Un’inchiesta dirompente scuote l’Alta Umbria e mette in luce un presunto intreccio tra affari e corruzione legato all’appalto sulla gestione dei rifiuti. Sotto i riflettori, Cristian Goracci, ex amministratore di Sogepu, e Antonio Granieri, amministratore della Ece.
La Procura di Perugia ha chiesto e ottenuto per entrambi gli arresti domiciliari, all’interno di un’indagine su una maxi tangente da 750 mila euro. L’appalto in questione, del valore di oltre 350 milioni di euro, riguarda la gestione dei rifiuti urbani in 14 comuni dell’Alto Tevere.
Corruzione rifiuti in Umbria: il retroscena di un sistema corrotto
L’inchiesta della Procura di Perugia, condotta dal procuratore Raffaele Cantone e dal pm Paolo Abbritti, ha portato alla luce un meccanismo corruttivo che coinvolge due importanti attori del settore. Goracci, quando era alla guida di Sogepu, avrebbe ricevuto circa 700 mila euro dalla società Ece, sotto la falsa veste di consulenze mai realmente eseguite. Quei soldi, secondo l’accusa, sarebbero serviti per agevolare la partecipazione di Ece all’appalto. Quest’ultimo poi successivamente vinto da Sogeco, società di cui Ece detiene la maggioranza con il 51% delle quote. Un classico esempio di come il confine tra pubblico e privato possa essere abilmente manipolato, celando dietro operazioni legittime uno schema di corruzione.
Antonio Granieri, amministratore di Ece, è descritto come la mente di questa operazione. Con la sua leadership, Ece è riuscita a posizionarsi strategicamente per ottenere un appalto di proporzioni enormi, lasciando ben pochi dubbi sulle modalità con cui si è arrivati a questo esito. Gli inquirenti hanno definito questa una delle più gravi vicende di corruzione recente, soprattutto per l’entità delle somme coinvolte e per la rilevanza dell’appalto pubblico.
Natalia Giubilei, la giudice per le indagini preliminari che ha firmato le misure cautelari, ha motivato gli arresti domiciliari con un rischio concreto: quello della reiterazione del reato. Gli elementi emersi durante l’inchiesta hanno evidenziato un sistema ben rodato, capace di operare nuovamente se non fermato tempestivamente. Gli indagati sono stati descritti come pienamente consapevoli delle dinamiche corruttive, con una capacità di controllo tale da poter replicare quanto accaduto. Questo ha spinto il gip a optare per i domiciliari, al fine di interrompere qualunque possibilità di azione futura, pur mantenendo le indagini in corso.
La posizione di Massimiliano Nebbiai
Non solo Goracci e Granieri. L’indagine ha coinvolto anche Massimiliano Nebbiai, imprenditore di Montone, accusato di aver versato una tangente di 36 mila euro per ottenere un appalto minore da 300 mila euro, relativo alla fornitura di cestini pubblici per la raccolta dei rifiuti. Tuttavia, la sua posizione sembra più sfumata rispetto a quella dei due principali indagati. La Procura ha infatti rinunciato alla richiesta di arresto per Nebbiai, in quanto l’imprenditore ha abbandonato tutte le sue cariche e ha richiesto l’accesso a riti alternativi. Questa mossa è stata interpretata come un tentativo di collaborare e chiudere rapidamente la propria posizione nell’indagine.
Una denuncia anonima che ha dato il via all’indagine
La scintilla che ha acceso l’inchiesta è stata una denuncia anonima, una soffiata che ha messo la Procura di Perugia sulla pista giusta. Le informazioni contenute nella denuncia hanno rivelato come dietro le assegnazioni degli appalti per la gestione dei rifiuti ci fosse un sistema ben organizzato di tangenti. La segnalazione, descritta dagli inquirenti come “particolarmente precisa e dettagliata”, ha portato all’apertura del fascicolo su Goracci, considerato una figura di spicco nel tessuto politico e sociale di Città di Castello.
Goracci avrebbe continuato a giocare un ruolo chiave nel settore pubblico, sfruttando la sua posizione per garantire consulenze fasulle e incassare denaro per servizi mai svolti. Gli inquirenti hanno ricostruito un giro di affari che comprende consulenze per un totale di 750 mila euro, somma che rappresenterebbe, secondo l’accusa, il prezzo pagato per la “disponibilità” delle sue funzioni pubbliche. Questa somma è stata fatturata, ma mai effettivamente giustificata con attività concrete.
Il fulcro di tutto è un contratto di proporzioni gigantesche: la gestione dei rifiuti urbani in 14 comuni dell’Alto Tevere, per un periodo di 15 anni, a partire dal 2023. Il valore dell’appalto supera i 350 milioni di euro e, secondo quanto sostenuto dall’accusa, la gara sarebbe stata fortemente influenzata da Goracci. La sua posizione gli avrebbe permesso di orchestrare l’assegnazione del bando a Sogeco, la società controllata da Ece, in cambio della tangente milionaria. Un’operazione che, se confermata, getterebbe un’ombra pesante non solo sui protagonisti della vicenda, ma sull’intero sistema di gestione dei rifiuti in Umbria.