Il Tar dell’Umbria ha respinto il ricorso dei comitati ambientalisti contro le autorizzazioni per le cementerie Barbetti e Colacem di poter utilizzare il Css (Combustibile solido secondario) per la produzione del cemento.

Il combustibile solido secondario (CSS) è un tipo di combustibile derivato dalla lavorazione dei rifiuti urbani non pericolosi e speciali non pericolosi. Può essere suddiviso in due principali tipologie: il CSS e il CSS-combustibile, che differiscono per le loro caratteristiche chimico/fisiche e per la normativa applicabile. Il CSS-combustibile infatti, è materiale che ha cessato la qualifica di “rifiuto” e che pertanto è un nuovo prodotto. Il CSS rimane invece un rifiuto e la sua lavorazione, gestione e utilizzo può avvenire solo in impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti. Il decreto legislativo n. 152/2006 (anche detto Testo Unico dell’Ambiente) ha introdotto la definizione di CSS, che abroga la precedente definizione di CDR (combustibile derivato da rifiuto), attraverso il decreto legislativo n. 205/2010 all’articolo 183, lettera cc.

Secondo il TAR Umbria per gli stabilimenti di Semonte e Ghigiano è tutto regolare

Secondo il Tar Umbria l’iter e le condizioni poste per gli stabilimenti di Semonte e Ghigiano sono del tutto regolari e la sentenza è ancora più incisiva nel respingere il ricorso, rispetto alle argomentazioni con le quali respinsero quello della Giunta Stirati pagato con i soldi dei cittadini,  su alcuni punti qualificanti come il principio di precauzione, Via (Valutazione impatto ambientale) e ruolo dell’Arpa, organismo pubblico deputato ai controlli che l’estrema sinistra eugubina e i comitati ambientalisti mettono continuamente in discussione sostenuti da altre forze politiche a caccia di consensi.

Dopo la sentenza del Tar Umbria del 2023, anche Isde Umbria, l’associazione Medici per l’Ambiente, si schierò contro la bocciatura del ricorso del Comune di Gubbio contro l’uso del CSS nei cementifici.

L’associazione italiana Medici per l’Ambiente definì la sentenza del Tar «un grave ed ulteriore macigno contro la presa di coscienza di tanti cittadini che consapevoli del loro stato di esposti involontari, alle industrie insalubri di prima classe che, cumulativamente, da oltre 120 anni svolgono attività nel loro territorio, senza mai avere avuto la possibilità di conoscere quali conseguenze esse possono determinare o aver determinato, sull’ambiente e quindi sulla salute loro, dei loro figli e delle generazioni future».

Isde Umbria si domandava «perché i cittadini di un territorio che hanno nel loro sindaco non solo il più importante rappresentante ma anche la massima autorità sanitaria, si sono visti rifiutare una valutazione d’impatto ambientale sulle due grosse industrie che da oltre 120 anni cumulativi li espongono a emissioni dannose?».

Comitati ambientalisti: la protesta di ISDE Umbria per tutelare salute e ambiente

Isde Umbria aveva plaudito «all’azione del sindaco Stirati e dei comitati per l’ambiente dato che entrambi si sono battuti  per tutelare salute e ambiente a Gubbio, hanno organizzato un Audit per l’eco-distretto e poi sono stati pugnalati alle spalle da forze politiche e sindacali mosse da primitivismo ambientale».

La sentenza attuale è di fatto una sonora bocciatura delle tesi sostenute in campagna elettorale, in primis dal candidato sindaco Francesco della Porta, della lista civica Beni Comuni e del Pci che avversano l’attività delle cementerie.

Bocciatura anche per le tesi del consigliere comunale di minoranza ed ex sindaco Orfeo Goracci, che avrebbe voluto il ricorso del Comune (non ha specificato con quali soldi…) al Consiglio di Stato sulla sentenza che ha respinto un analogo ricorso dell’ente.

A dicembre 2021 la Regione aveva approvato l’uso dei rifiuti urbani come combustibile nei due impianti attivi in città. I comitati locali, che da anni si battono per tutelare la salute della popolazione, avevano chiesto e chiedono tuttora un passo indietro.

Si vedrà ora se i comitati ambientalisti ricorreranno al Consiglio di Stato: e dovranno farlo con i propri soldi e non con quelli del comune, come fu per le iniziative adottate dal Comune negli ultimi anni tra i controlli doppione con Cnr e università La Sapienza di Roma e i ricorsi tutti respinti, con le spese finite nel mirino della Corte dei Conti.