Le carceri dell’Umbria sono sull’orlo dell’implosione. A dirlo non sono solo le cifre impietose sul sovraffollamento, ma anche le tragiche cronache quotidiane e l'allarme lanciato con forza dalle istituzioni di garanzia. Al 31 marzo 2025 i detenuti presenti nelle quattro case circondariali umbre erano 1.639, ben 300 in più rispetto alla capienza regolamentare fissata in 1.339 unità. Un sovraffollamento medio del 122 per cento, destinato a crescere se non si interviene in fretta.
La fotografia ufficiale arriva dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, che semestralmente raccoglie e diffonde i dati, poi confluiti nella recente relazione della Corte dei conti intitolata “Infrastrutture e digitalizzazione: Piano Carceri”. Un documento che, oltre a offrire un quadro contabile e strutturale del sistema penitenziario, lancia un monito chiaro: le carceri umbre versano in uno stato critico, tanto sotto il profilo delle condizioni detentive quanto sotto quello della tenuta istituzionale.
Analizzando i dati aggiornati al 31 agosto 2024, emerge un quadro ancora più preoccupante. Allora i detenuti erano 1.605, con un tasso medio di affollamento del 119%. Terni guida questa classifica negativa con 567 detenuti a fronte di una capienza di appena 422 posti: un tasso del 134%. A Perugia la situazione non è migliore, con 426 reclusi per 333 posti (128%), mentre Orvieto ne ospita 156 contro i 132 previsti (118%). L’unica struttura a mantenere un equilibrio tra presenze e disponibilità è quella di Spoleto, che nei mesi scorsi risultava perfettamente in linea con i suoi 456 posti.
A gravare ulteriormente è l’elevata presenza di detenuti stranieri: 522, ovvero quasi un terzo del totale. Una realtà che pone questioni di integrazione, gestione linguistica e mediazione culturale, spesso lasciate senza risposte adeguate per mancanza di risorse. Solo 33 sono i detenuti in regime di semilibertà, segno di un sistema che fatica a implementare misure alternative alla detenzione, nonostante le raccomandazioni europee.
Il Garante dei detenuti della Regione Umbria, Giuseppe Caforio, ai microfoni di ANSA, ha definito senza mezzi termini le carceri umbre come “prossime all’implosione”. Secondo Caforio, la situazione descritta nella relazione della Corte dei Conti, aggiornata all’estate 2024, non solo resta attuale ma si è ulteriormente aggravata. "I giudici contabili hanno fotografato la situazione al 31 agosto 2024, ma nei successivi otto mesi e fino ad oggi la situazione si è aggravata e di molto sia in termini di sovraffollamento che di carenza di personale penitenziario e dell'area socio sanitario".
"Abbiamo avuto tre morti - dichiara Caforio - ma la sofferenza fatta di atti di autolesionismo, mancanza di cure sanitarie e condizioni delle celle inumane ha rotto ogni equilibrio su cui si basa la convivenza nelle carceri e il primo a patire è il personale penitenziario che supplisce oltre ogni limite alle gravi carenze, ma che ne subisce le conseguenze".
La richiesta del Garante è netta: “E' ora che il Parlamento prenda atto di questa situazione e si assuma la responsabilità di decidere".
Oltre al sovraffollamento, uno dei problemi più gravi segnalati nella relazione della Corte dei Conti riguarda la carenza di personale. Negli istituti umbri mancano decine di agenti penitenziari, educatori, assistenti sociali e medici. Una situazione che rende impossibile garantire una sorveglianza efficace e un percorso rieducativo, come previsto dalla Costituzione.
La crisi delle carceri umbre è lo specchio di una questione nazionale troppo a lungo rimandata. L’inerzia legislativa e la cronica mancanza di fondi impediscono di affrontare con serietà una realtà che riguarda non solo i detenuti, ma l’intera collettività. Occorre un cambio di passo deciso: più risorse, più personale, più alternative al carcere e, soprattutto, un’assunzione di responsabilità da parte del Parlamento. Perché un sistema penitenziario al collasso mina le basi dello Stato di diritto e lascia che la sofferenza si trasformi in tragedia.