17 Apr, 2025 - 22:00

Errore medico fatale: confermata la condanna per la morte della pm Giulia Cavallone

Errore medico fatale: confermata la condanna per la morte della pm Giulia Cavallone

La Corte d’Appello di Perugia ha confermato la condanna alla specialista che visitò Giulia Cavallone, la magistrata scomparsa a 36 anni per un melanoma mai diagnosticato. Un responso che mette il sigillo su una vicenda drammatica, dove un controllo dermatologico banale si è trasformato nel punto di partenza di una tragedia. Nessun campanello d’allarme, nessun approfondimento clinico, nessuna fretta. E oggi, quella leggerezza pesa come una sentenza.

Melanoma scambiato per verruca: i dettagli sulla diagnosi mancata

Il collegio giudicante ha respinto il ricorso presentato dalla difesa della dermatologa, accogliendo pienamente la linea sostenuta dal procuratore generale Paolo Barlucchi e dai legali della famiglia della vittima, Stefano Maccioni e Nicola Di Mario. L'imputata aveva diagnosticato come innocua una lesione cutanea che si trovava sulla gamba sinistra della giovane magistrata, definendola una "verruca seborroica". Successivi accertamenti hanno invece rivelato che si trattava di una forma aggressiva di cancro della pelle, un melanoma nodulare con ulcerazione.

Due visite e nessun allarme: il comportamento della dermatologa sotto accusa

La paziente si era rivolta alla specialista per due consulti: il primo nel novembre del 2013, il secondo nel giugno dell’anno successivo. In entrambe le circostanze, ricevette rassicurazioni e nessun approfondimento strumentale fu prescritto. Nessun prelievo, nessuna biopsia, nessuna urgenza nell’invio a uno specialista oncologico. Un comportamento omissivo che, secondo i giudici, ha impedito una diagnosi precoce e interventi tempestivi. Quando, nel 2014, fu finalmente asportata la lesione presso l’ospedale San Camillo, il verdetto fu inequivocabile: melanoma maligno ulcerato. La patologia, ormai in fase avanzata, aveva già compromesso diversi organi, tra cui cervello, fegato e polmoni. La giovane magistrata è morta il 17 aprile 2020.

Il tumore si diffonde agli organi: la lunga battaglia oncologica della magistrata

Un dettaglio emerso in sede processuale ha confermato quanto il ritardo diagnostico abbia inciso sulla prognosi. Il primo segnale d’allarme arrivò quando Cavallone, rientrata in Italia da Parigi dove era impegnata con un dottorato, fissò un controllo dermatologico l’11 novembre. Abituata a monitorare la propria pelle dopo l’asportazione di altri nei, si presentò dalla specialista con l'intenzione di verificare un’anomalia sul polpaccio. Nonostante il cambiamento visibile della lesione, anche durante l’ultima visita del giugno 2014 — in concomitanza con l’esame in magistratura — ricevette rassicurazioni. Le venne suggerito di contattare un altro medico, a Parigi, ma senza alcuna urgenza. Fu proprio quest’ultimo, il dottor Walter Adabbo, a sollevare il sospetto clinico di melanoma, inducendo l'intervento chirurgico d’urgenza del 7 luglio 2014.

Dopo l’intervento, Cavallone intraprese un percorso terapeutico complesso, che prevedeva anche farmaci oncologici. Ma il carcinoma, ormai in fase avanzata, aveva già aggredito numerosi organi, compresi cervello, cuore, polmoni e fegato. Le metastasi si erano diffuse anche a livello gastrointestinale e linfonodale, rendendo inefficaci le cure tentate. La giudice aveva comunque deciso di proseguire con l’azione legale contro la dottoressa che l’aveva in precedenza rassicurata, con l’obiettivo di prevenire nuovi errori diagnostici.

Perizia medica: il ritardo diagnostico ha ridotto l’aspettativa di vita

Durante il procedimento d'appello, avviato a luglio dello scorso anno, è stata disposta una nuova analisi medica affidata al medico legale Paolo Fais e all'oncologo Maximilian Papi. I due consulenti nominati d'ufficio hanno evidenziato che la tardiva individuazione della patologia ha avuto un ruolo chiave nell'aggravarsi delle condizioni della paziente. Le loro conclusioni hanno rafforzato la versione della pubblica accusa, conducendo alla conferma della condanna a otto mesi per omicidio colposo.

Secondo quanto scritto nel dispositivo, la diagnosi errata ha privato la magistrata di dieci anni di vita. Per il gup, se la lesione fosse stata trattata tempestivamente già nel dicembre 2013, la malattia non avrebbe avuto modo di svilupparsi in maniera letale.

L’opinione degli esperti: “Serve sempre l’esame istologico”

Il caso ha sollevato anche un confronto nel mondo medico. Franco Rongioletti, direttore dell’unità di dermatologia clinica del San Raffaele di Milano, ha commentato la vicenda, sottolineando come, sebbene in rari casi melanoma e verruca possano apparire simili, la regola dovrebbe sempre essere quella di rimuovere la lesione e sottoporla ad accertamento istologico. “È capitato anche a me di trovarmi davanti a casi in cui un’escrescenza sembrava una cheratosi, ma solo l’analisi al microscopio ha svelato la vera natura della formazione”, ha dichiarato al Corriere della Sera. Secondo Rongioletti, l'errore è stato nel non procedere con l’asportazione immediata, una scelta che avrebbe potuto fare la differenza.

“Non succeda ad altri”: la famiglia Cavallone tra dolore e impegno civile

I congiunti della magistrata, presenti in aula per tutte le udienze, hanno espresso dolore e determinazione nel proseguire le iniziative in memoria della giovane, anche attraverso campagne dedicate alla prevenzione oncologica. In aula, hanno dichiarato: "Quanto accaduto a Giulia non debba ripetersi".

Una vita tra i tribunali e l’impegno civile: chi era Giulia Cavallone

Giulia Cavallone, figlia del magistrato Roberto Cavallone, attuale procuratore generale presso la Corte d'appello della Capitale ed ex titolare dell'indagine supplementare sull'omicidio di Simonetta Cesaroni in via Poma, aveva continuato a esercitare la sua attività professionale anche durante la malattia. Tra le ultime udienze che aveva presieduto, c'è quella del 26 febbraio 2022, tenutasi a porte chiuse, relativa al processo nei confronti di otto militari coinvolti nelle indagini sul caso Cucchi, accusati di falsi e depistaggi.

AUTORE
foto autore
Francesca Secci
condividi sui social
condividi su facebook condividi su x condividi su linkedin condividi su whatsapp
ARTICOLI RECENTI
LEGGI ANCHE