Un Fondo nazionale, nove territori coinvolti, un obiettivo chiaro: trasformare i Centri per le famiglie in una vera infrastruttura di prossimità. Con il Piano operativo 2025 la Regione Umbria mette a terra quasi 525mila euro per consolidare i servizi esistenti e aprire nuove sedi, puntando a un modello che misuri impatti e riduca i costi sociali delle fragilità familiari.
Il rafforzamento dei Centri per le famiglie ha una lettura economica netta: meno dispersione di interventi, più prevenzione e una presa in carico precoce delle criticità (educative, relazionali, sanitarie) che incidono su spesa pubblica, produttività e natalità. La Regione sceglie una logica di filiera: i Centri diventano hub integrati tra servizi sociali, scuola, consultori e terzo settore.
È la stessa presidente Stefania Proietti a riassumere la rotta: “Il nostro obiettivo è quello di costruire un sistema strutturale di servizi di sostegno alle famiglie”. La priorità, nelle intenzioni, è accompagnare le scelte di vita di madri e padri e rendere più accessibili i servizi per l’infanzia.
Oggi gli sportelli operano a Città di Castello, Perugia, Marsciano, Spoleto e Terni. Entro il 2026 l’architettura regionale si completerà con quattro nuove aperture ad Assisi, Gubbio, Foligno e Narni. In questo modo la rete raggiungerà nove presidi, distribuiti sui principali bacini demografici, con l’obiettivo di avvicinare le famiglie ai servizi senza costi aggiuntivi di mobilità e con orari più flessibili.
L’offerta è articolata su quattro assi: informazione e orientamento su misure e bonus; sostegno alla genitorialità (consulenza educativa, mediazione familiare, laboratori adulto‑bambino) nelle fasi di vita più delicate; promozione dell’invecchiamento attivo e dei legami intergenerazionali per rafforzare le reti di supporto; alfabetizzazione mediatica e digitale per i minori, prevenzione dei comportamenti a rischio e dei danni da sostanze psicotrope.
L’effetto atteso è, da una parte la riduzione del ricorso tardivo ai servizi specialistici, dall'altra l'aumento della capacità di prevenzione primaria nei territori.
I fondi sono stati assegnati ai Comuni capofila delle nove Zone sociali con un criterio misto: 70% in base alla popolazione e 30% in base al numero delle famiglie (dati Istat). La fotografia percentuale aiuta a leggere le priorità territoriali: Perugia intercetta circa il 25,5% (133.782,79 euro), Terni il 17,2% (90.188,56), Foligno il 12,7% (66.485,74), Città di Castello il 9,8% (51.480,02), Assisi l’8,0% (41.782,50), Marsciano il 7,3% (38.465,00), Gubbio il 6,9% (36.213,65), Narni il 6,6% (34.726,78) e Spoleto il 6,0% (31.674,97).
La granularità delle cifre consente di tarare equipe multidisciplinari, campagne informative e orari di apertura in base alla domanda potenziale di ciascun bacino.
Il Piano prevede un impianto di rendicontazione puntuale da parte dei capofila su utilizzo dei fondi e risultati: accessi, tipologie di prestazioni, tempi di presa in carico, esiti. La collaborazione con i consultori familiari e con gli altri attori pubblici e privati del territorio è il punto di forza per evitare duplicazioni e costruire percorsi condivisi. Una governance efficace dovrà legare le risorse a indicatori misurabili (ad esempio tasso di presa in carico precoce, riduzione dei rientri in carico, partecipazione ai laboratori, orientamenti ai nidi 0‑6) per trasformare il Piano in una politica stabile, capace di reggere nel tempo anche a budget invariati.
Se applicato con continuità, il Piano può generare benefici economici indiretti: dal sostegno alla natalità consapevole a un miglior equilibrio vita‑lavoro, fino alla riduzione dei costi legati a conflittualità familiare, dispersione scolastica e dipendenze. Con un investimento complessivo di 524.800,01 euro, l’Umbria costruisce un primo tassello di infrastruttura sociale di prossimità su cui innestare ulteriori capitoli di spesa europei e nazionali.