Non nega la crisi del commercio a Terni, l’assessore dell’amministrazione Bandecchi, Stefania Renzi. Ma ai microfoni di Tag24 Umbria invita a una riflessione più ampia sul settore, evitando di mischiare in un unico calderone le grandi catene e gli esercizi di vicinato. E spiega quali sono le mosse che vuole compiere per cercare di rivitalizzare il centro e per arginare la fuga dei piccoli esercizi. E per affrontare la crisi del modello della superfetazione degli ipermercati e dei centri commerciali, che ha contraddistinto gli ultimi decenni. In un’intervista a tutto campo sulle strategie di sviluppo commerciale di Palazzo Spada, apre anche le porte del Comune ai sindacati e ai lavoratori delle aziende in crisi. Mettendosi a disposizione per avviare un percorso di sostegno e di sinergia tra istituzioni e mondo del lavoro.

Assessore Renzi, partiamo da quest’ultima considerazione. Chiudono due grandi brand come Conbipel e Terranova, lasciando a casa i lavoratori. I sindacati, Filcams CGIL e Fisascat CISL, hanno chiesto l’interessamento delle istituzioni. Cosa risponde?
Rispondo che le porte del Comune sono aperte – dice la titolare della delega al commercio -. Non abbandoneremo nessuno. Per quanto nelle nostre possibilità saremo vicini ai lavoratori. Se i sindacati intendono coinvolgerci nel percorso di crisi, cercheremo di garantire il nostro sostegno nel limite dei poteri che ci vengono assegnati dalle leggi. Mi dispiace, da donna, che molte delle maestranze coinvolte in queste chiusure siano di genere femminile. Andranno distinte le varie situazioni e individuate le strade di ammortizzazione sociale più adeguate per ogni singola situazione. C’è chi, magari, è prossimo al pensionamento e chi, invece, ha davanti a sé molti anni ancora di lavoro. La situazione mertita un approfondimento e la vicinanza delle istituzioni“.

Crisi del commercio: sullo sfondo il fallimento del modello delle grandi superfici diffuse

Lei invita a una distinzione tra chiusure delle grandi catene e cessazioni del piccolo commercio. Quali sono le differenze?

Viviamo una crisi del commercio diffusa in tutto il territorio nazionale. Ci sono state le ondate di chiusure per la concentrazione degli esercizi nelle gallerie dei grandi centri commerciali. E poi per lo sviluppo impetuoso del commercio online. Oggi a Terni viviamo anche un’altra particolarità. Il fallimento del modello sostenuto per almeno due decenni di consentire e in alcuni casi di favorire la nascita di grandi superfici commerciali diffuse su tutto il territorio comunale. Questo modello ha portato a un’inflazione delle strutture di vendita. A un vero e proprio accesso di offerta. Che fagocita prima di tutto sé stessa. Il caso Conbipel è emblematico“.

Perché lo ritiene un caso rappresentativo?

Beh, finché nella galleria commerciale c’era solo quel negozio, la tenuta economico-finanziaria era garantita. Con l’apertura del raddoppio del centro commerciale è arrivata una concorrenza diretta, con le stesse tipologie di offerta. E il negozio è andato in crisi. Le catene che controllano questi esercizi guardano i conti e i numeri. Se non riesci a rispettare questi parametri, chiudono e si concentrano in aree a maggiore redditività. E non ci sono gli strumenti per impedirlo. Siamo in un regime di libero mercato“.

Ha invitato anche a distinguere le chiusure all’interno dei centri commerciali da quelle nel centro storico. Quali differenze ci sono?

Sui centri commerciali e l’eccesso di offerta ho già detto. In centro, invece, chiudono attività mature. Che dopo il Covid non sono riuscite a rialzarsi e recuperare il giro d’affari precedente. È il caso di Terranova e di un altro esercizio dello stesso gruppo che hanno chiuso le saracinesche. Però vedo fermento. Spesso c’è sostituzione di esercizi. Dobbiamo abituarci a non considerare più le attività commerciali come immortali“.

Le iniziative per il centro cittadino e il dialogo con le associazioni

Insomma, dobbiamo abituarci a un turnover degli esercenti e a un nuovo modello di convivenza tra grandi catene e strutture di vicinato?

Non è Stefania Renzi a dirlo, sono i fatti. Il mondo del lavoro è cambiato. Dopo qualche anno questi gruppi valutano risultati e collocazione territoriale. E quando le cose non vanno decidono di spostarsi in altre città. Chi lavora con questi operatori, deve prendere coscienza che il posto può non durare fino al pensionamento. Ma che a un certo punto può succedere di dover cambiare datore di lavoro. Ci sono passata io stessa. L’importante è avere un ambiente che favorisca il cambiamento e la ricollocazione“.

Cosa volete fare per raggiungere questo obiettivo?

Qualificare il centro cittadino e favorire politiche di sviluppo commerciale. Dialoghiamo con le associazioni e puntiamo a generare eventi, iniziative e festival che attraggano le persone, i consumatori, sul territorio comunale. Rendere la città attrattiva fa bene non solo al centro storico, ma anche alle tante località turistiche del nostro Comune. A volte si sviluppano per settimane polemiche provinciali, che non aiutano in questo sforzo. E che vengono cavalcate solo per finalità politiche. Fa notizia chi chiude, ma se aprono esercizi qualificati nessuno ne parla. Ho letto su Tag24 Umbria della pasticceria Fabula, in un altro media di un’imprenditrice che ha rinunciato al posto fisso per aprire un negozio. Sono esempi virtuosi che andrebbero sottolineati“.

Hanno chiuso anche marchi storici del commercio locale. Imprese familiari radicate nel tessuto cittadino…

Un conto è fotografare e raccontare la crisi del commercio, che ripeto è un fenomeno nazionale. Un altro utilizzare storie diverse per creare la polemica contro il Comune. Ripeto: le catene chiudono per motivi di redditività. E spesso vengono sostituite da altri brand. I piccoli, invece, chiudono per motivi diversi: magari perché non c’è stato il ricambio generazionale. Magari perché l’attività è matura. Per errori dell’imprenditore. Perché la sua categoria merceologica non interessa più al consumatore. Per la concorrenza del centro commerciale o dell’online. Bisogna favorire il ricambio e aiutare chi ha coraggio a investire. Mischiare tutto è strumentale“.