Il laconico comunicato con cui Mediocredito Centrale informa di aver ricevuto, nelle scorse settimane, alcune manifestazioni di interesse per l’acquisto della partecipazione detenuta in Cassa di Risparmio di Orvieto, nasconderebbe una corsa con almeno tre pretendenti. Ai blocchi di partenza della procedura di selezione non ci sarebbe, infatti, solo il Banco Desio, interessato (come anticipato da Tag24 Umbria) alla creazione di un polo umbro, dopo l’acquisizione della Banca Popolare di Spoleto.
Agli uffici della capogruppo controllata da Invitalia, sarebbero infatti pervenute le richieste di apertura della data room di almeno altri due soggetti. Si tratta della Banca del Fucino, la più antica banca romana privata, fondata e controllata dalla famiglia dei principi Torlonia, interessata ad espandersi nel centro Italia. E della Banca Agricola Popolare di Ragusa, la più grande realtà creditizia autonoma della Sicilia, che nonostante la vocazione di banca del territorio, avrebbe visto nella cassa orvietana un asset di qualità per allargare la sua area di influenza. A poca distanza dalla Capitale.
“MedioCredito Centrale si riserva di valutare attentamente le manifestazioni di interesse – dice una nota dell’istituto di credito -. Nell’ambito di un processo competitivo che abbia come obiettivi la tutela dei dipendenti e la crescita della banca e del territorio. L’attenzione di soggetti terzi verso la Cassa conferma la sua attrattività e solidità dopo un percorso di risanamento dei conti e rilancio intrapreso negli ultimi anni“.
Cassa di Risparmio di Orvieto: ecco chi sono i possibili pretendenti all’ultima banca umbra
L’acquisto dell’85,32% del capitale sociale della banca dal Mediocredito vedrebbe dunque Desio, Fucino e Ragusa in lizza con motivazioni differenti. Per il Banco Desio ci sarebbe l’opportunità di allargare il polo umbro, dopo l’incorporazione della BPS. Come Tag24 Umbria ha ricordato, inoltre, nel capitale sociale della banca guidata da Alessandro Decio c’è anche un’anima ternana. La Fondazione CARIT, infatti, detiene una partecipazione del 4,5% nell’istituto di credito brianzolo ed esprime un consigliere di amministrazione e il presidente del collegio sindacale.
Poi c’è la Banca del Fucino. Che partendo dalla Capitale e dal suo nucleo storico abruzzese, è oggi presente con 39 sportelli e centri private, oltre che nel Lazio e in Abruzzo, anche nelle Marche, Sicilia, Lombardia e Veneto. Affermatasi come una delle principali banche romane, ha mantenuto la propria fisionomia di banca del territorio e la propria indipendenza dai grandi gruppi bancari.
Infine, la Banca Agricola Popolare di Ragusa, in procinto di incorporare la Popolare di Sant’Angelo, e dare vita alla Banca Agricola Popolare di Sicilia, sarebbe interessata a sbarcare sul Continente. Il progetto di crescita per linee esterne, viene perseguito mantenendo la forma societaria di istituto popolare, consolidando il legame con gli stakeholders e fornendo sempre maggiori opportunità per lo sviluppo dei territori.
Le istituzioni locali a confronto col Governo sul dossier della vendita della CariOrvieto
La presidente della Regione Donatella Tesei e il sindaco di Orvieto, Roberta Tardani, hanno preso atto dell’accelerazione nel processo di alienazione della banca.
“Nel considerare l’interesse del mercato per la CRO – affermano in una nota congiunta – seguiranno con grande attenzione, come già fatto per l’acquisizione MCC, questa fase. Le manifestazioni di interesse pervenute al Mediocredito sono indice di una operazione di risanamento e rilancio ben riuscita, di una banca sana e di un territorio attrattivo. Le istituzioni vigileranno sul processo, anche confrontandosi, come già avvenuto, con il Governo. Mantenendo come orizzonte indispensabile lo stesso piano di sviluppo che ha coniugato presidio territoriale, occupazione e sostegno a famiglie ed imprese“.
Ad interessare tutti i contendenti gli ottimi risultati raggiunti dalla CariOrvieto. Oltre 6 milioni di profitto nel primo semestre del 2024, in crescita rispetto all’utile di 7,8 milioni conseguito nel 2023.
Tra i possibili pretendenti non ci sarebbe, come era emerso in una prima fase, la Banca Centro Toscana-Umbria Credito Cooperativo, parte del Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea. Il profilo della cassa orvietana, infatti, non si attaglierebbe al profilo di assetto istituzionale di un raggruppamento nato sul rispetto dei principi di rispetto di localismo, relazione e rappresentatività, propri del movimento cooperativo, Così come avrebbe archiviato il dossier anche il Credem. Il gruppo facente capo alla famiglia Maramotti, riterrebbe la Cassa di Orvieto un asset di dimensioni troppo ridotte per fornire un contributo rilevante alla sua attività industriale.