Può un reato ormai estinto, pregiudicare il diritto alla casa dell’intera famiglia di chi l’ha commesso? In Umbria sì. È quanto sta accadendo a seguito della modifica della legge regionale 23 del 2022 che impedisce a chiunque abbia alle spalle un reato di poter presentare domanda per accedere agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Un provvedimento che nega il diritto alla casa anche al resto della famiglia del reo e che ha messo i sindacati degli inquilini sul piede di guerra. Ieri mattina presso la sede della Uil si è tenuta in proposito la conferenza stampa a cui hanno partecipato la segretaria nazionale del Sunia, Cristina Piastrelli, i referenti umbri di Sunia, Rossano Iannoni, Sicet, Gino Bernardini, Uniat Gianluca Ciambelli e Unione degli inquilini con Ribac Aurel. La situazione portata all’attenzione si profila complessa.
Case popolari sì ma non a chi ha commesso reati: i sindacati si oppongono
Un emendamento divisivo quella sulle case popolari che i sindacati chiedono di revisionare fin dalla sua approvazione. Un provvedimento “che con la modifica del 2023, esclude tutti coloro che hanno compiuto reati, anche se passati in giudicato e se non è stata richiesta la riabilitazione, dall’assegnazione degli alloggi popolari, anche per tutti i componenti del nucleo familiare”.
Una norma definita “incostituzionale” che attacca direttamente il diritto alla casa estendendo il divieto all’intera famiglia della persona condannata. “Il concetto di estendere il divieto di assegnazione ai membri del nucleo familiare di una persona che ha commesso un reato, pur passato in giudicato, viola il principio secondo il quale la giustizia penale è personale”. Contestato anche il fatto che si pretenda di chiedere una riabilitazione per un reato la cui pena è stata ormai scontata.
Che cosa dice la legge umbra sull’assegnazione delle case popolari
La modifica alla legge regionale del 2022 sull’assegnazione delle case popolari è stata approvata a fine 2023 e ha destato fin da subito aspre polemiche. Da un lato il centrodestra che strenuamente difende due principi, quello dell’italianità e quello della legalità, dall’altro chi, come sindacati e alcuni partiti politici, in quel divieto ci vede la negazione di un diritto fondamentale. L’onorevole Riccardo Augusto Marchetti, segretario umbro della Lega era stato irremovibile. “Al beneficio della casa popolare non può accedere chi ha riportato condanne penali passate in giudicato per delitti gravi, come quelli contro la persona, la pubblica amministrazione o l’ordine pubblico, salvo che sia intervenuta riabilitazione“.
Una riforma che dalla Lega hanno rivendicato come improntata all’equità sociale, dove “da un lato vi è il riconoscimento di maggiori tutele e diritti – aveva detto ancora Marchetti a dicembre scorso – a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie, giovani coppie, donne con figli minori a carico, dall’altro lato vi è un nuovo sistema che regolamenta i requisiti di accesso alle graduatorie e disciplina i casi di decadenza“.
Due casi limite: i sindacati rivolgono un appello al prossimo presidente della Regione
Ed è proprio sulle tutele nei confronti dei più fragili che i sindacati degli inquilini hanno portato all’attenzione due casi limite. Quello di un uomo, oggi disabile, che ha riportato una condanna per ricettazione risalente a trent’anni fa, per la quale ha scontato i servizi sociali. E l’altro di una madre con la figlia uscita da dieci anni dalla tossicodipendenza, che però si è vista negare l’istanza.
I sindacati confederali e degli inquilini puntano adesso ad una class action. La richiesta di modifica della legge è la sfida che lanciano ai candidati alla presidenza della Regione. E non è l’unica questione sollevata. L’altra nota dolente è l’indisponibilità delle case popolari a causa del degrado determinato dalle mancate manutenzioni. “Esistono 1000 appartamenti dell’Ater vuoti, perché non possono essere assegnati per lo stato in cui si trovano. Si tratta del 13 per cento dei beni dell’Ater. Chiederemo al prossimo presidente di mettere a bilancio almeno 4 milioni di euro per le manutenzioni, almeno di 200-300 appartamenti l’anno” hanno concluso.