La distanza tra Enel e i sindacati si fa abissale. L’incontro in Prefettura a Terni, convocato nell’ambito della procedura di conciliazione sulla chiusura del Posto di Teleconduzione (PT), si è concluso senza alcuna intesa. Al tavolo, presieduto dal capo di gabinetto della Prefettura, sedevano da un lato i rappresentanti dell’azienda, dall’altro i vertici territoriali di Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil. Ma il confronto ha rapidamente evidenziato l’incolmabile distanza tra le parti.
I sindacati accusano Enel di abbandonare il territorio, indebolendo un presidio strategico non solo per la produzione energetica, ma per la sicurezza idraulica dell’intera area.
“Il depauperamento messo in atto da Enel sul territorio si è tradotto in una progressiva riduzione delle funzioni strategiche e del personale impiegato negli impianti idroelettrici ternani”, hanno dichiarato i segretari Stefano Ribelli, Ciro Di Noia e Doriana Gramaccioni.
Il Posto di Teleconduzione di Terni gestisce e controlla in tempo reale sette grandi dighe e una cinquantina di infrastrutture idrauliche minori, tra traverse e sbarramenti, distribuite sul territorio. Un’infrastruttura centrale nella gestione degli impianti collegati all’unità produttiva Nera Velino, caratterizzati da un’elevata complessità idraulica e interconnessioni multiple tra bacini e canali.
“In caso di emergenze, come il blocco di un gruppo di generazione o eventi di piena, gli operatori del PT sono chiamati ad attivarsi immediatamente, intervenendo manualmente per correggere l’imprevisto e avviare il personale in loco”, hanno spiegato i sindacati.
Un’attività delicata che richiede, secondo le organizzazioni sindacali, una profonda conoscenza del territorio e dei meccanismi degli impianti, soprattutto nella gestione delle criticità idrauliche. Proprio le fasi iniziali di un evento di piena rappresentano il momento in cui un intervento rapido ed esperto può evitare conseguenze potenzialmente drammatiche per la sicurezza delle comunità locali.
Il clima al tavolo della Prefettura è stato teso. I sindacati hanno accusato Enel di procedere con una riorganizzazione “astratta” e scollegata dalla realtà operativa del PT di Terni.
“Rimaniamo sconcertati dalla superficialità con cui Enel descrive questa riorganizzazione”, affermano Ribelli, Di Noia e Gramaccioni. “L’azienda sembra ignorare completamente la complessità degli impianti e il ruolo insostituibile del personale locale, soprattutto nelle fasi emergenziali. È evidente che l’obiettivo sia solo quello di comprimere i costi, senza considerare le ripercussioni concrete sul territorio”.
“A nostro avviso - concludono Ribelli, Di Noia e Gramaccioni -, l’Umbria da tempo sconta da parte di Enel la perdita di funzioni importanti in tutte le società del gruppo, non ultima la chiusura della centrale termoelettrica Pietro Vannucci ed il Centro di formazione Enel a Gualdo Cattaneo. Ora basta. La misura è colma. Questo atteggiamento aziendale privo di concertazione e di confronto a livello territoriale è inaccettabile", dichiarano i sindacati, che chiedono l’immediato intervento delle istituzioni locali, Consiglio e Giunta regionale in primis.
La battaglia, assicurano, non si fermerà alla Prefettura: “Proseguiremo nella lotta con tutti gli strumenti a disposizione, per difendere non solo i lavoratori, ma la sicurezza idraulica e il futuro del nostro territorio e della sicurezza dei lavoratori Enel di Terni”.
Il confronto in Prefettura, almeno per ora, non ha prodotto avvicinamenti. Le distanze tra Enel e le organizzazioni dei lavoratori restano profonde, e il rischio concreto è che a pagarne le conseguenze siano non solo i dipendenti, ma l’intero sistema di sicurezza idraulica della regione. Mentre le parti si trincerano sulle rispettive posizioni, l’Umbria attende risposte. E la questione non può più essere rimandata.