Cede la pavimentazione nei pressi della Statua di Sant’Ubaldo alla congiunzione di Corso Garibaldi con Via Dante; per i Ceraioli la temibile Calata dei Neri che dà il via alla folle corsa. La pavimentazione di arenaria messa in opera circa vent’anni fa dalla Giunta Goracci presenta vistosi segni di cedimento lungo l’intera Via Dante e nel primo tratto del corso, dove termina all’improvviso per lasciare campo al precedente lastricato che ha tuttavia dimostrato maggiori doti di resistenza e di durata.
La pietra arenaria è notoriamente una pietra morbida a molto facile da lavorare, prediletta da nobili e possidenti nel 6-700 per la realizzazione dei portali e delle cornici che abbellivano le finestre delle ricche dimore, per questa sua dote che la rendeva un materiale di poco costo e di sicuro effetto, poco o nulla di quell’epoca, scolpito in arenaria, è sopravvissuto intatto.
L’arenaria è una pietra morbida inadatta a reggere le sollecitazioni delle autovetture
Questo materiale non presenta purtroppo le giuste doti per durare nel tempo proprio per la sua fragilità e per la scarsa resistenza agli agenti atmosferici. Tende infatti, col passare degli anni, a polverizzarsi ritornando sabbia.
Se la stessa pietra si sfalda come elemento decorativo, a maggior ragione si sfalda sotto la sollecitazione delle auto che circolano lungo Via Dante in maniera incessante.
Infatti in questa strada del centro storico, cede la pavimentazione e il manto stradale presenta evidenti segni di erosione in vaste zone, tali da rendere il cammino incerto specie per chi non è più in giovane età.
Rimane, nel caso specifico, un fatto allarmante: davanti alla statua del Santo Patrono, il fondo stradale è impraticabile e può diventare estremamente pericoloso durante la corsa perché si trova in corrispondenza di una curva a gomito di 90 gradi che viene affrontata dai tre Ceri in corsa, dopo l’abbrivio di una lunga discesa e dopo che è stata effettuata, pochi passi prima, una “muta” cioè un cambio in corsa dei ceraioli.
Una svolta pericolosa durante le prime fasi della Corsa dei Ceri
A causa di ciò, qualche ceraiolo potrebbe perdere l‘equilibrio con la conseguente destabilizzazione del Cero che potrebbe cadere coinvolgendo quanti si trovino nelle vicinanze.
Si tratta di una eventualità anche se non auspicabile, tutt’altro che remota, perché non è la prima volta che all’uscita dalla curva qualcuno dei Ceri penda fortemente fino a cadere.
Non si capisce per quale motivo non si sia provveduto per tempo alla riparazione almeno delle mattonelle di arenaria lungo la curva sotto la statua di Sant’Ubaldo.
Dal momento che si è provveduto alla ripavimentazione di Piazza Grande, nella quale si svolgono importanti fasi della festa, come l’alzata della mattina e le girate del pomeriggio, non si capisce perché il lastricato lungo il tragitto della corsa sia stato lasciato nel più completo abbandono.
Si restaurano le piazze ma non le strade per raggiungerle
Restaurare le piazze ma non le strade per raggiungerle: sembra questo l’illogico principio che modula le scelte dell’amministrazione comunale.
Davanti a una città che si sta sfaldando sotto i nostri occhi, nella quale cede la pavimentazione anche dove si è provveduto a un recente restauro, bisogna fermarsi e ragionare. Ragionare ricercando gli stessi parametri usati dagli antichi costruttori, quelli che sono stati in grado di elevare un grattacielo in pieno Medioevo, il Palazzo dei Consoli, che non ha mai dato segni di cedimento e una delle più grandi piazze pensili al mondo, Piazza Grande, che incorona la nostra acropoli.
Bisogna avere prima di tutto rispetto per loro, i nostri antenati e maestri, e con umiltà cercare da loro le risposte giuste.
Col trascorrere del tempo, la nostra tecnologia dimostra sempre più la propria arroganza nei riguardi degli antichi e spesso sciorina nuovi materiali che entrano in competizione con quelli da loro pensati e messi in opera con sapienza e in armonia con la natura. Dovremmo invece sempre più spesso soffermarci a osservare un ponte romano e chiederci perché sia ancora in piedi dopo oltre duemila anni mentre i nostri viadotti di cemento armato si sbriciolano come marzapane.