Dall’idea di un restyling dell’ospedale di Terni, formulata a maggio dagli ex direttori Giovannini e Ruscica, è nato a Terni un Comitato per la difesa e il rilancio del nosconomio di Colle Obito. Che si è presentato alla città, rilanciando un progetto che aveva già diviso la politica. A guidare il Comitato di scopo, l’ex assessore regionale Federico Di Bartolo con Gianni Giovannini, ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera, nel ruolo di vicepresidente. Nel consiglio di gestione del Comitato Sergio Angeletti, Pietro Calisti, Sandro Corradi, Gianni Nullo e Roberto Ruscica.
L’idea al centro resta la stessa. Perfezionata, migliorata, limata. Quella di un ospedale completamente pubblico, rinnovato e sostenibile. Realizzato, per cominciare, con i fondi a disposizione della Regione dell’Umbria. Quei 116 milioni di euro che la governatrice Tesei ha più volte rivendicato. Ma che non sono sufficienti a mettere in campo due delle ipotesi sul tavolo politico. La prima, quella del project financing, che i promotori del Comitato vedono come il diavolo. Da combattere con ogni tipo di esorcismo. La seconda, quella del prestito da contrarre con Inail, che secondo loro è una specie di surrogato del project financing. Da scansare come un pericoloso trappolone finanziario.
Cosa rimane? I 116 milioni della Regione, appunto, e la possibilità che il territorio rivendichi denaro dallo Stato, come è avvenuto in tante città italiane. Per esempio a Cremona. Dove i soldi sono stati trovati (circa 400 milioni, ndr) e sono atterrati, per non distrarre risorse dalla spesa corrente necessaria a finanziare i servizi sanitari.
Il progetto del Comitato per l’ospedale di Terni: un nuovo blocco da 280 posti con costi sostenibili
L’alternativa – definita dai promotori – concreta a costi sostenibili, consiste nella realizzazione di un nuovo blocco polifunzionale su un’ampia area adiacente all’attuale complesso sanitario. Si tratta di una zona non occupata da servizi sanitari strategici, vicina al lato Sud e posta di fronte alla principale area di parcheggio.
Il nuovo Blocco Sud (oltre 16 mila mq di superficie e cinque piani fuori terra), sarebbe sviluppato in altezza fino al terzo piano del complesso attuale. E connesso a un parcheggio multipiano da un percorso coperto. Andrà destinato a nuovo ingresso principale, ambulatori e degenze. La fusione tra il nuovo blocco ed il complesso esistente viene garantita da due bretelle di collegamento pluripiano. Che raccordano e razionalizzano la maglia di tutti gli altri percorsi, a partire da quelli dell’emergenza-urgenza.
Quattro piani del Nuovo Blocco sono destinati ad un totale di 260-280 posti letto, allocati in camere dal comfort molto elevato. La metà delle camere delle attuali ali di degenza, riutilizzate solo fino al terzo piano, viene convertita a unico posto letto. Le altre a non più di due. la dotazione totale di posti-letto dell’ospedale resterebbe allineata alla programmazione regionale (circa 500 posti).
Prevista anche una nuova Area ambulatoriale (2.300 mq) e un ampliamento del Pronto Soccorso di 800 mq.
No alla finanziarizzazione della costruzione del nuovo ospedale: “Le alternative sono trappole di debito”
“Bisogna uscire dalla logica dell’ospedale a debito – dice Di Bartolo, presentando il progetto -. La finanziarizzazione dell’operazione equivale a un suicidio per la comunità. Per ripagare il debito sarebbe necessario ottenere utili da servizi ospedalieri che sono impossibili da realizzare. Il fine ultimo dei progetti basati sull’indebitamento, project financing e mutuo Inail, è quello di garantire ritorni ai promotori con fondi del Servizio sanitario regionale e nazionale. Che sono gli ultimi garanti di questo tipo di operazione di finanza creativa“.
La disamina dei rischi è affidata a Gianni Nullo. Che ha fatto i conti di quanto sarebbe necessario tirare fuori per ripagare gli investimenti proposti dai privati o finanziati dai fondi previdenziali.
“Il project sarebbe un bagno di sangue da 15-20 milioni annui di canone. Il debito da contrarre con Inail costerebbe 8 milioni di interessi annui. Se solo si pensa che l’ospedale quest’anno ha fatto 11 mila euro di utile, si comprende che sarà necessatio tirare fuori i soldi da altre parti. Ridurre il numero dei dipendenti, tagliare le spese, rinunciare ad ogni autonomia gestionale“.
Il Comitato per l’ospedale di Terni partirà con la diffusione del suo volantino davati all’acciaieria, ai supermercati, allo stesos ospedale. E lancia anche un altro tema. Quello dell’integrazione tra Azienda ospedaliera e Università.
“Fare l’ospedale a Maratta coi soldi dell’Inail – spiega il consigliere Ruscica – emarginerebbe la facoltà di Medicina, che resterebbe a Colle Obito. Ciò comporterebbe un ridimensionamento della presenza universitaria a Terni e un alibi per Perugia per disimpegnarsi dalla città. Noi invece pensiamo a realizzare negli ultimi tre piani dell’attuale complesso degli studi medici, spogliatoi, sale riunioni e dipartimenti. E, inoltre, spazi per attività accademica, per studenti e specializzandi. Un luogo dignitoso per studio e riunioni. Avviene in tutti gli ospedali clinicizzati ed è una funzione non da poco“.