Di solito Alessandro Calori, di professione allenatore dopo una vita passata a fermare i bomber più forti degli anni Novanta, quando gli si ricorda il gol segnato con la maglia del Perugia che regalò lo scudetto alla Lazio di Eriksson diventa schivo e si schermisce. Per uno che ha ha messo insieme 474 presenze in carriera tra A e B e ben 20 gol da difensore centrale, essere ricordato per un solo episodio in una carriera lunghissima può diventare fastidioso.
Ma stavolta no. Stavolta c’è di mezzo il ricordo di Sven Goran Eriksson e di un gol che ha regalato al “gentleman della panchina” il suo più grande successo italiano. E così, nel dolore per la perdita di quello che per tanti allenatori è stato un maestro e un punto di riferimento, quell’episodio fa anche piacere ricordarlo. Perché è una specie di tributo in vita a un tecnico che ha fatto la storia del football italico e che ha portato stile, compostezza, moderazione e competenza in un mondo che è una specie di circo Barnum.
“È proprio così – attacca Alessandro Calori, raggiunto da Tag24 Umbria nel suo buen retiro -. Ho un ricordo molto positivo di un grande professionista e di un uomo che ha saputo essere maestro di calcio e di vita. Ho letto le sue ultime parole, ho visto il suo video di commiato dal mondo. E anche io come tanti mi sono commosso, perché Svengo era una persona speciale. Umile, corretta e mai sopra le righe. Oggi posso dire di essere contento di avergli regalato lo scudetto con quel gol sotto il diluvio di Perugia“.
Calori e il gol col Perugia che scucì lo scudetto dalla maglia della Juve per portarlo in dono alla Lazio di Eriksson
Per i più giovani, forse, quel gol vale la pena ricordarlo. Era il 14 maggio del 2000 e la Juventus in trasferta al Renato Curi e la Lazio in casa con la Reggina si giocavano lo scudetto. Squadre stellari per quegli anni. Da una parte i bianconeri di Zidane, Del Piero, Pippo Inzaghi, Zambrotta con Ancelotti in panchina. Dall’altra gli uomini di Svengo, con gente come Mancini, Veron, Nesta, Salas e Mihajlović. Diluviò quel giorno a Perugia, con la Juve sopra di due punti ai laziali. Piovve così tanto che l’arbitro Collina interruppe la gara. E a 173 km di distanza, la Lazio fece il sorpasso. Rifilando 3 gol a una Reggina già salva.
A Perugia la gara riprese nel campo inzaccherato e con la Juve alla quale bastava il pareggio per guadagnarsi come minimo lo spareggio. Ma poi, al 49′ arrivò proprio la zampata di Calori, che raccolto un rinvio impreciso della difesa bianconera perforò al volo l’olandese Van Der Sar.
“Solo per oggi, ricordare quel gol mi fa particolarmente piacere. È come portare un fiore in ricordo di un grande allenatore – afferma l’ex difensore aretino -. Anche se io sono cresciuto col mito di Scirea e feci solo il mio lavoro. Ma da collega e uomo di calcio posso dire che, alla fine, aver regalato un grande successo come lo scudetto a una bella persona come Sven Goran Eriksson è confortante“.
Vi siete mai conosciuti di persona?
“Beh, ho giocato contro di lui molte volte. Ma non c’è stata mai occasione di scambiare di scambiare opinioni e discorsi extracalcio. Però ho sempre ammirato lo stile e la sua capcità di trasmettere messaggi positivi. Lo ha detto lui stesso: voglio essere ricordato come una brava persona. Sono certo che abbia centrato il suo obiettivo“.
Eriksson l’ha mai ringraziata per quel gol?
“No, non era il tipo che faceva queste cose. Guardi, lui era un signore nei modi e negli atteggiamenti. Sapeva come va lo sport e come ci si comporta da professionisti. In questo mondo così spesso folcloristico e fuori misura era un uomo che portava equilibrio e aplomb“.
Alessandro Calori e il passato umbro durato troppo poco, oggi aspetta una chiamata per rientrare
Mister Calori come ricorda Sven Goran Eriksson?
“Come un uomo che è stato benvoluto da tutti, da compagni, amici e avversari – continua l’ex centrale di Perugia, Udinese, Pisa e Brescia -. Penso che sia il lascito migliore che un grande professionista possa ottenere da chi lo ricorda con piacere e affetto“.
Per Alessandro Calori due passaggi in Umbria, uno da giocatore con una prima grande stagione nel Perugia di Gaucci, e uno alla Ternana da tecnico, durata troppo poco.
“A Perugia feci bene la prima stagione, poi seguiì Mazzone al Brescia. Alla Ternana subentrai a De Canio, ma non andò come speravamo“.
E ora? Cosa c’è nel futuro di Alessandro Calori?
“La speranza che la serietà, la professionalità e quello che uno ha costruito in tanti anni di carriera siano finalmente riconosciuti. Purtroppo questo mondo sta cambiando e il curriculum, la competenza e la conoscenza del settore sembrano non contare più niente. Questo calcio è una specie di mondo alla rovescia, ma se qualcuno vuole fare le cose nella maniera giusta, io ci sono“.