Il Rapporto Svimez 2024 dipinge un quadro allarmante per l’Umbria, collocandola al terz’ultimo posto in Italia per l’andamento del Prodotto Interno Lordo (PIL) dal 2019 al 2023. Peggio di questa regione, solo Molise e Valle d’Aosta. Il consigliere regionale del Partito Democratico, Tommaso Bori, attribuisce questa situazione a “politiche di sviluppo sbagliate messe in campo da chi ha governato in questi ultimi anni“. Di seguito un’analisi dettagliata dei dati e delle implicazioni per la regione.

Bori su Rapporto Svimez, Umbria in calo: un PIL stagnante e settori in sofferenza

Secondo il rapporto presentato dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, il PIL reale dell’Umbria è ancora al di sotto dei livelli pre-pandemia, segnando un calo del 2,5%. Per il 2023 si registra una crescita “piatta”, con un aumento dello 0,3%, inferiore alla media nazionale del 0,6%.

Il Prodotto interno lordo reale regionale continua a restare al di sotto dei livelli che hanno preceduto il periodo pandemico, con un calo del 2,5 per cento“, spiega Bori. Il quale mette in evidenza come il dato rifletta una stagnazione economica ormai radicata.

Guardando ai settori economici, l’agricoltura ha subito una riduzione del 23% nel valore aggiunto, seguita dall’industria con un calo del 9,2%. Il settore delle costruzioni rappresenta una nota positiva, con un incremento del 14,3%, grazie agli incentivi come il Superbonus. “Usufruendo del bonus ha registrato invece un +14,3 per cento il settore delle costruzioni“, precisa il consigliere.

Consumi delle famiglie: difficoltà persistenti

I consumi delle famiglie umbre rispecchiano il quadro negativo delineato dal rapporto. La regione ha registrato un calo dello 0,8% rispetto a un incremento nazionale dello 0,3%. Anche nel 2022, la crescita dei consumi è stata marginale, con un aumento dello 0,3% contro una media italiana dell’1,2%.

Prendendo in esame i consumi delle famiglie – commenta Bori – si evidenzia un meno 0,8 per cento rispetto al +0,3 nazionale, con +0,3 in Umbria nello scorso anno rispetto ad un +1,2 nel resto dell’Italia“. Questi dati mostrano chiaramente una contrazione della capacità di spesa che incide direttamente sulla qualità della vita e sulla crescita economica complessiva.

I dati sull’occupazione in Umbria secondo il rapporto Svimez 2024, Bori: “Positivo aumento dei contratti indeterminati”

L’occupazione in Umbria presenta andamenti contrastanti. Tra il 2019 e il 2023, l’agricoltura ha subito una riduzione drastica degli occupati, pari al 34%, mentre l’industria ha registrato un aumento del 15,5% e le costruzioni del 12%. I servizi hanno invece mostrato un incremento modesto dello 0,9%.

Per il 2023, tuttavia, ci sono segnali di ripresa nell’agricoltura, che ha recuperato il 13% degli occupati, controbilanciato da una flessione nell’industria (-9%) e nelle costruzioni (-8%). “Segnali positivi arrivano tuttavia dai primi mesi di quest’anno dove l’agricoltura ha recuperato il 13 per cento che fa da contraltare però alla flessione dell’industria (-9) e delle costruzioni (-8)“, sottolinea Bori.

Un dato incoraggiante riguarda i contratti di lavoro a tempo indeterminato, cresciuti del 7,7% in Umbria. Parallelamente, il tasso di disoccupazione è sceso dall’8,5% al 6%, ma questa riduzione cela una realtà più complessa. “Pesa la decisione di tutte quelle persone, di ogni età, che hanno smesso di cercare un lavoro“, evidenzia il consigliere, sottolineando un fenomeno che rischia di falsare il dato occupazionale.

Un campanello d’allarme per l’Umbria

Secondo Tommaso Bori i dati del Rapporto Svimez rappresentano un chiaro segnale della necessità di un cambio di rotta nelle politiche economiche della regione. “Una situazione preoccupante figlia di politiche di sviluppo sbagliate messe in campo da chi ha governato in questi ultimi anni“, dichiara.

Tra i problemi principali, Bori individua la mancanza di una visione strategica e di interventi strutturali capaci di rilanciare i settori più in crisi, come l’agricoltura e l’industria. “È positivo il fatto dell’aumento dei contratti di lavoro a tempo indeterminato che in Umbria è del 7,7 per cento; con il dato della disoccupazione sceso dall’8,5 al 6 per cento. Qui, tuttavia, pesa la decisione di tutte quelle persone, di ogni età, che hanno smesso di cercare un lavoro“, conclude.