L’Umbria affronta una svolta nella gestione della preapertura della caccia, con l’esclusione della tortora selvatica dalle specie cacciabili, una decisione che segna un punto di svolta nella lunga e controversa discussione tra cacciatori, autorità regionali e associazioni ambientaliste.
La notizia della sospensione della caccia alla tortora in Umbria è giunta come un fulmine a ciel sereno per molti cacciatori e appassionati della regione. Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), accogliendo il ricorso presentato da diverse associazioni ambientaliste, ha infatti deciso di sospendere questa parte del calendario venatorio, allineandosi così alle raccomandazioni dell’Unione Europea, dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e del Ministero dell’Ambiente.
Il TAR ha sottolineato come anche un solo giorno di caccia, previsto inizialmente per il primo settembre, possa mettere seriamente a rischio la conservazione della specie, la cui popolazione è già minacciata lungo la rotta migratoria centro-orientale. Questo provvedimento, che trova il suo fondamento nella mancanza di dati alternativi presentati dalla Regione Umbria rispetto a quelli proposti dall’ISPRA, ha di fatto bloccato la possibilità di cacciare la tortora almeno fino alla camera di consiglio fissata per il 24 settembre. In questa data, si discuterà inoltre delle date di chiusura della stagione venatoria.
Il nuovo calendario venatorio: vittorie e sconfitte
La decisione del TAR ha ridisegnato il calendario venatorio regionale, limitando la preapertura alla caccia di cornacchia grigia, gazza e ghiandaia. Un colpo duro per i cacciatori umbri, che vedevano nella tortora una delle specie più ambite della stagione. Tuttavia, il calendario venatorio, approvato non senza difficoltà dalla terza commissione dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, presieduta da Elena Proietti, include comunque una varietà di specie cacciabili a partire dal 15 settembre, data ufficiale dell’apertura della caccia.
La consigliera leghista Manuela Puletti, che ha seguito da vicino la vicenda, non ha nascosto la sua delusione. Per mesi, Puletti ha lottato per ottenere una preapertura più estesa e variegata, sulla falsariga di quanto avvenuto in altre regioni italiane come Marche, Emilia Romagna, Toscana e Lazio. Tuttavia, il risultato ottenuto è stato definito dalla stessa come una “vittoria zoppa”, segnalando che, nonostante l’aggiunta dei corvidi, la preapertura si limiterà a un solo giorno, una concessione che appare minimale rispetto alle aspettative dei cacciatori.
No alla caccia alla tortora, la reazione della politica al nuovo calendario venatorio
La questione della caccia alla tortora ha riacceso un dibattito che in Umbria si protrae da mesi. Da un lato, la Regione ha cercato di mediare tra le esigenze dei cacciatori e le stringenti direttive europee, dall’altro, le associazioni ambientaliste hanno costantemente sollecitato un maggior rigore nella gestione delle specie a rischio. La decisione del TAR rappresenta, in questo senso, una vittoria significativa per queste ultime, confermando l’importanza del parere tecnico-scientifico dell’ISPRA, considerato dal tribunale l’unico organo competente in materia, al di sopra anche del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale.
Nel frattempo, la consigliera Puletti continua a criticare l’approccio adottato dalla Regione, accusandola di aver operato solo attraverso “palliativi” per i cacciatori. In particolare, Puletti aveva auspicato un maggiore coraggio politico nella gestione della preapertura, inclusa la possibilità di cacciare altre specie come il piccione di città, il fringuello e la peppola, proposte però bocciate dall’ISPRA. La delusione espressa dalla consigliera riflette un sentimento condiviso da molti cacciatori umbri, che vedono nella limitazione della preapertura un segnale di scarsa attenzione alle loro richieste.
La sospensione della caccia alla tortora e la conseguente revisione del calendario venatorio potrebbero avere ripercussioni significative anche in altre regioni italiane, dove il dibattito tra tutela ambientale e tradizione venatoria è altrettanto acceso. La decisione del TAR potrebbe essere presa come esempio in altre realtà locali, dove la pressione delle associazioni ambientaliste è sempre più forte e il rispetto delle direttive europee è ormai un obbligo ineludibile.