Si è appena concluso il tour che il procuratore generale presso la Corte d’Appello dell’Umbria, Sergio Sottani, durante quest’estate, ha condotto nei quattro istituti penitenziari umbri, con l’obiettivo di monitorare personalmente la situazione nelle carceri della regione a distanza di un anno esatto dal suo ultimo incontro istituzionale.

Sottani ha quindi visitato, in ordine temporale, le carceri di Orvieto, di Spoleto, di Terni e infine di Perugia, e in ognuna di queste visite ha avuto l’occasione di conoscere meglio e toccare con mano lo stato di estremo disagio e di elevata disorganizzazione in cui quotidianamente vivono i detenuti e lavorano gli agenti penitenziari.

Sovraffollamento e carenza di personale sono le principali criticità riscontrate, cui vanno a sommarsi ulteriori, e altrettanto urgenti, problemi da risolvere come, ad esempio, la difficile gestione dell’alto numero di reclusi con problemi di tossicodipendenza o psichici.

Carceri in Umbria, Sottani fa il punto

Nell’ambito dell’attività di monitoraggio dei quattro istituti penitenziari umbri (Perugia, Orvieto, Spoleto e Terni) il procuratore generale della Corte d’Appello dell’Umbria, Sergio Sottani, ha voluto organizzare un incontro per fare il punto della situazione sugli aspetti problematici.

All’incontro hanno partecipato i procuratori del distretto con i direttori e i comandanti della polizia penitenziaria, oltre ai vertici dell’Ufficio distrettuale di esecuzione penale esterna di Perugia. Punto di partenza della riunione – si legge in un comunicato della Procura generale – è stata l’analisi dei dati raccolti che evidenziano, anzitutto, il persistente problema del sovrannumero dei detenuti presenti rispetto alla capienza regolamentare degli istituti penitenziari. Sul numero dei carcerati, precisa la Procura, rileva pure l‘elevata percentuale di detenuti stranieri ospitati nelle quattro carceri che è pari al 31% del totale.

Il sovraffollamento dei reclusi rappresenta un elemento di criticità significativo, che accomuna tutte e quattro le strutture del territorio con maggiore attenzione per le carceri di Perugia (+44%) e di Terni (+33%), mentre il fenomeno risulta più contenuto a Spoleto e Orvieto. Strettamente collegato al sovraffollamento dei carcerati è il problema della carenza di organico del Corpo di polizia penitenziaria, in particolare modo, ancora una volta, negli istituti di Perugia e Terni.

Benessere psicofisico dei detenuti a rischio

Dal monitoraggio dei quattro istituti penitenziari umbri sono emersi, inoltre, dati preoccupanti sullo stato di salute psico-fisica dei carcerati in Umbria. Ancora elevati, infatti, sebbene non in crescita rispetto all’anno scorso, sono stati i casi di autolesionismo, di tentato suicidio o aggressione al personale in servizio o ad altri operatori nelle strutture. Si registra perfino un caso di suicidio.

Al centro dell’incontro promosso dal procuratore generale Sergio Sottani, poi, c’è stata l’alta percentuale di detenuti affetti da problemi di tossicodipendenze o psichici. Su 1.604 detenuti totali nelle carceri umbre, il 28% di loro hanno problemi di tossicodipendenze (oltre la metà dei detenuti di Orvieto e circa il 47% di quelli di Perugia), mentre il 14% del totale regionale dei carcerati è affetto da patologie psichiatriche.

Proprio su quest’ultimo punto, non a caso, gli uffici giudiziari del Distretto e le Asl – competenti in materia di applicazione di misure di sicurezza e trattamento di autori di reato affetti da tali patologie – hanno di recente siglato un protocollo d’intesa. L’accordo, nella fattispecie, ha già preso forma nei giorni scorsi attraverso una “capillare” raccolta dei dati inerenti i reclusi con tali problematiche e un censimento aggiornato delle comunità terapeutiche regionali.

Il protocollo d’intesa, difatti, non concerne solo concrete forme di collaborazione e coordinamento tra l’autorità giudiziaria e il servizio sanitario, ma detta altresì precisi criteri organizzativi, sulla base del riconoscimento del ruolo solo residuale che deve avere la misura di sicurezza detentiva, dovendosi dare prevalenza al trattamento terapeutico e riabilitativo nel contesto territoriale di riferimento.