Il Canile sanitario di Gubbio attraversa uno dei momenti più critici della sua storia recente. L’uscita per pensionamento del veterinario titolare, senza che sia stata programmata una sostituzione strutturata, ha aperto una grave emergenza sul fronte della sanità animale e del contrasto al randagismo. A lanciare l’allarme è Ernesta Cambiotti, da tempo impegnata sul territorio per la tutela degli animali, che parla senza mezzi termini di una situazione “non più sostenibile”.
“Il veterinario va in pensione e non viene programmata la sostituzione, non viene garantita l’apertura al pubblico e neppure l’attività di vigilanza e controllo per il benessere animale e l’eventuale individuazione di maltrattamenti”, denuncia Cambiotti al quotidiano Cronca Eugubina.
Attualmente la copertura sanitaria al canile è limitata a un solo giorno settimanale: il mercoledì mattina, quando un veterinario è presente esclusivamente per effettuare le sterilizzazioni di cani e gatti. Per tutte le altre esigenze, comprese le urgenze, la soluzione individuata è una reperibilità affidata a un veterinario per animali da reddito.
Una scelta che solleva forti perplessità. Se da un lato rappresenta un tentativo di tamponare l’emergenza, dall’altro pone evidenti limiti dal punto di vista specialistico e organizzativo. Il canile sanitario, per sua natura, necessita di una presenza continuativa e di competenze specifiche legate agli animali d’affezione, alle patologie infettive, agli interventi urgenti e agli accertamenti in caso di sospetti maltrattamenti.
“Gli animali non possono essere considerati un problema di serie B”, è il messaggio che arriva con forza dal mondo del volontariato.

Il caso di Gubbio non appare isolato, ma si inserisce in un quadro più ampio di sofferenza del settore della sanità veterinaria pubblica in Umbria. Il comparto del randagismo, nonostante sia centrale per la tutela del benessere animale e per la sicurezza sanitaria collettiva, continua a essere uno degli ambiti meno sostenuti da risorse e programmazione.
Secondo quanto emerge, la Regione Umbria – pur avendo recentemente ribadito attenzione al tema – mostra ancora vaste zone scoperte sotto il profilo dell’assistenza veterinaria pubblica. Il turn over dei professionisti non viene garantito con la necessaria tempestività e le nuove figure faticano ad arrivare.
Il risultato è una precarizzazione dei servizi che finisce per ricadere direttamente sugli animali, ma anche sugli operatori e sui cittadini.
In questo scenario sempre più complesso, a tenere in piedi il sistema sono soprattutto i volontari delle associazioni animaliste. Un lavoro silenzioso, spesso poco visibile, che va ben oltre la promozione delle adozioni.
I volontari, in molti casi, supportano il personale nella pulizia delle strutture, nella gestione quotidiana dei box e nell’assistenza agli animali ospitati. Un impegno che supplisce alle carenze strutturali, ma che non può sostituire la presenza di un servizio sanitario pubblico pienamente funzionante.
“La sensibilità non basta se non è accompagnata da azioni concrete”, sottolinea ancora Cambiotti. E il riferimento è proprio al divario tra dichiarazioni d’intenti e realtà operativa.
Il canile sanitario non è soltanto un luogo di ricovero temporaneo: è un presidio fondamentale per la tutela degli animali randagi, per la prevenzione delle malattie, per il controllo delle nascite e per la verifica di eventuali situazioni di maltrattamento.
Senza una presenza veterinaria stabile e continuativa, viene meno anche l’attività di vigilanza sanitaria, con il rischio che situazioni critiche non vengano intercettate per tempo. Un vuoto che può avere ricadute gravi non solo sugli animali ospitati, ma anche sulla salute pubblica.
La riduzione dell’orario e delle prestazioni mette inoltre in difficoltà i cittadini che si rivolgono al canile per segnalazioni, emergenze o procedure sanitarie obbligatorie.
A rendere ancora più evidente la criticità del momento è il confronto con altre realtà umbre. A Castiglione del Lago, ad esempio, l’ambulatorio ASL veterinario è aperto soltanto un giorno alla settimana. Una situazione che assomiglia molto a quella di Gubbio e che conferma una tendenza regionale alla progressiva riduzione dei servizi pubblici veterinari.
Per il Canile sanitario comprensoriale di Gubbio il rischio, sempre più concreto, è quello di una chiusura di fatto, se non verranno prese decisioni rapide per garantire una copertura adeguata.

Il tema del randagismo e della sanità animale non è solo una questione tecnica o amministrativa, ma riguarda direttamente il livello di civiltà di un territorio. Gli animali, riconosciuti come esseri senzienti, hanno diritto a cure, protezione e dignità.
“La tutela degli animali è uno specchio della qualità della nostra comunità”, ricordano spesso i volontari. E quanto sta accadendo a Gubbio chiama in causa non solo le istituzioni locali, ma l’intero sistema sanitario regionale.
Dal mondo animalista e dai cittadini arriva un appello chiaro: programmare immediatamente la sostituzione del veterinario in pensione, garantire l’apertura regolare del canile, assicurare un servizio di vigilanza costante e restituire dignità a un presidio che svolge una funzione essenziale.
Il tempo delle soluzioni provvisorie sembra ormai esaurito. Senza un intervento strutturale, il Canile sanitario di Gubbio rischia di trasformarsi da punto di riferimento per la tutela degli animali in simbolo di una sanità pubblica che arretra.
Una prospettiva che in molti, oggi, chiedono con forza di scongiurare.
(Foto: Cronaca Eugubina)