In Umbria, oltre 70mila lavoratori del settore privato percepiscono stipendi che non superano i 10.300 euro lordi annui. Questo dato allarmante emerge da uno studio condotto dall’ufficio economia dell’area politiche per lo sviluppo della Cgil nazionale, basato su dati Inps. L’analisi mette in luce le cause che contribuiscono ai bassi salari in Italia, delineando un quadro particolarmente critico per la regione Umbria, definito dalla Cgil locale come “estremamente allarmante”.

Allarme salari in Umbria: sono più di 70mila i lavoratori che percepiscono stipendi inferiori ai 10 mila euro lordi annui

I salari umbri sono sensibilmente inferiori rispetto alla media nazionale. In Umbria, un dipendente privato (escludendo i settori agricolo e domestico) guadagna in media 20.222 euro lordi annui, contro i 22.839 euro della media nazionale. Questo divario si amplia ulteriormente nel contesto del lavoro precario e discontinuo, che ha visto una crescita costante negli ultimi anni.

Oggi, il lavoro precario e discontinuo rappresenta oltre il 60% del totale dei dipendenti del settore privato in Umbria, che conta complessivamente 226.599 lavoratori. Questo significa che circa 136mila persone nella regione sono coinvolte in forme di impiego che non garantiscono stabilità e sicurezza economica.

La situazione dei salari è particolarmente critica per i lavoratori precari. In Umbria, sono circa 100mila i lavoratori che sperimentano una discontinuità lavorativa, con retribuzioni medie che nei migliori dei casi non superano i 18.500 euro lordi annui. Questa precarietà non solo incide sul benessere economico dei lavoratori, ma ha anche implicazioni significative sulla qualità della vita e sulla capacità di pianificare il futuro.

Il divario salariale è evidente anche tra i diversi tipi di contratto. I lavoratori con contratti a tempo indeterminato percepiscono retribuzioni superiori rispetto a quelli con contratti a termine. Questo indica una correlazione diretta tra stabilità lavorativa e livello salariale, che penalizza ulteriormente chi si trova in una situazione di impiego precario.

La nota della Cgil: “È necessario intervenire su tutti i fattori che determinano i bassi salari”

La Cgil Umbria, in una nota, sottolinea come questa situazione rappresenti un campanello d’allarme che non può essere ignorato. I bassi salari non solo limitano il potere d’acquisto dei lavoratori, ma hanno anche un impatto negativo sull’economia regionale nel suo complesso. Un reddito medio più basso riduce la capacità di consumo delle famiglie, frenando la domanda interna e limitando le opportunità di crescita economica.

 “È evidente che in Italia – afferma Maria Rita Paggio, segretaria generale della Cgil dell’Umbria c’è una gigantesca questione salariale, ma in Umbria questo è ancora più vero. Se passiamo dal lordo al netto, risulta che, nel 2022, 70mila lavoratrici e lavoratori nella nostra regione hanno guadagnato l’equivalente mensile di 850 euro. E la situazione non è certo migliorata nel 2023, anno in cui l’inflazione è schizzata alle stelle, con le città umbre che hanno fatto registrare dei record negativi.

È necessario intervenire su tutti i fattori che determinano i bassi salari: precarietà, discontinuità, part time involontario, basse qualifiche e gravi ritardi nel rinnovo dei contratti. Da questo punto di vista, i referendum che, come Cgil, stiamo promuovendo contro la precarietà del lavoro possono rappresentare una prima importante risposta. Per questo invitiamo tutte le cittadine e i cittadini che ancora non lo avessero fatto a recarsi presso il proprio Comune o nelle nostre sedi per firmare i quattro quesiti”.

La situazione dei lavoratori umbri è indicativa di una crisi salariale che richiede risposte immediate e concrete. La Cgil Umbria si appella alle istituzioni locali e nazionali affinché mettano in campo interventi strutturali per invertire questa tendenza negativa e garantire a tutti i lavoratori condizioni di vita dignitose. Solo attraverso un impegno congiunto si potrà costruire un futuro più equo e prospero per la regione e per i suoi abitanti.