In Umbria, la questione delle case popolari sta diventando sempre più pressante, con una morosità che ha superato i 612 mila euro. Le famiglie in difficoltà non sono poche, e il fenomeno riguarda ormai oltre duemila nuclei. La situazione è grave, ma l’azione di recupero crediti è già in corso, come riportato nel bilancio 2023 approvato dalla giunta regionale. Il problema? Il quadro non è così roseo come si sperava.
Case popolari, più di mille solleciti inviati: ma basteranno?
Nel corso del 2023, le autorità umbre hanno cercato di arginare il fenomeno inviando un totale di 1.968 solleciti iniziali ai morosi, a cui sono seguiti 699 ulteriori richiami e ben 117 decreti di pagamento. Ma, nonostante queste misure, la risposta non sembra sufficiente. Certo, sono stati attivati 340 piani di rientro, ma la situazione è tutt’altro che risolta, con alcune famiglie che sono state persino sollecitate nuovamente, pur avendo già aderito ai piani di pagamento.
Dietro questa morosità si nascondono cause più complesse, che vanno ben oltre il singolo mancato pagamento dell’affitto. La compressione del potere d’acquisto, l’aumento del costo della vita dovuto alla crisi energetica e il conflitto in Ucraina, sono fattori che stanno pesando sulle famiglie più fragili.
Secondo le analisi effettuate dall’Ater Umbria, la sostenibilità economica del settore abitativo pubblico è ormai compromessa, e servono soluzioni strutturali per evitare che la situazione precipiti ulteriormente. Alcune regioni italiane hanno già adottato misure più decise, ma l’Umbria è ancora in cerca della sua strada.
Nonostante tutto, l’azienda regionale ha chiuso il bilancio 2023 con un utile di 538 mila euro. Un risultato che, sebbene inferiore rispetto ai 586 mila euro dell’anno precedente, dimostra che l’equilibrio economico tiene. La flessione è da attribuire in gran parte alle maggiori somme accantonate per la riduzione del debito. Un segnale, questo, che non lascia spazio a distrazioni: la situazione è delicata, e gli sforzi per mantenere l’equilibrio finanziario vanno nella direzione giusta, ma il futuro richiede soluzioni più coraggiose.
Sindacati sul piede di guerra contro la legge regionale
In Umbria si sta intensificando lo scontro tra la Regione e i sindacati, che lanciano un nuovo appello contro la legge regionale che ha inasprito i criteri di accesso alle case popolari. La norma esclude coloro che, anche dopo aver scontato la pena o ottenuto l’estinzione del reato, hanno un passato criminale. E il colpo di scena? L’esclusione si estende anche ai familiari conviventi, sollevando ulteriori polemiche.
Durante una conferenza stampa tenutasi presso la sede della Uil a Perugia, i rappresentanti sindacali hanno sollevato il tema della possibile incostituzionalità della legge. La richiesta è chiara: istituire un tavolo istituzionale per discutere l’abolizione immediata della norma. Un rappresentante del sindacato ha dichiarato: “Noi riteniamo, anzi sappiamo, che questa legge sia anticostituzionale. Già come membro della commissione per l’assegnazione degli alloggi del Comune di Narni, ho visto 145 domande respinte a causa di questa norma, e molti altri casi emergono in tutta la provincia di Terni e a Perugia”.
Tra gli esempi più preoccupanti citati dai sindacati, spicca il caso di un uomo disabile, condannato 30 anni fa per ricettazione e che ha scontato la pena attraverso lavori socialmente utili. Nonostante ciò, la sua richiesta di un alloggio popolare è stata respinta. Un altro caso evidenziato è quello di una madre, il cui appello per un’abitazione è stato respinto a causa del passato della figlia, uscita dalla tossicodipendenza dieci anni fa. Queste situazioni hanno portato i sindacati a valutare la possibilità di una class action contro la Regione, chiedendo modifiche urgenti alla normativa.
I sindacati sottolineano come la legge in questione violi diritti fondamentali, come stabilito dall’articolo 2 della Costituzione, che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.