Il caso dossier entra a gamba testa sulla politica e, tra le altre, sulla Lega. Ma andiamo con ordine. Stiamo parlando, ovviamente, dell’indagine portata avanti dalla procura di Perugia su Pasquale Striano: un finanziere, già in servizio presso la procura Antimafia, accusato di aver abusivamente fatto accesso a banche dati contenenti informazioni su centinaia di personaggi di pubblica rilevanza. Da Renzi a Fedez, da Cristiano Ronaldo a Gabriele Gravina. E poi la politica: ministri, ex Premier, chi più ne ha più ne metta.
I numeri dello spionaggio: “Un verminaio”
La giornata di ieri è stata particolarmente importante perché è stato audito, in Commissione Antimafia, Raffaele Cantone. Il procuratore di Perugia, che è stato ascoltato dopo Giovanni Melillo – procuratore Antimafia – ha restituito il quadro della gravità snocciolando e sviscerando i numeri dello spionaggio. Parliamo di circa 4.124 Sos (segnalazioni di operazioni sospette) consultate da Striano in quattro anni; oltre 10.00 accessi; 33.528 file scaricati; 165 personaggi pubblici spiati.
Si tratta di quello che Cantone, senza troppi giri di parole, ha definito come un “verminaio” inserito all’interno di uno schema più grande: “Il mercato delle Sos – così lo chiama Cantone – non si è fermato e ne abbiamo una prova clamorosa: durante la prima fuga di notizie sui giornali è uscito il riferimento a una Sos riguardante un imprenditore che avrebbe avuto a che fare col ministro della Difesa”.
I dubbi
Permangono ancora tanti dubbi e le indagini di Perugia che, in questo senso, andranno avanti alla ricerca della verità. Cosa ha spinto Striano ad agire? Lo faceva per conto di qualcuno o autonomamente? Quale era l’obiettivo? Voleva colpire qualcuno o qualcosa? I giornalisti coinvolti fanno parte di questo mercato come passaggio finale volto a diffondere le informazioni nell’opinione pubblica? Su una cosa non ha dubbi il procuratore Cantone: sono tutti accessi abusivi, così come i download, e per ognuno di essi c’era una motivazione da ricercare.
La politica che litiga
È un verminaio, sì, ed è un verminaio che fa litigare la politica. In un primo momento tutti si sono allineati sul mood della ricerca della verità. Ricordiamo le dichiarazioni e le condanne bipartisan fatte, poche ore dopo l’esplodere del caso dossier, delle leader dei primi due partiti d’Italia: la Premier Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Dopo questo, però, c’è tutto un riposizionamento fatto di punti di vista e tatticismi.
Alcune scaramucce sono volate ieri tra Fratelli d’Italia ed Italia Viva. Matteo Renzi, che risulta tra gli “spiati”, si è mosso per chiedere la verità. La risposta del partito della Premier non s’è fatta attendere ed è arrivata – scrive Il Corriere della Sera – per mezzo del Senatore Gelmetti: “Se vuole la verità la chieda ad Enrico Borghi”. Il riferimento è al fatto che nella scorsa legislatura, quando le azioni di Striano hanno trovato l’acme, era proprio Borghi il Presidente del Copasir.
Altre scintille arrivano da Forza Italia e vanno verso il Movimento 5 Stelle: Maurizio Gasparri chiede, a gran voce, le dimissioni di Cafiero De Raho, Deputato pentastellato, dall’Antimafia.
Il caso dossier tocca la Lega
Insomma, la politica fa la politica e si muove su accuse e controaccuse. Nel frattempo, ci sono novità che riguardano la Lega. Salvini, a proposito di posizionamento, è stato chiaro fin dall’inizio vedendo nel caso dossier: “Un attacco alla Lega”. Intanto, come riportato tra gli altri dal Corriere della sera, spunta un’attività non autorizzata sui fondi della Lega.
Le informazioni sono arrivate in tre procure: Milano, Genova, Bergamo. A dirlo è stato proprio Cantone specificando che il dossier sarà: “Oggetto di futuro approfondimento”. Da via Bellerio non l’hanno presa bene: “Ennesima notizia inquietante, è un attacco alla democrazia”.