Il sistema penitenziario umbro versa in una crisi strutturale senza precedenti. Il sovraffollamento ha superato il 20% rispetto alla capienza regolamentare, il personale è insufficiente e i presidi sanitari interni non riescono a garantire continuità terapeutica. Ne derivano suicidi, autolesionismi e tensioni che mettono a nudo l’urgenza di un intervento capace di tenere insieme sicurezza, dignità e riforma.
Il quadro è stato fotografato nella relazione annuale presentata all’Assemblea legislativa dell’Umbria dall’Autorità regionale di garanzia per i detenuti. Il Consiglio ha preso atto del documento, che ha messo in fila numeri e criticità. Un atto politico e istituzionale che sancisce ufficialmente la consapevolezza di una crisi ormai ingestibile e che, nei giorni successivi all’ennesimo suicidio avvenuto nel carcere di Capanne, ha imposto un dibattito pubblico di ampio respiro.
Secondo i dati aggiornati a marzo 2025, in Umbria i detenuti erano 1.593 a fronte di una capienza regolamentare di 1.324 posti. La sproporzione non è solo quantitativa: circa due terzi delle persone recluse provengono da altre regioni, mentre il 40% è di origine straniera. La presenza di condannati a pene lunghe ed ergastoli è pari al 9,6%, il doppio della media nazionale, concentrata soprattutto nella casa di reclusione di Spoleto.
A Perugia, nel carcere di Capanne, i numeri sono da allarme rosso: 437 detenuti a marzo per 363 posti, oggi prossimi a quota 500. È in previsione l’apertura di un nuovo padiglione con altri 160 posti, ma senza alcun incremento annunciato di agenti penitenziari o personale sanitario.
Non migliore la situazione a Terni: 597 detenuti a marzo, 557 oggi, contro una capienza di 422 posti. Una struttura che ospita anche sezioni ad alta sicurezza e il circuito 41 bis, con condizioni complessive giudicate “buone” ma minate dal sottodimensionamento del personale. Le conseguenze sono note: aggressioni, autolesionismi e suicidi.
A Spoleto, la popolazione reclusa è di 471 detenuti per 456 posti disponibili, mentre a Orvieto, istituto a custodia attenuata, i 127 detenuti superano abbondantemente i 98 posti regolamentari. Una sproporzione che, sommata ai vuoti di organico, fa emergere criticità costanti: dall’igiene al vitto, dalle carenze di riscaldamento fino alle difficoltà di accesso a medicinali e cure specialistiche.
Il Garante ha sottolineato anche l’elevata incidenza di persone con disturbi psichiatrici, una delle emergenze più complesse da affrontare. “Gli eventi critici, tra cui i suicidi e gli atti di autolesionismo, richiedono interventi urgenti sia per i detenuti che per il personale penitenziario”, recita la relazione.
L’episodio più recente, ricordato in Aula dal consigliere Fabrizio Ricci (Avs), è il suicidio di una trentenne nel carcere di Capanne. “Un dramma che non possiamo considerare un incidente isolato, ma il sintomo di un sistema in sofferenza. È necessario ribadire protezione e dignità per chi si trova recluso”, ha affermato.
Il tema sanitario resta centrale. Persistono ritardi nelle visite, difficoltà di accesso ai farmaci e discontinuità terapeutiche aggravate dalla mancata piena operatività della cartella clinica informatizzata. “La salute mentale rappresenta la criticità maggiore”, ha evidenziato il Garante, segnalando l’alto numero di detenuti con disagio psichiatrico e la carenza di specialisti interni.
Un quadro che pone non solo una questione di tutela dei diritti, ma anche di sicurezza collettiva. Un sistema carcerario che non funziona rischia infatti di indebolire la sua funzione rieducativa e, di conseguenza, la capacità di reinserimento dei detenuti.
In questo contesto si inserisce la decisione del Comune di Terni, che per primo in Umbria ha scelto di istituire la figura del Garante comunale dei diritti delle persone private della libertà. La proposta, avanzata dalla presidente del Consiglio comunale, Sara Francescangeli, è stata approvata all’unanimità dalla Conferenza dei capigruppo.
“In ogni comune sede di struttura carceraria esiste una parte di popolazione dimenticata dalle istituzioni locali. La dignità non si ferma al di qua delle sbarre. Ho voluto raccogliere le indicazioni del protocollo ANCI e Garante nazionale per portare questa figura anche a Palazzo Spada”, ha dichiarato Francescangeli.
La presidente ha citato le parole del Capo dello Stato, Mattarella: “Dignità è un paese dove le carceri non siano sovraffollate ed assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è la migliore garanzia di sicurezza”. Da parte della presidente del consiglio comunale anche un plauso alla Polizia penitenziaria: "È la più esposta alle criticità del sistema carcerario. A loro deve andare tutta la nostra riconoscenza ed il nostro impegno a sostenere, ad ogni livello, il loro ruolo e a garantire la loro sicurezza".
A sostegno della proposta è intervenuto anche Guido Verdecchia, capogruppo di Alternativa Popolare: “Con questa decisione Terni si qualifica come comunità attenta e all’avanguardia. Il Garante sarà uno strumento per vigilare, sostenere e promuovere percorsi di reinserimento, perché una pena che rieduca è la migliore garanzia di sicurezza per la società”.
L’istituzione del Garante comunale rappresenta un segnale politico e culturale di rilievo, ma da sola non basta a risolvere la crisi strutturale. I numeri indicati dal Garante regionale parlano chiaro: senza investimenti su organici, sanità e percorsi alternativi alla detenzione, il sistema umbro rischia di collassare.
La proposta di creare poli universitari penitenziari e residenze per l’esecuzione di misure alternative potrebbe alleggerire il carico delle strutture, ma richiede risorse e volontà politica. In Umbria, regione che ospita il 50% di detenuti in più rispetto alla media nazionale, il problema è amplificato e richiede risposte tempestive.
La relazione consegnata all’Assemblea legislativa si chiude con un monito: “La dignità delle persone private della libertà deve essere garantita con atti concreti. Una società più sicura nasce da un carcere capace di rieducare, non solo di contenere”.