14 May, 2025 - 10:00

Quando suona il Campanone? A Gubbio si accende la magia della Festa dei Ceri

Quando suona il Campanone? A Gubbio si accende la magia della Festa dei Ceri

La città di Gubbio vive uno dei momenti più intensi e carichi di emozione dell’intero anno. Le vie del centro storico si colorano di bianco, giallo, rosso, blu e nero; i cuori dei ceraioli battono più forte, le famiglie si riuniscono, i balconi si riempiono di stendardi. È il tempo della Festa dei Ceri, l’appuntamento che più di ogni altro definisce l’identità e l’anima della comunità eugubina. Un rito antico, viscerale, tramandato da generazioni, che ogni 15 maggio si ripete immutato, quasi in una sfida simbolica all’oblio del tempo. Ma prima che i Ceri inizino la loro corsa, c’è un altro momento, ugualmente intenso, che segna l’avvio ufficiale delle celebrazioni: il suono del Campanone.

Il "doppio del Campanone": preludio di festa

È la sera del 14 maggio, vigilia della grande festa. Alle ore 19 in punto, da Piazza Grande, si leva possente e inconfondibile la Voce di Gubbio: il Campanone suona il suo “doppio”, un richiamo che rimbomba tra le pietre medievali della città, scuotendo l’animo degli eugubini. Non è un semplice rintocco, è un annuncio sacro e solenne. Risuona per Sant’Ubaldo, il patrono della città, e per tutti coloro che, sotto il segno dei tre Ceri, si riconoscono parte di una comunità antica e fiera.

A far vibrare le corde del tempo sono i Campanari, uomini dalla maglia rossa che, con gesti antichi e precisi, salgono sulla torre del Palazzo dei Consoli per suonare manualmente il Campanone. Mani e piedi in azione, cuore e passione in prima linea. Il loro suono, poderoso e inconfondibile, è l’eco della storia e della devozione popolare.

Il Campanone: la voce della città

Il Campanone non è soltanto una campana. È un simbolo identitario. Nasce ufficialmente il 30 ottobre 1769, quando il Prof. Giovanni Battista di Aquila, sotto gli arconi di Piazza Grande, portò a termine la sua fusione. Da quel giorno, la campana - dal peso di 19,66 quintali, con un battaglio di 114 kg - scandisce i momenti solenni della vita cittadina.

Imponente, con un diametro di 1,43 metri e un’altezza di 1,52, reca impressa un’iscrizione in latino che è un’invocazione alla protezione divina:
“Il Signore nostro Gesù Cristo per intercessione della Santissima Concezione della Beata Vergine Maria e dei Santi Giovanni e Ubaldo liberi questa città dal flagello del terremoto, dal fulmine e dalla tempesta e da ogni male. Amen”.

Dal medioevo a oggi, la sua voce non ha mai cessato di vibrare nei cuori degli eugubini, accompagnandoli nei giorni di festa come nei momenti di lutto collettivo.

Il Palazzo dei Consoli, custode della tradizione

Il Campanone trova dimora nella torre campanaria del maestoso Palazzo dei Consoli, uno dei più significativi edifici pubblici d’Italia, simbolo della Gubbio medievale. Edificato tra il 1332 e il 1349 - probabilmente su progetto dell’orvietano Angelo da Orvieto o dell’eugubino Matteo Gattapone - il palazzo domina Piazza Grande con la sua mole armoniosa e severa.

La sua pianta rettangolare e la struttura a livelli sovrapposti, adattata al pendio naturale del colle, rappresentano un capolavoro d’ingegneria trecentesca. La torre campanaria che ospita il Campanone si erge per circa 60 metri dal piano stradale, mentre l’intero edificio è un concentrato di storia: dalla grande Sala dell’Arengo alle preziose Tavole Eugubine conservate nel museo civico, fino alla famosa gabbia di ferro che un tempo fungeva da monito per ladri e malfattori. Dal 1909, il palazzo è sede del Museo Civico di Gubbio, custode di opere d’arte, reperti archeologici e testimonianze che raccontano la storia della città attraverso i secoli.

Tra fede e identità, una tradizione che guarda al futuro

Il suono del Campanone, dunque, non è un semplice preludio alla festa. È la manifestazione più profonda di un sentimento collettivo. Annuncia, richiama, unisce. Fa vibrare la pietra e il cuore. Ogni rintocco è un invito alla memoria, alla partecipazione, alla trasmissione di valori che ancora oggi resistono, forti e luminosi, come la fede di chi, da secoli, porta avanti questa straordinaria tradizione.

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Lorenzo Farneti
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