Durante un processo tenutosi al tribunale di Potenza, Pancrazio Carrino, un uomo di 42 anni originario di San Pancrazio Salentino (Brindisi) e detenuto presso il carcere di Terni, ha lanciato minacce gravi nei confronti della giudice Maria Francesca Mariano. L’uomo si è collegato via videoconferenza per rispondere alle accuse di porto abusivo di armi e oggetti atti a offendere, oltre a violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.

Pancrazio Carrino e le parole shock dal carcere di Terni

Quel giudice si deve guardare le spalle“: questa l’intimidazione che Pancrazio Carrino ha lanciato nei confronti di giudice Maria Francesca Mariano, in servizio negli uffici gip/gup del tribunale di Lecce. Le accuse contro Carrino emergono da eventi accaduti nella casa circondariale di Borgo San Nicola, dove era detenuto in seguito all’operazione “The Wolf” contro il clan Lamendola-Cantanna. Questa operazione ha portato alla sua detenzione preventiva, ordinata dalla giudice Mariano su richiesta della sostituta procuratrice Carmen Ruggiero.

L’uomo aveva già evidenziato un comportamento particolarmente aggressivo all’interno del carcere, nello specifico nelle giornate del 30 e 31 agosto 2023. In quell’occasione l’imputato aveva infatti minacciato il personale della polizia penitenziaria con un oggetto metallico tagliente, cercando di impedirgli di ricondurlo in cella dopo l’ora d’aria. Già in questa circostanza era avvenuta anche la prima minaccia nei confronti della giudice: Carrino ha consegnato a uno degli ispettori un punteruolo insieme a un foglio su cui era annotato il nome di Maria Francesca Mariano.

In seguito a questi episodi, il 42enne aveva cercato di negoziare una pena di otto mesi di reclusione, da convertire in lavori di pubblica utilità. Tuttavia, la Procura di Potenza, inizialmente incline a considerare favorevolmente la proposta, ha successivamente ritrattato la sua posizione, appesantendo le accuse con l’aggiunta dell’aggravante della mafiosità.

Il contesto e l’esplosione di rabbia durante l’udienza

Durante l’udienza del 12 aprile, in cui gli è stata comunicata la revoca dell’istanza di patteggiamento, Pancrazio Carrino, collegato via videoconferenza dal carcere di vocabolo Sabbione a Terni, ha reagito in modo estremo e violento. Di fronte a magistrati e avvocati presenti in aula l’uomo ha perso il controllo, rinnovando minacce di morte contro le due magistrate salentine, assenti in quel momento in aula. Questo episodio ha accentuato la gravità della situazione, mostrando un chiaro atteggiamento ostile e minaccioso nei confronti delle autorità giudiziarie.

Le parole di Carrino non sono passate in sordina. I dettagli degli episodi sono stati prontamente trasmessi alla procura per avviare ulteriori procedimenti giudiziari nei suoi confronti. Carrino aveva anche precedentemente ammesso di aver simulato un’intenzione di cooperare con la giustizia solo per avvicinarsi alla sostituta procuratrice Carmen Ruggiero e attaccarla fisicamente. Non solo, l’uomo in aula ha minacciato di morte anche il sostituto procuratore della Repubblica di Terni, Raffaele Pesiri.

Cosa ha scatenato la violenta reazione nei confronti della giudice

Pancrazio Carrino ha motivato il suo profondo rancore nei confronti dei magistrati coinvolti nel suo caso, in particolare Mariano e Ruggiero, sostenendo che l’origine del suo astio risiede nell’ordinanza di custodia cautelare emessa in seguito all’operazione “The Wolf”. L’ordinanza includeva un’accusa di violenza sessuale, che l’uomo ha scoperto mentre era detenuto e che ha dichiarato essere infamante e ingiustificata. Questo, a suo dire, proprio perché non gli è stata formalmente contestata in un dibattimento.

Tale accusa lo ha portato prima a un tentativo di suicidio e successivamente a esprimere la sua rabbia verso procuratori e giudici. Durante l’interrogatorio, ha poi ribadito di non aver mai avuto l’intenzione di collaborare sinceramente con la giustizia. Durante l’udienza preliminare del caso “The Wolf”, assistito dall’avvocata Valentina Aragona del foro di Roma, Carrino ha fatto dichiarazioni spontanee cercando di distanziarsi dalle accuse: “Amo le donne. Non ho mai violentato nessuna“.

L’intensità delle sue azioni intimidatorie verso due figure di spicco nella lotta contro la mafia suscita una riflessione più ampia sul processo in corso. Sebbene la verità dietro le minacce di Carrino potrà emergere solo durante il processo, è chiaro che nessuna circostanza può giustificare un comportamento così sfacciato e violento. Specialmente quando è rivolto a chi è simbolo di principi di legalità e giustizia.