitorialità un obiettivo di vita. Cambiano i valori, si ristrutturano le aspettative: maggiore attenzione all'indipendenza, alla flessibilità, alla qualità della vita.

La pandemia ha cambiato le priorità

Le conseguenze della crisi sanitaria globale hanno avuto un impatto anche su queste dinamiche. L’incertezza diffusa, la riorganizzazione delle priorità e il rafforzamento del desiderio di libertà individuale hanno inciso profondamente sulla disponibilità a intraprendere percorsi familiari tradizionali.

Il futuro secondo i giovanissimi

Una rilevazione Istat del 2023 sui minori mostra, tuttavia, che il desiderio di maternità e paternità non è scomparso. Il 69% degli adolescenti tra gli 11 e i 19 anni immagina una vita futura con figli, e oltre il 60% spera in una famiglia con almeno due bambini. Un segnale che suggerisce come la scelta di generare non sia stata cancellata, ma piuttosto rimandata, in attesa di condizioni più favorevoli e di una narrazione diversa dell’essere genitori.

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Francesca Secci
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