Occupazione in affanno in Umbria nel settore del commercio. Ma mentre Terni cresce (nonostante una narrazione da crisi nera), Perugia arretra sensibilmente. La flessione in provincia di Perugia ferma, infatti, la crescita dell’occupazione nel commercio umbro. In un anno, in tutta la regione, si sono persi 387 addetti. Frutto del calo di 557 addetti in provincia di Perugia e dell’aumento di 170 in quella di Terni.

Il dato emerge dal report della Camera di Commercio dell’Umbria, che fa il punto sul 2024. Prosegue, invece, inesorabile la riduzione del numero delle imprese attive del settore. In un anno se ne sono perse 586, con il calo più forte nella provincia di Perugia (-457, -3,3%) rispetto a quella di Terni (-129, -2,6%).
Tra i motivi potrebbe esserci la fine della coda della forte ripresa post Covid e la conseguente decelerazione della crescita economica e dei consumi. Un trend ultradecennale che vede sparire soprattutto gli esercizi più piccoli.
La riduzione, peraltro, nell’ultimo anno è stata particolarmente severa per i negozi in cui lavora solo il titolare, che sono scesi di ben il 23,6% (-455 esercizi). Un problema che colpisce anche e soprattutto i negozi di prossimità, determinando un impatto sociale molto forte, come rilevato dal Centro studi Tagliacarne nell’ambito del progetto Urban Pulse 15.

Occupazione nel commercio in Umbria: i dati sui negozi di vicinato e gli esercizi dei centri storici

A causa della desertificazione e dell’overtourism – afferma il Centro studi Tagliacarne nell’ambito del progetto Urban Pulse 15 – i piccoli negozi, come panettieri e macellerie, stanno drasticamente diminuendo nei centri storici, dove sembra difendersi solo la ristorazione”.

Il progetto calcola la quota di popolazione in grado di raggiungere in 15 minuti a piedi almeno un negozio della grande distribuzione organizzata (iper e supermercati, discount e minimarket) o del piccolo commercio al dettaglio. La provincia di Perugia è quart’ultima tra tutte quelle del Centro Italia. Peggio fanno solo Frosinone, Siena e Rieti. Perugia si posiziona al numero 98 su 108 province, Terni si piazza invece 74esima.

In pratica, solo un umbro su tre (soprattutto in provincia di Perugia) può fare spesa raggiungendo a piedi in un quarto d’ora un esercizio nella grande distribuzione. Mentre, per quanto riguarda i negozi di prossimità, vi si può recare nello stesso tempo solo uno su quattro.

Il passaggio generazionale e la desertificazione dei negozi più piccoli in prospettiva decennale

La strutturale caduta degli addetti familiari non è più compensata, come avveniva negli anni scorsi, dall’aumento degli addetti dipendenti, che lavorano nell’impresa e non fanno parte della famiglia. L’imprenditore e i suoi familiari, parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado del titolare dell’impresa, si riducono per la chiusura dei negozi più piccoli. Se ne sono persi in un anno altri 585.

La flessione dell’occupazione del commercio in Umbria si concentra in provincia di Perugia. Dove sono stati persi 291 addetti familiari e 266 addetti dipendenti, per un calo totale di 557 addetti. Mentre in provincia di Terni gli addetti familiari tengono (+5) e quelli dipendenti crescono di 165, per una crescita totale di 170 addetti.
Il trend ultradecennale, come detto, vede sparire soprattutto gli esercizi più piccoli. Questi, considerando gli esercizi fino a un addetto, sia familiari che non, sono scesi nel secondo trimestre 2024, rispetto allo stesso periodo 2023, di 585 unità. Con una contrazione di ben il 4,7%. La riduzione, peraltro, nell’ultimo anno è stata severa per i negozi in cui lavora solo il titolare, che sono scesi di ben il 23,6% (-455 esercizi).

Da notare che le otto imprese con oltre 500 dipendenti operanti in Umbria occupano da sole 9.663 addetti dipendenti, il 16,8% del totale degli addetti del commercio nella regione.

Da considerare anche che alcuni numeri del report fanno pensare a particolari problemi di passaggio generazionale nel settore umbro del commercio. Ad esempio, il fatto che, nel decennio, il numero delle imprese in cui lavora il solo titolare tiene bene (passano da 1.405 a 1.474). Contrariamente a quanto avviene per le altri classi dimensionali delle piccole e micro imprese, si può spiegare con il fatto che il titolare che aveva prima in bottega uno o due familiari è rimasto da solo a continuare l’attività perché magari i figli hanno preso altre strade e non si profila alcuna nuova sostituzione.

Mencaroni (Camera di commercio dell’umbria): “Commercio in trasformazione, la crescita si è fermata”

La trasformazione del commercio in Umbria emerge con chiarezza dal report dell’Ente camerale – dice Giorgio Mencaroni, Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria -. Nel 2024, si registra una battuta d’arresto soprattutto a Perugia, dopo la crescita degli anni scorsi. Il punto strategico chiave è comunque, a livello regionale umbro, una programmazione che accompagni tale trasformazione . Garantendo la libera concorrenza ma tutelando anche alcuni presidi, a partire dagli esercizi commerciali di prossimità. Questi esercizi servono, in particolare per gli anziani e altre categorie fragili. Perdendoli di mina la coesione sociale e la vivibilità dei territori“.

Secondo Mencaroni, tra i motivi dell’affanno registrato in provincia di Perugia e che in manda in negativo il risultato regionale nonostante la crescita registrata nel Ternano, potrebbe esserci la fine della coda della forte ripresa post Covid e la conseguente decelerazione della crescita economica e dei consumi.

È fondamentale – conclude il Presidente – una pianificazione urbanistica che porti a concretizzare l’obiettivo La città a 15 minuti. Ossia un modello di pianificazione urbanistica che abbia come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita delle persone. Dando loro modo di gestire al meglio tempo e risorse. Su questo in Umbria c’è ancora molto da lavorare”.