Quando pensate all’Umbria, vi tornano forse alla mente le sue colline morbide, i borghi silenziosi che profumano di storia, la spiritualità che abita ogni pietra. Una terra che sa di tradizione, di arte e di lentezza. Eppure, sotto questa superficie gentile, pulsa da sempre una forza meno visibile ma altrettanto potente: quella del pensiero scientifico. Sì, perché l’Umbria non è solo patria di poesia, natura e bellezza: è anche terra di menti illuminate, di uomini e donne che hanno saputo intrecciare il legame profondo con il proprio territorio a una visione ampia, lungimirante, capace di superare confini e sfidare il tempo. Scienziati, medici, ricercatori, innovatori: figure che, partendo da piccoli centri o da aule universitarie immerse nel verde, hanno dato — e continuano a dare — un contributo prezioso all’avanzamento della conoscenza.
In questo articolo vi porteremo con noi in un viaggio diverso, fatto non di paesaggi ma di storie, volti, idee. Perché c’è un’Umbria che non si racconta con cartoline ma con scoperte, che non si misura in silenzi ma in idee. È l’Umbria che vive nei laboratori, negli ospedali, nei centri di ricerca: una regione discreta ma instancabile, che coltiva la scienza con la stessa cura con cui custodisce le proprie radici. Seguiteci, allora: con l’Umbria nel cuore e la scienza nel sangue, vi condurremo alla scoperta di un patrimonio umano straordinario.
C'è qualcosa di poetico nel pensare che una delle più grandi studiose di insetti d’Europa sia nata tra le colline silenziose dell’Umbria, in una frazione rurale alle porte di Perugia. Maria Matilde Principi nasce a San Mariano nel 1915, in un’Italia che si stava lentamente aprendo alla scienza e al progresso. Eppure, già da giovane, la sua attenzione era rivolta a quel microcosmo brulicante e misterioso che vive sotto i nostri occhi: il mondo degli insetti.
Si laurea in Scienze Agrarie all’Università di Perugia nel 1937, con una tesi pionieristica dedicata proprio agli insetti della sua terra, gettando le basi di un percorso scientifico che non solo l’avrebbe portata lontano geograficamente, ma l’avrebbe proiettata ai vertici dell’entomologia internazionale. Chiamata all’Università di Bologna dal celebre entomologo Guido Grandi, Maria Matilde diventa ben presto un punto di riferimento nella disciplina. Ricercatrice rigorosa, appassionata e instancabile, ha diretto per oltre trent’anni il Dipartimento di Entomologia, formandone l’identità e contribuendo alla crescita di generazioni di scienziati.
Il suo lavoro, basato su uno studio meticoloso dei neurotteroidei e di numerose altre famiglie di insetti, ha avuto un impatto fondamentale in ambito agricolo, ecologico e sistematico. Le sue pubblicazioni – oltre cento – hanno aperto nuove strade nella lotta integrata ai parassiti, nel rispetto della biodiversità e degli equilibri naturali. Ma oltre al rigore scientifico, c’è sempre stata anche una profonda curiosità, quella capacità di osservare la natura senza pregiudizi, con occhi nuovi, come si fa con un libro ancora da leggere.
Nonostante i suoi meriti accademici e i numerosi riconoscimenti (tra cui l’ammissione in prestigiose istituzioni scientifiche come l’Accademia dei Georgofili e l’Accademia delle Scienze di Bologna), Maria Matilde Principi è sempre rimasta una figura sobria, lontana dai riflettori, profondamente legata alle sue origini umbre. Questo legame autentico si è trasformato in un’eredità culturale e scientifica duratura: nel 2010, in suo onore, è stata dedicata una nuova specie di formicaleone, Myrmeleon mariaemathildae, a testimonianza della sua instancabile passione per la ricerca e della sua dedizione ineguagliabile.
Originario di Narni, Primo Dorello è una figura imprescindibile nella storia della medicina italiana e internazionale. Nato nel 1872, la sua passione per lo studio del corpo umano lo portò a laurearsi in Medicina e Chirurgia all’Università di Roma nel 1897, dove iniziò anche la sua carriera accademica focalizzandosi sull’anatomia, con un’attenzione particolare alla neuroanatomia e all’otorinolaringoiatria. È proprio in questi ambiti che Dorello lasciò un’eredità duratura: nel 1905 descrisse per la prima volta quella che oggi è conosciuta come il “canale di Dorello”, una piccola ma fondamentale struttura anatomica nel cranio che ospita il nervo abducente e il seno petroso inferiore. Questa scoperta ha rappresentato un tassello fondamentale per la comprensione di diverse patologie legate all’orecchio medio e al sistema nervoso, confermando la sua fama di studioso meticoloso e innovativo.
Nel 1926 Dorello approdò all’Università di Perugia come professore ordinario di Anatomia Umana, ruolo che mantenne fino al 1946. Qui non solo portò avanti le sue ricerche, ma contribuì con dedizione alla formazione di numerose generazioni di medici, lasciando un segno indelebile nel panorama accademico umbro e italiano. Ma Primo Dorello non era solo uno scienziato. La sua sensibilità artistica lo spinse a coltivare una grande passione per la fotografia stereoscopica, documentando attraverso oltre 1600 lastre di vetro i paesaggi, le città e la vita quotidiana dell’Umbria nei primi decenni del Novecento. Queste immagini, oggi conservate presso l’Archivio di Stato di Terni, sono un prezioso patrimonio storico e culturale, a testimonianza del suo amore profondo per la sua terra natale.
Primo Dorello incarna perfettamente quel connubio tra radici profonde e orizzonti ampi, tra amore per la propria terra e ambizione scientifica. È la dimostrazione che anche dalle piccole realtà umbre possono nascere menti capaci di illuminare il mondo intero, lasciando un’eredità che vive ancora oggi, nelle aule, nei libri e nel cuore di chi ama la scienza e l’Umbria.
Nato a Roma nel 1939, Vincenzo Aquilanti è senza dubbio uno dei chimici italiani più influenti e apprezzati a livello internazionale della sua generazione. La sua storia professionale si intreccia profondamente con l’Umbria: nel 1968 sceglie Perugia come sua casa scientifica, diventando professore ordinario di Chimica Generale e Inorganica, incarico che ha ricoperto fino al 2010. Da allora, come professore emerito, continua a essere una presenza attiva e stimolante nel panorama della ricerca.
Il contributo scientifico di Vincenzo Aquilanti ha trasformato il modo in cui oggi comprendiamo e studiamo le collisioni molecolari, grazie all’introduzione di metodologie quantomeccaniche all’avanguardia. Tra i suoi risultati più significativi spicca lo sviluppo di sofisticati strumenti analitici e algoritmi, ormai divenuti fondamentali nel campo della chimica teorica. In particolare, l’introduzione innovativa delle coordinate e armoniche ipersferiche ha rappresentato un punto di svolta: un approccio che ha consentito di descrivere con straordinaria precisione fenomeni complessi come l’accoppiamento dei momenti angolari e di spin con quelli elettronici, rotazionali e orbitalici. Un lavoro che ha aperto nuove e promettenti prospettive nella comprensione più profonda della chimica fisica, ampliandone gli orizzonti teorici e applicativi.
Il campo di applicazione delle sue ricerche è vasto e multidisciplinare: dalla chimica delle radiazioni alla reattività ionica, fino agli studi pionieristici sull’origine collisionale della chiralità molecolare. Il suo lavoro ha attraversato confini geografici e culturali, grazie a collaborazioni con laboratori in Italia, Taiwan e Giappone, contribuendo a creare una rete scientifica internazionale di altissimo livello.
Oltre ai prestigiosi incarichi accademici, come la nomina a membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei e dell’Accademia dei XL, Vincenzo Aquilanti ha dedicato grande attenzione alla formazione di nuove generazioni di ricercatori, promuovendo un ambiente scientifico aperto, dinamico e internazionale.