Si accende il dibattito politico sulla vendita della Cassa di Risparmio di Orvieto decisa dal Ministero dell’economia e delle finanze dopo il risanamento. Il timore, nella città della Rupe, è che dopo la perdita del Tribunale possa venire meno anche un altro centro decisionale e direttivo dalla città. Una situazione che riguarda molti centri dell’Umbria, che per accorpamenti, processi di consolidamento, regionalizzazioni o integrazioni societarie, hanno perso attività direzionali, spesso localizzate nei cenri storici, destinati a processi di impoverimento e ridimensionamento.

Il dibattito specifico dell’Orvietano, poi, si incastra anche sul ruolo della Fondazione CRO. Che ancora detiene poco meno del 15% del capitale azionario. Nonché sul peso delle istituzioni territoriali nei processi di controllo dei processi economico-finanziari che riguardano il mondo bancario. Un destino, quello di un ruolo sempre meno rilevante della politica locale, a cui molti non vogliono rassegnarsi. Ma che è ormai una costante, in un settore che è profondamente cambiato negli ultimi anni. E non risponde più alle regole di integrazione col territorio come è avvenuto per decenni.

Il dibattito politico sulla vendita della Cassa di Orvieto, l’ultima banca autonoma dell’Umbria

Il silenzio dei vertici dell’istituto di credito e della capogruppo Mediocredito Centrale nel recente incontro con la governatrice Tesei e la sindaca Tardani non deve aver prodotto sensazioni piacevoli nelle istituzioni. Anche perché dall’opposizione è partita la corsa a chiedere ai Palazzi di politica di entrare con i piedi nel piatto della procedura ad evidenza pubblica per la cessione della banca.
E poi c’è il tema della perdita del nome e del centro direzionale. Che fanno parlare sulla città della Rupe di “rischio di perdita di un asset strategico per lo sviluppo locale“.

È la posizione, ad esempio di Roberta Palazzetti, ex sfidante di Proposta civica della sindaca Tardani.
Quali sono i paletti da introdurre nella gara – chiede la capogruppo – per evitare la perdita di presenza e supporto alle imprese e famiglie del territorio? Quali le intenzioni della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto che ancora detiene il 15% del capitale della CRO?” 

E anche l’associazione Praesidium entra in scena. Con un attacco alla Fondazione orvietana, peraltro lasciata fuori anche da Mediocredito centrale dal round di rinnovo delle nomine. Che aveva portato all’abbandono dell’Assemblea degli azionisti, da parte del socio locale di minoranza.

La Fondazione negli ultimi nove anni non ha avuto remunerazione dalla sua partecipazione di minoranza – dice l’associazione in una nota -. E il valore della sua partecipazione azionaria si è ridotto. Ad oggi la città non ha più alcun elemento di controllo sulla banca. La proprietà può prendere ogni iniziativa, come la vendita della Cassa di Risparmio con un meccanismo competitivo. Chi controllerà per conto del territorio il processo di alieniazione da parte del gruppo Invitalia e di MCC? Chi tutelerà i lavoratori e la città da rischi che appaiono molto alti?“.

Il PD chiede un percorso trasparente e benedice l’interesse di Banco Desio: “Non certo lo scenario peggiore”

L’ipotesi di un polo bancario umbro sotto l’ombrello di Banco Desio, di cui Tag24 Umbria ha parlato ieri, non impaurisce il PD di Orvieto.
Con l’ipotesi di vendita al Banco Desio della famiglia Gavazzi-Lado – sostiene la segreteria orvietana DEM possiamo dire che non è certo lo scenario peggiore. Il Banco Desio ha già una solida presenza in Italia centrale, con oltre cento filiali dopo l’acquisto della Popolare di Spoleto, e potrebbe cosi consolidarsi ulteriormente come un gruppo di tutto rispetto“.

I Democratici orvietani, poi, pongono l’accento sul prossimo processo di vendita nell’ambito del quale – dicono – è necessario esigere trasparenza e responsabilità. 

Vogliamo sapere chi ha svenduto la partecipazione della Fondazione nella SPA – afferma la nota della segreteria – e chi ha tradito la fiducia della comunità. Non possiamo permetterci di restare fermi mentre la nostra città scivola sempre più in basso. Non possiamo arrenderci alla governance di chi sembra lavorare scientemente per una città di Serie B persa nel culto di una orvietanità che è più estetica che programmatica“.